Sanzione disciplinare, risarcimento
dei danni da parte dell\’Amministrazione, perdita di chance,
ricostituzione piena della carriera.
La condotta eccessiva ed intransigente dell\’Amministrazione può porsi quale fonte di danno per il proprio dipendente militare( Trib. Regionale di Giustizia Amministrativa Trentino Alto Adige, sentenza n° 373/12).
U.T.
era entrato nella Guardia di Finanza nel 1961, raggiungendo nel 1968 il
grado di appuntato; nel 1980 era in servizio a xxxx nell\’ufficio di
dogana alla frontiera con l\’Austria, quando insieme a due colleghi
finanzieri asportò dall\’ex caserma abbandonata xxxx alcuni radiatori
dell\’impianto di riscaldamento; per tale fatto venne imputato del reato
di “concorso in furto militare aggravato“, con l\’ulteriore aggravante di avere concorso nel reato con subordinati.
Dal Tribunale militare di Verona venne prosciolto dall\’imputazione “…perché il fatto non costituisce reato per mancanza di dolo…” ( i radiatori erano “res derelictae”).
Ancora
in pendenza del procedimento penale T. venne sottoposto anche a
procedimento disciplinare che si concluse con la determinazione che gli
inflisse la “perdita di grado per rimozione“, con conseguente cessazione del servizio.
Impugnata, il TAR del Lazio annullò la determinazione (sentenza n° 1999/98). La sentenza passò in giudicato.
Nonostante
ciò, il Comando generale della Guardia di Finanza rinnovò l\’atto finale
precedentemente annullato e con la determinazione n° 111119 confermò il
contenuto del provvedimento annullato dal TAR (rimozione con perdita di
grado e cessazione dalservizio).
Anche la conferma venne
annullata dal TAR del Lazio; appellata, il Consiglio di Stato confermò
(sentenza n° 4327/09) la sentenza di primo grado.
Su istanza di diffida ad adempiere,
il Comando Generale, con provvedimento del 2008, dispose la
reintegrazione, con riserva, nel grado di appuntato e la riammissione in
servizioa decorrere dal 7.5.1982 fino alla data di congedo per
raggiunti limiti di età.
Per tutti gli anni del contenzioso, il sig. T. lavorò come operaio presso la ditta B., recandosi in pensione il 11/1/13.
Messa
nuovamente in mora, la Guardia di Finanza, nel 2009, diede finalmente
corso anche alla ricostituzione economica della carriera, pagando gli
arretrati dopo avere detratto i redditi percepiti come operaio.
Sulla base di queste premesse di fatto, il ricorrente ha promosso giudizio dinanzi al Tribunale Reg. per chiedere il risarcimento del danno.
Per quanto riguarda il danno patrimoniale, fa valere il danno da perdita di chance,
sostenendo che la ricostituzione della carriera sia stata solo
parziale. Mentre il 90% degli appuntati in servizio nel 1982 aveva
realizzato la carriera maturando, all\’atto del pensionamento, il grado
di maresciallo capo o di brigadiere capo, a lui, con il provvedimento di
ricostituzione della carriera era stato riconosciuto solo il grado di
appuntato scelto.
Ha chiesto pertanto la ricostituzione piena della carriera,
giuridica ed economica, attraverso il riconoscimento dei vari gradi
(dal 10/89 il grado di vicebrigadiere, dal 5/91 il grado di brigadiere,
dal 11/92 il grado di brigadiere scelto, dal 5/93 il grado di brigadiere
capo e dal 9/95 il grado di maresciallo capo) ed il pagamento degli
emolumenti economici connessi, maggiorati dell\’aumento stipendiale per
la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria dal 1/89,
dell\’indennità dogana e di tutti gli ulteriori emolumenti che avrebbe
percepito per il lavorostraordinario, festivo, notturno, funzioni
speciali e missioni, nonché per il trattamento di quiescenza superiore
che avrebbe percepito in seguito ad una corretta ricostituzione della
carriera, il tutto fino al raggiungimento della massima età
pensionabile.
