Ecco allora l’intenzione del presente articolo: presentare questo reato, che solo recentemente si è affacciato nel nostro ordinamento, e le sue interessenze con i delitti tributari e la responsabilità amministrativa del D.Lgs. n. 231/2001. Facendo ciò, risulta inevitabile, evidenziare la sovrapposizione dei sistemi sanzionatori che regolano le predette fattispecie.

È la Legge 15 dicembre 2014, n. 186 che introduce nell’ordinamento penale italiano il reato di “autoriciclaggio”, previsto dall’art. 648-ter 1 c.p.

Senza tediare nessuno con la trascrizione della norma che disciplina l’autoriciclaggio, si evidenzia che, mentre il delitto di “riciclaggio”, previsto dall’art. 648-bis c.p., presuppone l’esistenza di due soggetti – uno dei quali commette il reato/“fonte” dal quale scaturisce il “provento” e l’altro, il riciclatore,  “nasconde” quel provento – nel reato di autoriciclaggio, invece, i due comportamenti vengono assunti dalla medesima persona.

Di conseguenza, quando un soggetto “impiega, sostituisce, trasferisce, in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative” il denaro che ha ricavato dal reato e lo fa in modo da creare un ostacolo concreto all’identificazione della  natura illecita della sua provenienza, incorre nel delitto di “autoriciclaggio”.

È bene evidenziare che quello che succede dopo la commissione di un reato è generalmente poco rilevante dal punto di vista penale, rappresentando un fatto successivo, non punibile, in quanto “assorbito” dalla pena prevista per il reato stesso.

Facciamo un esempio: chi ruba una somma di denaro sarà punito per il reato di furto ai sensi dell’art. 624 c.p. Con i soldi rubati, il medesimo soggetto, acquista  un orologio; tale acquisto sarà penalmente irrilevante e ciò in quanto conseguenza  automatica del reato di furto, già prevista dal legislatore nello stabilire la pena edittale.

Al contrario di quanto accade per il reato di autoriciclaggio.

Infatti, ciò che segue la commissione del delitto, nello specifico: l’“impiego” del provento illecito in attività economiche, imprenditoriali, etc… diventa, a sua volta, reato autonomo. Con l’unica eccezione che qualora il provento del reato venga impiegato per esigenze strettamente personali del reo, anzicchè in attività economiche, non si concretizzerà il reato di autoriciclaggio.

Introdotto, seppur in pillole, il concetto di reato di autoriciclaggio si intende procedere analizzando i collegamenti di tale delitto con i reati tributari e con la responsabilità amministrativa degli enti ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001.

I reati tributari che rilevano ai fini della responsabilità dell’ente ex decreto 231 e che, al contempo, possono dare origine anche al delitto di autoriciclaggio sono:

  • dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2, co.1 e co. 2-bis, d.lgs. n. 74/2000);
  • dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (art. 3, d.lgs. 74/2000);
  • emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 8, commi 1 e 2-bis, d.lgs. 74/2000);
  • occultamento o distruzione di documenti contabili (art. 10, d.lgs. 74/2000);
  • sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte (art. 11, d.lgs. 74/2000);
  • dichiarazione infedele (art. 4, d.lgs. 74/2000);
  • omessa dichiarazione (art. 5, d.lgs. 74/2000);
  • indebita compensazione (art. 10-quater, d.lgs. n. 74/2000).

Gli ultimi tre reati tributari elencati rilevano, ai fini della responsabilità amministrativa dell’ente, esclusivamente qualora commessi nell’ambito di sistemi fraudolenti transfrontalieri, al fine di evadere l’IVA e per un importo superiore a 10 milioni di euro.

Come è noto e persino facile da comprendere leggendo l’elencazione di cui sopra, chi compie un reato tributario, fondamentalmente, intende realizzare un risparmio di imposta e di conseguenza, di denaro. Nel reato tributario, quindi, il provento illecito si identifica nella somma “risparmiata” che comporta un arricchimento e che, spesso, viene mimetizzata nelle casse dell’impresa. Da ciò discente il suo utilizzo/ impiego nell’attività imprenditoriale anche solo per far fronte al pagamento delle retribuzioni o, magari, per saldare i fornitori. Tuttavia, è proprio questo reimpiego delle somme ricavate dalla commissione del reato tributario che rischia di essere configurato come delitto di autoriciclaggio.

Quali le conseguenze?

Per lo stesso fatto, l’autore potrebbe essere  punito per due reati: quello tributario e quello di autoriciclaggio, con le ovvie conseguenze del sommarsi delle rispettive pene. Purtroppo, non è fanta-diritto, ipotizzare che, automaticamente, possa innescarsi un meccanismo sanzionatorio di tal fatta.

A ciò si aggiunga tutto il corredo di sanzioni e confische che caratterizzano la 231/2001 che prevede l’automatica responsabilità dell’ente in conseguenza alla commissione di un reato tributario.

A ben vedere, quindi, per la commissione di un delitto tributario si potrebbe essere puniti più volte, da più sistemi sanzionatori:

  • sanzione amministrativa in capo all’ente persona giuridica;
  • sanzione penale in capo alla persona fisica che rappresenta l’ente per il delitto tributario;
  • sanzione penale, per lo stesso soggetto persona fisica, in relazione al reato di autoriciclaggio;
  • sanzione penal-amministrativa in capo alla società ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001;
  • sequestri e confische di proporzioni rilevanti.

Appare evidente che tale quadro sanzionatorio vada valutato nel suo complesso  e che si prenda atto che la risposta sanzionatoria risulta palesemente eccessiva, in quanto alla sanzione connessa ad una violazione tributaria è facile la sovrapposizione di altre sanzioni collegate a diversi sistemi punitivi.

Risulta, quindi, urgente e necessario che il legislatore rimedi alla coesistenza di regimi sanzionatori che, pericolosamente, si sommano e provveda a riallineare il sistema secondo razionalità e proporzionalità.

Avanti tutta e con determinazione contro l’evasione, ma con criterio e proporzione!

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P.S. A titolo personale

Esprimo compiacimento per la chiarezza espositiva dell’articolo. Cahpeau!