E’ reato diffondere in pubblico programmi televisivi a pagamento in assenza di un preventivo accordo con il distributore. I circoli privati non possono quindi trasmettere partite di calcio al loro interno, usando decoder comprati ad uso esclusivamente privato.
Lo ha affermato la Corte di Cassazione nella sentenza 20142 del 27 maggio 2010, confermando la condanna dei presidenti di due circoli privati, che avevano consentito la visione di alcune partite di calcio all’interno dei club, trasmesse su un noto canale satellitare. I circoli erano muniti di decoder con smart card che permetteva la ricezione di programmi a pagamento, schede rilasciate però esclusivamente a titolo privato. I presidenti dei circoli hanno inutilmente tentato di difendersi sottolineando che in realtà il reato contestato non era configurabile, dal momento che mancava il requisito del lucro, fine che il circolo privato non ha. I giudici di Piazza Cavour hanno invece respinto le argomentazioni della difesa, concludendo che “integra il reato di cui all\’art. 171 ter, comma primo, lett. e), legge n.633/1941, che punisce la trasmissione o diffusione di un servizio criptato al di fuori dell\’accordo con il legittimo distributore sull\’uso strettamente personale, la condotta di chi, utilizzando una smart card, legittimamente detenuta in base al contratto ed idonea a consentire la ricezione di programmi televisivi a pagamento per uso esclusivamente privato, diffonda in pubblico i programmi stessi in assenza di accordo con il distributore”.