Dopo avere premesso di essere stato umiliato ed annichilito, sia attraverso la rimozione illegittima (licenziamento ingiurioso) ma anche successivamente a causa del comportamento
ostruzionistico posto in essere dal suo ex datore di lavoro, ha chiesto
anche la liquidazione del danno non patrimoniale, sia sotto il profilo
del danno morale che sotto il profilo del danno esistenziale, sulla falsariga dell\’insegnamento contenuto nella sentenza fondamentale Cass. Sez. Un. n° 26972/08.
Il
sig. T. è deceduto in data 22/03/11 e la causa è stata proseguita dagli
eredi che si sono costituiti con apposita comparsa di costituzione.
Arrivati finalmente all\’esame del merito, non occorre spendere molte parole in ordine all\’an debeatur.
Il
ricorrente ( ora i suoi eredi ), in seguito all\’assoluzione dal reato (
per mancanza di dolo) avrebbe dovuto essere reintegrato nel servizio,
avendo il TAR del Lazio ed il Consiglio di Stato nelle
sentenze richiamate, reputato la sanzione disciplinare della rimozione
del grado con conseguente cessazione dal servizio una punizione troppo
pesante e non proporzionata al fatto. Il Comando generale, anziché
adeguarsi alle sentenze, inizialmente aveva insistito nella punizione
massima, confermando la misura sanzionatoria espulsiva e
successivamente, dopo l\’intervento del Consiglio di Stato, aveva
ricostituito la carriera appena nel 2009, non solo con notevole ritardo (
T. aveva ormai 69 anni ), ma anche in maniera insufficiente.
In questo, esattamente, consiste l\’illiceità del comportamento da inquadrare nell\’ambito della responsabilità contrattuale del datore di lavoro verso il suo dipendente.
Data
la natura contrattuale, la colpevolezza è presunta; sarebbe onere del
datore fornire la prova liberatoria che non è stata neppure abbozzata
dall\’amministrazione resistente.
Ciò non toglie che il
comportamento del ricorrente, nell\’asportare i radiatori, fosse da
ritenere gravemente negligente e imprudente, meritevole di una sanzione
disciplinare, ancorché meno pesante di quella espulsiva, concretamente
irrogata.
Il ricorrente, in altre parole, ha concorso nella causazione del
danno e di ciò, a mente dell\’articolo 1227 cc richiamato dall\’art. 30/3
CPA, si dovrà tenere conto in sede di quantificazione dello stesso,
poiché il fatto commesso nel 1980 avrebbe senz\’altro comportato
ripercussioni negative sulla carriera.
Per quanto riguarda la
quantificazione del danno, occorre fare una premessa di natura
processuale. Nella citata sentenza n° 26972/08, i giudici della S.C.
hanno chiarito che il danno può essere dimostrato sulla base di
presunzioni semplici, fermo restando l\’onere a carico del danneggiato di
fornire gli elementi di fatto dai quali desumerlo. Secondo i giudici
della S.C., data la difficoltà per il lavoratore di fornire la prova
rigorosa, la presunzione semplice è considerata il
mezzo probatorio più importante, da sola sufficiente alla formazione del
convincimento del giudice. E\’ legittimo persino, secondo i giudici
della S.C., avvalersi delle nozioni di comune esperienza che, a mente
dell\’art. 115 c.p.c. non abbisognano di alcuna prova.
Applicando
tali principi al caso in esame, è ragionevole presumere secondo il
criterio dell\’id quod plerumque accidit ( criterio della probabilità
statistica ), che egli, se fosse stato tempestivamente reintegrato nel
servizio in seguito all\’assoluzione penale, non si sarebbe fermato al
grado di appuntato scelto e che pertanto la ricostituzione della
carriera economica concretamente operata nel 2009 (gli è stato
riconosciuto il grado di appuntato scelto, ancorché retroattivamente al
21.11.1987) è da considerarsi incompleta. Tenuto conto di tutto ciò,
reputando non necessario ricorrere all\’ausilio di un verificatore o di
un ctu (non porterebbe ad un risultato migliore e più certo) e consci
dei limiti sottesi ad ogni quantificazione concreta dei danni, si reputa
non inverosimile che il ricorrente avrebbe percorso i vari scalini
della carriera con un anno di ritardo a causa del fatto commesso nel
1980 (concorso di colpa), fino a raggiungere, all\’atto del collocamento a
riposo, con una probabilità vicina alla certezza il grado di
brigadiere, con una probabilità non inferiore al 90% il grado di
brigadiere scelto e con una probabilità non inferiore al 80% il grado di
brigadiere capo. In altre parole, tenuto conto del ritardo di carriera,
avrebbe raggiunto il grado di vicebrigadiere nell\’ottobre 1990 (con
certezza), il grado di brigadiere nel maggio 1992 (con certezza), il
grado di brigadiere scelto nel novembre 1993 (con una probabilità vicina
al 90%) ed il grado di brigadiere capo nel maggio 1994 (con una
probabilità vicina al 80%), per essere congedato con tale grado il
4.9.96 per raggiunti limiti di età.
