Paga i danni l’amministratore che ha determinato la crisi aziendale perché ha “esposto l’impresa a perdite”, con operazioni commerciali troppo rischiose, anche se non ha violato precise norme di legge o lo statuto della società.
Lo ha sancito la Suprema Corte di cassazione che, con la sentenza n. 18231 del 12 agosto 2009, ha confermato il risarcimento di oltre 500mila euro nei confronti degli ex amministratori di una società che era fallita a causa della concessione di fidi non adeguatamente garantiti.
In un passaggio fondamentale della sentenza la prima sezione civile scrive a chiare lettere che “se è vero che, come costantemente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, non sono sottoposte a sindacato di merito le scelte gestionali discrezionali, anche se presentino profili di alea economica superiore alla norma, resta invece valutabile la diligenza mostrata nell’apprezzare preventivamente – se necessario, con adeguata istruttoria – i margini di rischio connessi all’operazione da intraprendere, così da non esporre l’impresa a perdite, altrimenti prevedibili”.
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