Usura bancaria: gli interessi moratori vanno
raffrontati ad un proprio ed autonomo “tasso soglia”, che tenga conto
della maggiorazione media rilevata da Bankitalia
E\’ una pronuncia di merito di buon senso che aderisce ad un orientamento che va consolidandosi.
Il Tribunale di Milano (dott.ssa Maria Teresa Zugaro, sent. n.14394 del
03-12-2014) risolve la questione in maniera innovativa, ponendo mente a
quella “maggiorazione media a titolo di mora”, rilevata dalla Banca
d’Italia sin dal 2003 e trasfusa nei decreti ministeriali trimestrali.
Se, infatti, gli interessi moratori sono (ex ante) separatamente
rilevati rispetto agli oneri che concorrono a formare il TEGM (base di
calcolo del “tasso soglia”), andrà operata (anche ex post) una separata
valutazione dell’usura oggettiva con riferimento alla mora, il cui
valore, singolarmente considerato – e non sommato a quello degli
interessi corrispettivi – andrà confrontato al tasso soglia aumentato
del 2,1%.(In tal senso Trib. Cremona, dott. Giulio Borella, 30.10.2014
in www.expartecreditoris.it)
Nella specie, i principi di diritto espressi dal Giudice milanese, possono essere massimati nei termini che seguono.
Quand’anche si volesse ritenere che anche gli interessi di mora
debbano essere rispettosi del limite legale antiusura, tesi per la quale
sussiste ancora incertezza giurisprudenziale in assenza di una
previsione legislativa specifica al riguardo e che possa determinare per
tali interessi una specifica soglia, quest’ultima deve venire calcolata
con i criteri dettati dai decreti trimestrali, con la maggiorazione
pari a 2,1 punti percentuali, secondo la stessa Banca d’Italia e la sua
nota di chiarimento in materia di applicazione delle legge antiusura del
3.7.13.
La sentenza della Cassazione n. 350/13 non ha mai espresso come
principio la sommatoria dei tassi di interessi nella misura in cui il
tasso corrispettivo e quello di mora hanno funzione e natura e
applicazione del tutto diversi.
La previsione della cd clausola di salvaguardia evita l’automatico superamento del tasso soglia.
Se la pronuncia desta interesse soprattutto per i principi appena
citati, è comunque degna di nota la considerazione svolta in tema di
leasing “traslativo” ed applicabilià analogica dell’art.1526 c.c.
Ed infatti il Tribunale ha altresì affermato che: in materia di
leasing c.d. traslativo, la domanda dell’utilizzatore volta ad ottenere
l’applicazione analogica dell’art.1526 c.c. in caso di inadempimento,
con il relativo diritto alla restituzione dei canoni versati, salvo equo
compenso e risarcimento del danno per il concedente, è improponibile
quando il bene concesso in leasing, e restituito a seguito della
risoluzione, non sia stato ancora rivenduto dal concedente.
Senza conoscere, infatti, quale possa essere il ricavato dalla
vendita del bene o dal suo riutilizzo, secondo il valore commerciale che
il bene abbia allo stato, manca un presupposto essenziale per applicare
la disciplina pattizia regolante gli effetti dell’anticipata
risoluzione del contratto convenuta fra le parti, con la prevista
compensazione della posizione debitoria dell’utilizzatrice con le somme
ricevute in utile dalla concedente e la possibilità di riattribuzione
dell’eccedenza eventuale al debitore stesso, che sola possa fare
apprezzare se sussista un indebito vantaggio in favore della società
finanziaria che giustifichi la sostituzione della disciplina legale a
quella contrattuale, e quindi il ricorso alla norma di cui all’art. 1526
c.c.