L\’amministrazione convenuta dovrà pertanto ricostituire la carriera del ricorrente sulla base dei criteri sopra indicati.
Alla
somma così determinata spetta, dal gennaio 1990, l\’aumento stipendiale
per l\’incarico di ufficiale di P.G. e fino al 1995, anno di abolizione
dei controlli alle frontiere, l\’indennità di dogana. Va rideterminato
anche il TFR (o il trattamento finale equivalente). Il tutto maggiorato
di rivalutazione monetaria e interessi legali entro il limite di cui all\’art. 22 comma 36 L. 724/94.
Da questa somma va detratto:
–
il c.d. \’coefficiente di riduzione\’, ritenendosi, sulla base delle
probabilità, che il ricorrente avrebbe raggiunto il grado di brigadiere
scelto al 90% ed il grado di brigadiere capo solo al 80 %. Pertanto,
fino al grado di brigadiere, raggiunto nel 5/92, la carriera economica
va ricostituita al 100%, successivamente le differenze stipendiali tra
il grado di brigadiere ed il grado di brigadiere scelto, raggiunto il
11/93, vanno decurtate del 10% e successivamente ancora, le differenze
stipendiali tra il grado di brigadiere scelto ed il grado di brigadiere
capo, raggiunto il 5/94, vanno decurtate del 20%;
– “l\’aliunde
perceptum”, ovvero le somme percepite presso il datore di lavoro B. srl,
da calcolarsi sulla base delle buste paga esibite ed, in mancanza di
queste, sulla base della media delle buste paga in possesso
dell\’amministrazione; l\’aliunde perceptum va detratto solo fino al
4.9.96, non potendosi detrarre gli emolumenti percepiti presso la ditta
Bo. successivamente al pensionamento presso la Guardia di Finanza;
– quanto già anticipato in seguito alla ricostituzione fatta nel 2009.
Per
quanto riguarda il danno non patrimoniale, il ricorrente sostiene di
essere stato umiliato e annichilito sia dalla rimozione di grado che dal
comportamento successivo del Comando Generale che si era rifiutato con
ostinazione a reintegrarlo nel servizio, nonostante le sentenze
amministrative intervenute in suo favore. Il danno è fatto valere sotto
il profilo morale ed esistenziale.
Va premesso che, alla luce
dell\’insegnamento contenuto nella più volte citata sentenza n° 26972/08,
il danno non patrimoniale, unico ed omnicomprensivo, non è divisibile
in singole sottocategorie ed è risarcibile nei soli casi previsti dalla
legge, ove nel termine “legge” è compreso anche il vulnus ai diritti
inviolabili della persona, direttamente protetti dalla Costituzione che è
l\’espressione massima della “legge”. Si ritiene che il comportamento
illecito del datore di lavoro abbia mortificato la dignità professionale
e l\’immagine del Ta., la cui personalità si svolgeva anche e sopratutto
sul luogo dilavoro(art. 2 Cost). A titolo di danno non patrimoniale
si reputa equo aumentare del 10% l\’importo spettante a titolo di danno
patrimoniale.
Concludendo, accertata la responsabilità del datore, al T. va riconosciuto il risarcimento del danno, patrimoniale e non.
Fonte: La ricostituzione della carriera militare e il risarcimento dei danni da sanzione disciplinare illegittima
(www.StudioCataldi.it)