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Antiriciclggio: Rispettare le norme, sapersi difendere, fare ammuina!

Antiriciclggio: Rispettare le norme, sapersi difendere, fare ammuina!

 

Per sottolineare l’importanza di conoscere le norme e sapersi difendere, voglio raccontare la storia realmente vissuta da chi scrive, nel contesto di una Segnalazione di operazione sospetta inoltrata anni addietro, quando cercavo di assolvere ai doveri di RAA nell’ambito di un  Gruppo bancario.

Non esagero a definirla una °segnalazione sofferta!°

Segnalazione di operazione sospetta

Correva l’anno duemila, avevo da qualche mese iniziato ad occuparmi di questa materia nella veste di Responsabile aziendale antiriciclaggio nell’ambito di un Gruppo bancario in terra di Bari.

Attraverso le cc.dd. ricerche di massa sull’Archivio unico informatico, rinvenni alcuni versamenti di denaro contante eseguiti  nell’arco di un mesetto dell’anno 1998 su un conto personale,  cointestato a due studentesse – in gergo ritenute  famiglie consumatrici, Sae 600 – per un ammontare complessivo di 400milioni delle vecchie lire.

Tale versamento, era stato eseguito attraverso una ventina di operazioni allo sportello, per cassa, di importi di poco al di sotto dell’allora soglia obbligatoria di registrazione di venti milioni di lire. Insomma, operazioni alla °Ciancimino maniera° – l’ex sindaco di Palermo che versava 19.900 mila, con l’intento di eludere od evitare il rischio di essere intercettato dai diagnostici in uso.

Questo, di solito, era il suggerimento che, in modo infelice ed inopportuno, veniva dato ai clienti dagli stessi direttori di filiale.

Altra anomalia che mi indusse a concludere circa l’opportunità di inoltrare la Sos era rappresentata dalla fonte di reddito, posto che il genitore era un dipendente pubblico, di cui peraltro mi ero occupato nel quadro di una inchiesta come Guardia di finanza qualche anno prima.

Pertanto, inoltrata la Sos, evidenziando le anomalie caratterizzanti la mia iniziativa, iniziarono subito i primi problemi:

  1. Ricevetti, dopo appena qualche giorno, una telefonata da un dirigente dell’allora Ufficio Italiano Cambi – sostituito nel 2007 dalla Uif – dove mi veniva ricordato di aver segnalato una operazione contabile del 1998, dopo circa due anni, quando invece la legge parla °senza ritardo°.

Feci subito notare all’esimio interlocutore dell’Organo centrale di vigilanza che ho fatto la Sos            nel momento in cui mi sono accorto dell’operazione e che, in fin dei conti, due anni non sono            niente in confronto all’eternità;

2. Dopo qualche tempo, venne la Guardia di finanza ad acquisire la documentazione contabile                di   interesse per l’avvio dell’attività investigativa.

In tale contesto, rinvenne alcune operazioni identiche a quelle oggetto di Sos,  per modalità e            tempi di esecuzione, poste in essere da due cugini sulle quali non avevo prodotto alcuna                      forma  di collaborazione attiva. Per tali ragioni, il citato organo di controllo procedette a                     notificarmi  una contestazione apposita di °Omessa segnalazione di operazione                           sospetta°.

Feci immediatamente notare all’esimio collega che nell’anno 1998, ero un ufficiale della Guardia di finanza e che se mai ci fosse un responsabile nell’ambito della banca non potevo certamente essere io.

Annullarono subito la contestazione in autotutela, procedendo alla contestazione de qua al funzionario che mi precedette nell’incarico di Responsabile aziendale antiriciclaggio.

Legittima difesa

Oltre a far notare che la scoperta delle operazioni poste in essere era stata il frutto di una mia autonoma attivazione, feci anche notare che, a differenza della posizione segnalata – figlie di un dipendente pubblico con uno stipendio di fantozziana memoria – le restanti posizioni invece, erano figlie di un noto imprenditore operante nel settore del commercio al dettaglio di abbigliamento, il cui fatturato era noto dai dati contabili  depositati presso la locale Camera di commercio.

Al rilievo che i militari fecero di omessa Sos, ricordarono il passaggio del decalogo della Banca d’Italia in ordine a:  Ripetute operazioni della stessa natura non giustificate dall’attività svolta dal cliente ed effettuate con modalità tali da denotare intenti dissimulatori.

I militari del Corpo, per deformazione professionale, vedevano intenti dissimulatori dappertutto ed è stata necessaria una forte insistenza, nelle ragioni a difesa, opportunamente presentate nei fatidici 30 giorni all’apposita Commissione del Ministero dell’Economia e delle Finanze che procedette all’archiviazione senza alcun rilievo.

Insomma, si è trattato di legittima difesa da una contestazione che non aveva °né capo e né coda°.

Conclusioni

La vicenda che ho succintamente ricordato solo per dire che, per osservare correttamente gli adempimenti antiriciclaggio – passati ed attuali – non basta conoscere le norme e fare del proprio meglio per assicurare la migliore collaborazione attiva, ma serve anche sapersi difendere in situazioni di emergenza.

Questo, evidentemente, per scongiurare condanne del tipo di quello sventurato Direttore di filiale del Banco di Sicilia di Bagheria della provincia di Palermo – ora UniCredit – di cui ho parlato piu’ volte, condannato a pagare 500mila euro di sanzione amministrativa in modo assolutamente arbitrario ed ingiustificato – Antiriciclaggio: innocente condannato a pagare 500 mila euro! – Formazione & consulenza antiriciclaggio (giovannifalcone.it)

Al termine delle indagini svolte dalla Guardia di finanza, seppi che l’intera provvista era il frutto di una eredità liquida, distribuita dalla nonna  che custodiva il malloppo all’interno del proprio materasso e che prima di morire, decise di distribuirla ai quattro nipoti in parti uguali.

Sospetto infondato, come spesso accade!

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