Il condannato per reati associativi di tipo mafioso che non comunica le variazioni del suo patrimonio alla polizia tributaria commette reato, anche se le variazioni patrimoniali sono state effettuate con atti pubblici.
Lo ha stabilito la Suprema Corte che, con la sentenza 23213 di oggi, ha confermato la condanna inflitta dalla Corte d’Appello di Milano a un uomo già condannato in via definitiva per associazione mafiosa, che aveva omesso di dare la dovuta comunicazione alla polizia tributaria di alcune operazioni immobiliari da lui compiute tra il 2001 e il 2004. L’uomo aveva inutilmente tentato di difendersi sottolineando la mancanza del dolo, dal momento che si trattava di operazioni compiute con atti pubblici, fatte alla luce del sole e in modo non occulto. La cassazione però ha respinto le proteste del mafioso, ribadendo che il reato in questione si configura anche quando “l\’operazione di variazione patrimoniale sia stata effettuata a mezzo di atto pubblico notarile, ed anche qualora trattasi di mutuo o affidamento bancario”.