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BANCAROTTA: Troppi soldi in cassa sono una prova schiacciante

Stretta della Cassazione sulla bancarotta. L’eccessiva disponibilità di cassa dimostra la responsabilità dell’imprenditore fallito.
Lo ha stabilito la Suprema corte che, con una sentenza del 5 maggio 2011, ha confermato la condanna nei confronti di un imprenditore che aveva avuto un disponibilità di cassa di oltre 50 mila euro, senz’altro sproporzionata alle dimensioni della piccola azienda di cui era a capo.
Dibattendo sul suo ruolo di amministratore di fatto e quello, contrastante di prestanome, il Tribunale di Milano, con decisione poi confermata dalla Corte d’Appello, lo aveva condannato per bancarotta fraudolenta per distrazione documentale.
Contro la doppia condanna emessa dai giudici di merito lui ha presentato un lungo ricorso in Cassazione ma senza alcun successo.
Condividendo le valutazioni espresse nella sentenza di secondo grado la quinta sezione penale ha chiarito come “la corte territoriale, a sostegno della conclusione dell’esercizio anche in fatto delle funzioni di amministratore da parte dell’imputato e del dolo della bancarotta fraudolenta, ha evidenziato, facendo richiamo alla motivazione del tribunale la sua conoscenza dell’eccessivo e ingiustificato, quindi anomalo, ammontare della cassa (la cui entità sproporzionata alle dimensioni della società, è usualmente significativa, in assenza di contrarie dimostrazioni, di operazioni illecite), più volte segnalatogli dai testimoni per un certo periodo incaricati della contabilità aziendale”. Ma non è ancora tutto. Nell’affermare questo interessante principio la Corte ne ha ribadito un altro (conforme a Cassazione 38712 del 2008), secondo cui “in tema di bancarotta fraudolenta, in caso di concorso ex art. 40 c.p. dell’amministratore di diritto nel reato commesso dall’amministratore di fatto, ad integrare il dolo del primo è sufficiente la generica consapevolezza che il secondo compia una delle condotte indicate nella norma incriminatrice, senza che sia necessario che tale consapevolezza investa i singoli episodi delittuosi, potendosi configurare l’elemento soggettivo sia come dolo diretto che come dolo eventuale”.
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