Pmi: a caccia di liquidità!
La nota società di revisione contabile e certificazione di bilanci “Deloitte”, ha recentemente concluso un interessante studio mirato sui bisogni della Piccola e Media Impresa alla luce delle conseguenze da Covid-19, prendendo una campionatura di seimila aziende (1).
Il 90% delle aziende ha risposto che occorre assecondare la necessità di rafforzare la componente patrimoniale, ribilanciando la propria esposizione verso terzi ma anche attraverso operazioni di finanza straordinaria.
Volendo tradurre per tracciare una sintesi, possiamo ragionevolmente ritenere che dalla contrazione dei consumi, dal blocco delle attività produttive della primavera scorsa, dal contesto di complessiva incertezza che si è venuta a determinare anche per effetto della ripresa dei contagi per la pandemia in atto, sembra comprendere che la “crisi di liquidità” stia mettendo a rischio la tenuta dell’impresa in senso lato dell’intero Paese.
Sappiamo tutti che nell’aprile scorso venne diramato il famoso decreto liquidità – D.L. 23/2020 – attraverso il quale, si disse, lo Stato metteva sul mercato un “bazooka dell’economia” di ben 400 miliardi di euro di garanzie per finanziamenti ad imprese e famiglie.
In pratica la politica diceva alle banche di erogare dei finanziamenti a garanzia pubblica (prestiti decennali a tassi molto favorevoli).
Sia pure con le migliori intenzioni, il processo virtuoso che si è voluto innescare non ha funzionato se non in misura di poco più del 20%: 80 miliardi sui 400 previsti!
Mancato funzionamento
Lo stallo nei finanziamenti ed erogazione della necessaria liquidità alle imprese e famiglie non ha funzionato e la ragione è riconducibile al fatto che il Governo non ha accolto la richiesta di “manleva sul merito creditizio”, più volte chiesta dall’Associazione bancaria italiana.
Se da una parte il sistema del credito non corre rischi sulla buona sorte del credito – posta la garanzia pubblica – qualche problema potrebbe averlo laddove il soggetto finanziato utilizzi in modo improprio la risorsa, portando l’azienda al fallimento. In questi casi, in presenza di una potenziale indagine per “bancarotta fraudolenta” in capo all’amministratore da parte dell’autorità giudiziaria, la banca rischia un’accusa per concorso nel reato della legge fallimentare.
La ragione dello stallo è tutta qui, nessuno si muove, nessuno fa il primo passo e l’impresa langue, molte aziende non hanno neanche riaperto, con gravissime ripercussioni sul tessuto dell’occupazione.
Conclusioni
Se la situazione è questa, pur nella sua drammaticità, auspico l’intervento di tutte le forze sociali, sindacali ed economiche al fine di superare l’attuale condizione e facilitare l’arrivo della liquidità a chi ne ha bisogno al pari dell’ossigeno per respirare.
In questo senso, è emblematica la situazione descritta dal professionista, cliente da 40 anni della Banca Popolare di Milano che ha chiesto 25mila euro e che dopo 5 mesi tiene ancora in corso l’istruttoria – https://www.giovannifalcone.it/bpm-quando-le-parole-non…/.
Voglio continuare a conservare il pessimismo per i giorni migliori che sono sicuro, con la collaborazione di tutti, non tarderanno ad arrivare!
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[1] https://www2.deloitte.com/it/it/pages/strategy-operations/monitor-deloitte/articles/bisogni-delle-pmi-post-covid-19—deloitte-italy—monitor-deloitte.html