Una banca, a livello locale, dopo essere stata interessata, a causa di un suo cliente, da un pignoramento presso terzi, ha provveduto ad incassare, dal cliente, degli effetti a favore dell’Artigiancassa senza far transitare delle operazioni dal conto corrente bancario del cliente oggetto di pignoramento e, impedendo di fatto, il pignoramento di dette somme (corrispondenti agli importi degli effetti introitati).
La banca ha violato il pignoramento del giudice?
RISPOSTA
E’ stato spesso affermato che l’atto di pignoramento presso terzi ha la funzione di imporre sul credito del debitore esecutato un vincolo di destinazione per il soddisfacimento del procedente all’espropriazione.
Se questo è lo scopo del pignoramento in esame, controversa appare la individuazione del momento perfezionativo del pignoramento medesimo.
La giurisprudenza di gran lunga prevalente, se individua il momento iniziale del pignoramento ex articolo 543 del Codice di procedura civile con la notifica al terzo e al debitore dell’atto contenente l’ingiunzione di cui all’articolo 492 del Codice di procedura civile, insiste nell’affermare che il pignoramento presso terzi costituisce una fattispecie complessa che si perfeziona con la dichiarazione non contestata del terzo o con la sentenza di accertamento dell’obbligo del terzo (Cassazione 9673/2007).
Ciò perché solo con la dichiarazione con l’accertamento predetto è possibile accertare l’esistenza del bene pignorato ed individuarlo esattamente. E’ dunque da questo momento che non producono più effetto, in danno del creditore procedente, gli atti di disposizione dei beni e dei crediti pignorati (ai sensi degli articoli 2915 e 2917 del Codice civile) e altresì decorrono, per il terzo pignorato (la banca), gli obblighi di cui all’articolo 546 del Codice di procedura civile.
La norma da ultimo citata è esplicita nel sancire il principio secondo cui il terzo, relativamente alle cose e alle somme da lui dovute, è sottoposto agli obblighi che la legge impone al custode sin dal giorno in cui gli è notificato l’atto previsto dall’articolo 543 del Codice di procedura civile.
Premessa la considerazione che una vera e propria “custodia” può aversi solo nell’ipotesi del pignoramento di cose, mentre nel caso del credito, bene immateriale, l’obbligo per il terzo consisterà nel divieto degli atti di disposizione, la norma in esame è alquanto chiara.
Il terzo, in sostanza, non potrà né pagare le somme da lui stesso dovute al debitore esecutato né eseguire operazioni bancrie che riguardino la persona del debitore senza apposito ordine del giudice.
Il terzo pignorato deve conservare e amministrare i beni pignorati da buon padre di famiglia, in difetto incorrerà nella relativa responsabilità civile e penale.
Di conseguenza, il terzo non potrebbe usare delle cose pignorate senza l’autorizzazione del giudice e sarebbe tenuto all’obbligo del rendiconto secondo gli articoli 521 e 593 del codice di procedura civile.
Applicando i suesposti principi alla fattispecie concreta, sono da ritenersi privi di efficacia, nei confronti del creditore pignorante, tutti gli atti bancari relativi al debitore posti in essere dall’azienda di credito, dopo che a quest’ultima era stato notificato l’atto di pignoramento ex art.543.
DAL SOLE 24 ORE DEL 17 OTTOBRE 2011