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EFFETTI DEL “MAE”: Senza lavoro e fissa dimora il romeno va a scontare la pena in patria

Il romeno senza lavoro né fissa dimora in Italia non può invocare il radicamento sul nostro territorio nazionale che gli consentirebbe di evitare la consegna che le autorità di Bucarest pretendono in forza del mandato d’arresto europeo: esistono infatti precisi indicatori in base ai quali rilevare la sussistenza della nozione di residenza rilevante ai fini della normativa comunitaria. Lo ricorda la sentenza n. 45667/10 della sesta sezione penale della Cassazione.
Secondo la giurisprudenza costituzionale è legittimo che un cittadino di un altro Stato comunitario che ormai vive in Italia possa scontare la pena qui da noi e non nel suo Paese d’origine: l’obiettivo è sempre il reinserimento sociale. La consegna richiesta dalle autorità straniere in base al Mae, tuttavia, può essere rifiutata dall’Italia soltanto se lo straniero mostra un radicamento sul territorio nazionale che sia effettivo e non estemporaneo. E valutarlo spetta al giudice del merito, che comunque ha a disposizione una serie di elementi rivelatori indicati dalla Corte di giustizia europea. Qualche esempio? Natura, durata e modalità della presenza dello straniero sul territorio italiano, oltre ai legami economici e familiari che il soggetto intrattiene nel nostro Paese. Risultato: non scampa all’esecuzione della condanna riportata in patria – peraltro per tratta di esseri umani e sfruttamento della prostituzione – il romeno che ha una residenza italiana solo formale, vi ha lavorato soltanto per pochi mesi ed è sospettato di aver lasciato la Romania proprio per sottrarsi alle conseguenze penali della sua condotta illecita. Confermata la decisione di consegnare il reo alle autorità di Bucarest.

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