Niente risarcimento all’utente per il mega-stop alla fornitura di energia elettrica che paralizzò l’Italia circa otto anni orsono. La sentenza in commento, emessa dal Tribunale di Potenza, trae origine dall’appello presentato da ENEL S.p.a avverso la sentenza con la quale il Giudice di Pace di Avigliana ha accolto la richiesta di risarcimento danni avanzata da un consumatore per i danni occorsi in occasione del black out del 28 settembre 2003, il quale riteneva l’Enel S.p.a responsabile in quanto distributore della energia elettrica.
Contrariamente a quanto affermato dal Giudice di prime cure il Tribunale di Potenza, in sede di gravame, accoglie l’appello affermando che “nel caso di interruzione di somministrazione di energia elettrica per black-out prolungato, non è imputabile all’ENEL la responsabilità dei danni derivati se l’inadempimento è stato determinato dalla impossibilità della prestazione per causa ad essa non imputabile, ai sensi dell\’art. 1218 c.c. Impossibilità derivante a sua volta da comportamenti (posti in essere dal gestore della rete) configuranti impedimenti all’esecuzione della fornitura”. Le argomentazioni poste a fondamento della sentenza si fondano principalmente sul principio secondo il quale il rapporto contrattuale che intercorre tra Enel S.p.a e Gestore della Rete – contratto di somministrazione in base al quale la seconda fornisce energia elettrica alla prima, che la ridistribuisce sul territorio nazionale – affonda le proprie radici legislative nel D.lgs n. 79 del 1999 che riduce l’ENEL S.p.a a mera distributrice e venditrice dell’energia elettrica, essendo l’attività di produzione e trasmissione svolta da altri soggetti che conferiscono l’energia alla Rete di Trasmissione Nazionale, gestita dal Grtn Il quale, a sua volta, consegna l’energia da chiunque. Con l’emanazione del D.lgs n. 79 del 1999, infatti, a seguito della soppressione del monopolio delle attività del settore elettrico, l’Enel S.p.a, ha assunto le funzioni di indirizzo e di coordinamento dell’assetto industriale con l’obbligo di costituire società separate per lo svolgimento delle attività di produzione di energia elettrica, distribuzione di energia e vendita nonché di esercizio dei diritti di proprietà della rete di trasmissione comprensiva delle linee di trasporto e delle stazioni di trasformazione dell’energia elettrica e le connesse attività di manutenzione e sviluppo, decise dal Gestore. Il precipitato di tale riordino è stata la restrizione delle attività dell’ENEL S.p.a circoscritte alla sola distribuzione e vendita ai clienti dell\’energia elettrica, con la preclusione delle altre attività (produzione o trasmissione, attribuite invece alle società separate, che conferiscono l’energia alla Rete di Trasmissione Nazionale, gestita dal Grtn il quale, a sua volta, consegna l\’energia da chiunque prodotta ai distributori per la successiva consegna agli utenti finali.
Rebus sic stantibus, nel caso di specie il Tribunale ha correttamente escluso la responsabilità dell’ENEL S.p.a per i danni arrecati dal black out sia perchè mera distributrice sia perchè l’interruzione di somministrazione è derivata da causa non imputabile all’ENEL S.p.a ma al Gestore che non non attivando le c.d “procedure di difesa” ha provocato il black out. Piena operatività, pertanto, ai fini della esclusione di responabilità dell’ENEL S.p.a del principio ex art. 1218 c.c. che pone a carico del debitore l’onere di provare di non aver potuto adempiere alla obbligazione per cause a lui non imputabili. La prova della non imputabilità dell’inadempimento – la quale non può consistere nella semplice difficoltà o nella sopravvenuta maggiore onerosità della prestazione – deve essere piena e completa e deve comprendere anche la dimostrazione della mancanza d colpa, sotto qualsiasi profilo, del debitore, dovendosi, in mancanza, presumere nel medesimo la sussistenza di tale elemento. L’art. 1218 c.c., infatti, pone a carico del debitore una presunzione di colpa superabile o mediante la prova dello specifico impedimento che determina l’impossibilità della prestazione ovvero attraverso la dimostrazione che l’impossibilità non possa essere imputabile al debitore, qualunque ne sia stata la causa.
A ragione di ciò deve escludersi anche il risarcimento del danno derivante da lesione dello svolgimento delle normali attività quotidiane. Dopo la pronuncia delle Sezioni Unite della Suprema Corte 26972/2008, infatti, il danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c. è risarcibile solo se consegue alla lesione di diritti costituzionalmente garantiti, cui si accompagni un pregiudizio non suscettibile di valutazione economica, e al di fuori dei casi determinati dalla legge ordinaria, solo la lesione di un diritto inviolabile della persona concretamente individuato è fonte di responsabilità risarcitoria non patrimoniale. Parimenti non può ritenersi risarcibile neppure il danno esistenziale poiché, sempre alla luce della predetta pronuncia, non esistono più sottocategorie del danno non patrimoniale ma un unico danno, quello appunto che deriva dalla lesione di un diritto inviolabile e costituzionalmente garantito.