Rivolgersi al dipendente, addirittura per iscritto, con frasi del tipo “sei una mezza manica” si rischia di incorrere nel reato di “ingiuria e diffamazione”.
Questo principio è stato stabilito dalla Corte di cassazione che, con la sentenza 6758 del 17 febbraio 2009, ha confermato la condanna nei confronti del Presidente di una cooperativa che aveva speditoo una raccomandata a un dipendente laddove si leggeva testuale: “è penoso constatare l’utilizzo di certi mezzucci da mezze maniche per
fregare il proprio datore di lavoro”.
“In tema di ingiuria in ambito lavorativo”, si legge nel passaggio chiave delle motivazioni, “il potere gerarchico o, comunque, di sovraordinazione consente di richiamare, ma non di ingiuriare il dipendente lavoratore o di esorbitare dai limiti della correttezza e del rispetto della dignità umana. Esattamente il giudice di appello ha negato che il linguaggio corrente, nei suoi eccessi verbali, consenta l’uso di espressioni che travalichino ogni finalità
correttiva e disciplinare”. La sentenza è andata anche oltre. “Espressioni come penoso, mezzucci, mezze maniche e fregare il proprio datore di lavoro contengono un’intrinseca valenza mortificatrice della persona e si dirigono più che all’azione censurata, alla figura morale del dipendente, traducendosi in un attacco personale sul piano individuale, che travalica ogni ammissibile facoltà critica”.
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