«A che gioco giochiamo?». Se lo sarà chiesto, fondatamente, il vertice dell’azienda quando ha scoperto che il suo dirigente ha “appaltato” anche a un’altra società gli agenti che lavorano per lui. Si configura l’infedeltà ex articolo 2105 Cc e il licenziamento disciplinare è sacrosanto. È quanto emerge da una sentenza emessa il 12 aprile 2011 dalla sezione lavoro della Cassazione.
Doppio gioco
Il rapporto fiduciario fra il datore e il manager è irrimediabilmente compromesso. È inutile, da parte del dirigente, eccepire che la società “beneficata” non sarebbe una diretta concorrente del datore rimasto all’oscuro dell’iniziativa del lavoratore («diversa operatività», protesta il licenziato). Nei fatti risulta che il manager, direttore commerciale di un’azienda di liquori (oltre che dolciaria), dà un aiuto decisivo a una casa vinicola: quest’ultima, infatti, costruisce la sua squadra di venditori utilizzando la preesistente rete di agenti che lavorano per la prima. Gli addebiti mossi al dirigente risultano fondati: il datore rimane all’oscuro di tutto, la violazione dell’obbligo di fedeltà è patente e aggravata dall’espressa clausola di esclusiva pattuita che non viene rispettata. Il manager, che si adopera affinché i “suoi” agenti ricevano un mandato da un’altra società, è fra l’altro consapevole di non agire in modo lineare laddove chiede all’azienda illecitamente agevolata di spedirgli la corrispondenza a casa e non presso il datore, puntualizzando di chiedere soltanto di lui in caso di telefonate in ufficio. Altro che arbitrario: il recesso è ineccepibile.