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DIRITTO ALL’OBLIO: Prime pronunce del Garante dopo i no di Google

Il Garante
privacy ha adottato i primi provvedimenti in merito alle segnalazioni
presentate da cittadini dopo il mancato accoglimento da parte di Google delle
loro richieste di deindicizzare pagine presenti sul web che riportavano dati
personali ritenuti non più di interesse pubblico. A seguito della recente
sentenza della Corte di Giustizia europea sul diritto all\’oblio, Google è
infatti tenuta a dare un riscontro alle richieste di cancellazione, dai
risultati della ricerca, delle pagine web che contengono il nominativo del
richiedente reperibili utilizzando come parola chiave il nome
dell\’interessato.

La società
deve valutare di volta in volta vari elementi quali ad esempio: l\’interesse
pubblico a conoscere la notizia, il tempo trascorso dall\’avvenimento,
l\’accuratezza della notizia e la rilevanza della stessa nell\’ambito
professionale di appartenenza. Di fronte al diniego di Google, gli utenti
italiani possono rivolgersi al Garante per la privacy o all\’autorità
giudiziaria.

Le
segnalazioni e i ricorsi pervenuti al Garante, riguardano la richiesta di
deindicizzazione di articoli relativi a vicende processuali ancora recenti e
in alcuni casi non concluse.

In sette
dei nove casi [doc. web nn. 3623819, 3623851, 3623897, 3623919, 3623954, 3624003 e 3624021] definiti il Garante non ha accolto
la richiesta degli interessati, ritenendo che la posizione di Google fosse
corretta in quanto è risultato prevalente l\’aspetto dell\’interesse pubblico
ad accedere alle informazioni tramite motori di ricerca, sulla base del fatto
che le vicende processuali sono risultate essere troppo recenti e non ancora
espletati tutti i gradi di giudizio.

In due
casi [doc. web nn. 3623877 e 3623978], invece, l\’Autorità ha accolto la
richiesta dei segnalanti. Nel primo, perché nei documenti pubblicati su un
sito erano presenti numerose informazioni eccedenti, riferite anche a persone
estranee alla vicenda giudiziaria narrata. Nel secondo, perché la notizia
pubblicata era inserita in un contesto idoneo a ledere la sfera privata della
persona. Tutto ciò in violazione delle norme del Codice privacy e del codice
deontologico che impone di diffondere dati personali nei limiti
dell\'”essenzialità dell\’informazione riguardo a fatti di interesse
pubblico” e di non descrivere abitudini sessuali riferite a una
determinata persona identificata o identificabile. L\’Autorità ha quindi
prescritto a Google di deindicizzare le url segnalate.

Sono
alcune decine, al momento, le segnalazioni giunte al Garante a seguito della
sentenza della Corte di Giustizia europea sul diritto all\’oblio.


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