Scatta la sospensione della licenza commerciale per il locale pubblico in cui è accertato lo spaccio di stupefacenti. E ciò indipendentemente dalla responsabilità dell’esercente. La misura prevista dal testo unico delle leggi di pubblica sicurezza è puramente preventiva e discrezionale: l’adozione risulta dunque legittima laddove nell’esercizio si crei una situazione di allarme sociale a causa dei frequentatori abituali. Lo precisa la sentenza n. 457 emessa l’11 febbraio 2011 dalla terza sezione del Tar Lombardia.
Dovrà rispettare i 30 giorni di chiusura impostigli dal questore il padrone di un bar nell’hinterland milanese, un locale noto alle forze dell’ordine come abituale ritrovo di pregiudicati: una volta la polizia è stata costretta a intervenire per sedare una rissa e, in un’altra circostanza, vi ha arrestato un extracomunitario intento a spacciare dosi di sostanze stupefacenti. Ce n’è d’avanzo, insomma, per legittimare la sospensione della licenza commerciale, che è frutto dell’ampia discrezionalità riconosciuta all’amministrazione: si tratta infatti di un potere posto a garanzia dell’ordine pubblico che può ben essere esercitato di fronte a situazioni che rappresentano una fonte di pericolo «concreto e attuale» per la collettività.
La sospensione della licenza, fra l’altro, risponde a due obiettivi: primo, privare i malintenzionati di un tradizionale punto di aggregazione; secondo, evidenziare che l’esercizio pubblico è “attenzionato” dalle forze dell’ordine, al di là delle responsabilità dell’esercente.
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