L’azione penale per bancarotta impropria può essere esercitata anche prima che sia passata in giudicato la sentenza di fallimento.
È quanto stabilito dalla Suprema corte che, con una sentenza del 13 aprile 2011, ha confermato la responsabilità dell’amministratore di fatto di un’azienda accusato di bancarotta fraudolenta impropria.
“Se è vero – hanno chiarito gli Ermellini – che il reato di bancarotta suppone, di regola, la definitività della decisione fallimentare (art. 238 co. 1 1. fin), è del pari certo che, ai sensi dell\’art. 238 co. 2 1. fall., l\’azione penale può essere esercitata anche prima del passaggio in giudicato della pronuncia, essendo già stata a suo tempo presentata domanda per ottenere la dichiarazione suddetta. Pertanto, non è dato ravvisare patologia alcuna ove la dichiarazione di fallimento non fosse stata soggetta alle procedure descritte dalla legge fallimentare ”.
Sul fonte amministratore di fatto la Cassazione ha inaugurato il filone giurisprudenziale che ne sanscisce la punibilità per bancarotta con una sentenza del 2009, la numero 43036 e con la quale è stato sottolineato che “è possibile configurare in astratto la responsabilità penale per bancarotta anche a carico dell’amministratore di fatto di una società di persone, ossia del soggetto che, non necessariamente coincidente con la figura del socio illimitatamente responsabile e quindi non necessariamente dichiarato fallito in proprio, abbia svolto in concreto poteri di amministrazione in riferimento a una società in nome collettivo o in accomandita semplice. E ciò in quanto si ritiene che l’amministratore di fatto di una società in nome collettivo possa essere chiamato a rispondere del reato di bancarotta fraudolenta quale destinatario dell’art. 223 l.f. che riguarda tutte le società dichiarate fallite, comprese quelle personali, indipendentemente dalla personale dichiarazione di fallimento”.