Risponde solo di bancarotta preferenziale e non del più grave reato bancarotta fraudolenta per distrazione l\’amministratore di una società in dissesto che si attribuisce compensi per il lavoro prestato, senza autorizzazione degli organi sociali. Ciò semprechè la somma prelevata dalle casse sia congrua rispetto al lavoro prestato.
Lo ha stabilito la Corte di cassazione che, con la sentenza n. 21570 di oggi, ha accolto in parte il ricorso di un amministratore di società condannato, con rito abbreviato, dalla Corte d’Appello di L’Aquila, per bancarotta fraudolenta per distrazione. Secondo l’accusa il vertice aziendale aveva sottratto dalla casse sociali 42mila euro, quale compenso di circa sei anni di attività, senza alcuna deliberazione sociale.
Dalle motivazioni emerge come ancora oggi esista un contrasto di giurisprudenza sulla questione. La quinta sezione penale ha però aderito a una linea intepretativa più morbida secondo la quale “l\’amministratore che si attribuisce compensi dalla società , di persone o di capitali, in dissesto, per il lavoro prestato, senza autorizzazione degli organi sociali , non commette il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione, qualora la somma prelevata dalle casse sociali dall\’amministratore sia congrua rispetto al lavoro prestato (congruità che, evidentemente deve essere valutata e stabilita dal giudice e non dagli organi societari), ma risponde di bancarotta preferenziale”.
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