Il cliente non ha sempre ragione, in special modo con le Compagnie assicurative. Il contraente non ha infatti diritto a ottenere che il veicolo di proprietà di un suo familiare, di cui pure è conducente abituale, sia assicurato con la polizza a sé intestata con l’effetto di iscriverli nella stessa classe di merito. In capo alla compagnia non esiste alcun obbligo di legge né risulta vessatoria la clausola contrattuale che lo esclude. È quanto emerge dalla sentenza n. 1408/11 della terza sezione civile della Cassazione.
Il giudice di pace dà ragione al cliente della compagnia: l’automobilista avrebbe titolo a fare assicurare anche la vettura intestata alla madre nell’ambito della polizza a lui intestata relativa a un altro veicolo, stavolta di sua proprietà, con l’effetto di attrarre il primo mezzo nella stessa classe di merito del secondo, evidentemente vantaggiosa. Ma si tratta di una vittoria effimera. Non rileva che il contraente sia poi la persona che effettivamente guida il veicolo di proprietà altrui. Confermata la valutazione del giudice d’appello: il rifiuto della compagnia non risulta vessatorio per il consumatore.
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