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Delocalizzazione d’impresa: Precetti e sanzioni dalle autorità di Governo!

Delocalizzazione d’impresa: Precetti e sanzioni dalle autorità di Governo!

Nel mentre molti imprenditori decidono di trasferire la produzione in altri Paesi dell’Unione Europea, con grave nocumento dei lavoratori che si vedono licenziati in blocco, con comunicazione via mail o whatsApp, anche in presenza aziende in bonis, con fatturati in ascesa.

Il Governo corre ai ripari, cercando di contenere questa barbarie che, alla fine della giostra produce gravi drammi sociali in termini di occupazione, ampliando ancora le tante diseguaglianze già esistenti nella nostra società.

A leggere le prime bozze in circolazione, sembra che si voglia agire sul fronte di una cambio di regole, introducendo nuovi precetti e sanzioni per eventuali inadempienze.

Insomma, si vuole intervenire sugli effetti e giammai sulle cause che stanno all’origine di tali delocalizzazioni.

Si cerca la soluzione semplice a problemi complessi, come sempre e come al solito: una toppa peggiore del buco!

Attività d’impresa

Cominciamo con il dire che in democrazia è consentito tutto ciò che non è espressamente vietato. Con questa importante premessa, ogni Stato, deve chiedersi cosa fare per migliorare i propri punti di debolezza per facilitare gli investimenti e scoraggiare le delocalizzazioni.

Il mio ragionamento riguarda ovviamente solo quell’imprenditore che non riceve aiuti pubblici per la propria attività imprenditoriale e che lavora, produce ed investe soltanto soldi propri.

Se la libertà d’impresa, si fonda anche se non principalmente sulla facoltà dell’imprenditore di decidere dove e quando investire i propri soldi, uno Stato deve creare le condizioni favorevoli costruendo il clima adatto per favorire gli investimenti e scoraggiare la fuga dal territorio.
L’imprenditore a sua volta che, per definizione, cerca le soluzioni che migliorano il profitto, valutando la sicurezza del territorio (pressioni criminali), il funzionamento della pubblica amministrazione (giustizia civile), l’esistenza di infrastrutture materiali e immateriali (trasporti, banda larga etc.), livello di tassazione adeguato per rimanere competitivo sui mercati, nazionali ed esteri.

Sono problemi complessi che, in una Europa unita, bisogna trovare una sinergia nella politica fra gli Stati ed evitare una concorrenza sleale, con grave danno dei territori più fragili e il Mezzogiorno è tra questi!

Uno Stato che decide come sembra orientato a fare – Dio non voglia – di introdurre degli accorgimenti basato su – precetti e sanzioni – tese ad ostacolare questa libertà di delocalizzare, sbaglia di grosso e rinuncia a cercare le proprie debolezze e la propria incapacità di scrivere delle regole e ancora più, di farle rispettare.
Parliamo di uno Stato che abdica, rinunciando all’esercizio del proprio ruolo.
Uno Stato fallimentare in partenza!

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