Se la riserva di quantificazione della domanda contenuta nell’atto introduttivo del giudizio, ad esempio in una controversia risarcitoria, non risulta sciolta nel prosieguo della causa, il valore della lite può ben essere determinato in base al decisum. Quanto alla determinazione dell’onorario, allora, il difensore non può dolersi rispetto all’individuazione dello scaglione tariffario applicato laddove nel corso del giudizio il professionista non ha provveduto a effettuare la precisazione necessaria a integrare l’indeterminatezza della domanda originaria: non rileva che il mandato del legale sia stato nel frattempo revocato dal cliente. Lo precisa la sentenza n. 226/11 della seconda sezione civile della Cassazione.
Respinto, nella specie, il ricorso dell’avvocato. Nel corso dell’udienza di trattazione ex articolo 183 Cpc il professionista avrebbe dovuto chiaramente indicare nel verbale l’ammontare della pretesa risarcitoria sottoposta al giudice: non risultano infatti sufficienti la produzione in giudizio di una lettera inviata alla compagnia assicurativa o le dichiarazioni rese dal suo assistito in sede di libero interrogatorio perché esse riguardano trattative svoltesi al di fuori del contesto processuale.
In mancanza di ulteriori precisazioni, allora, risulta legittima la decisione della Corte d’appello che ha desunto il valore della controversia, e dunque l’ammontare del compenso dovuto al difensore, da un accertamento compiuto in corso di causa. Una scelta che risulta coerente con i principi di effettività e proporzionalità degli onorari dovuti al difensore.
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