Caso Striano, il generale: “Sistema vulnerabile”
«Il sistema di prevenzione dell’Antiriciclaggio? È vulnerabile, come un gigante dai piedi d’argilla». Ci voleva l’esperienza del generale della Guardia di Finanza Giovanni Padula (nella foto) per riaccendere i riflettori sulla storiaccia che ruota attorno al presunto dossieraggio orchestrato, secondo la Procura di Perugia, dall’ufficiale Gdf Pasquale Striano in servizio alla Dna e dall’ex pm antimafia Antonio Laudati. «Alle presunte gravi responsabilità penali individuali di taluni si devono aggiungere anche le vulnerabilità che a mio avviso si annidano all’interno del sistema di prevenzione dell’antiriciclaggio», ha detto l’ex comandante del Nucleo speciale di Polizia valutaria della Guardia di Finanza, ascoltato davanti alla commissione parlamentare Antimafia nell’ambito degli accertamenti sull’inchiesta di Perugia contro i due che avrebbe passato informazioni sensibili e protette ai giornalisti «amici», in particolare al quotidiano Il Domani edito da Carlo De Benedetti.
«A differenza del caso Striano i militari presso il nucleo valutario avevano e hanno l’obbligo specifico di rendicontazione giornaliera del lavoro che viene svolto», ricorda il generale, che poi ha voluto precisare meglio i contorni della sua affermazione: «Questo non impedisce in modo assoluto che vi possa essere la patologia del funzionario infedele ma almeno è una forma di controllo più attenta che contiene i rischi connessi agli accessi», ha continuato Padula.
Il tema più delicato è quello degli accessi, di chi ha diritto a farli, a che titolo e di chi ne sono i destinatati. Un bel puzzle. «Da intese protocollari sugli accessi – ha sottolineato nel corso dell’audizione – abbiamo fornito alla Procura nazionale antimafia una macchina, la rete Gdfnet e altre banche dati tra cui Siva, dotata di un pilota». In questo caso (ma non è l’unico, precisa Padula) era Striano. Insomma, «presso la Procura nazionale antimafia avevano il macchinario, la chiave di accesso e il pilota, loro indicavano dove doveva andare, quali strade percorrere, quali dati leggere e acquisire, approfondire e rappresentare». Di contro, dall’altra parte, la Guardia di Finanza «non aveva in alcun modo un Gps, per rimanere nella metafora, attaccato alla macchina: non funziona così», ha precisato. Insomma, Striano sapeva guidare il sistema che sfornava le Sos, le Segnalazioni di operazioni sospette che confluivano negli uffici della Dna e della Guardia di Finanza ma nessuno sapeva quale strada Striano stesse percorrendo. «Né il fatto che, saltuariamente, Striano andasse anche negli uffici del nucleo valutario (fino al giugno 2020 guidato dal generale, ndr) cambiava nulla rispetto a questa premessa concettuale».
Insomma, il problema non è (solo) l’eventuale abuso che Striano avrebbe compiuto con le migliaia di accessi a caccia di informazioni su politici, imprenditori e vip, ma il sistema nel suo complesso. «L’impianto di prevenzione antiriciclaggio, per come è oggi, presenta delle vulnerabilità, dei rischi», ha ammonito il generale Padula. E un po’ la responsabilità è del legislatore. «Con ogni probabilità, con il continuo modificarsi dell’impianto iniziale, ci troviamo a mio avviso oggi un gigante con i piedi di argilla. Sono troppe le informazioni, abbinate ai troppi interlocutori con cui, a vario titolo, vengono scambiate informazioni».
Di Striano e delle sue incursioni nella privacy dei politici ha parlato al Question time al Senato anche il ministro delle Imprese e del Made in Ital, Adolfo Urso: «Ho appurato che quando ero presidente del Copasir il dottor Striano ha fatto accesso al mio conto corrente. C’è da chiedersi per chi lo abbia fatto e per conto di chi abbia controllato chi aveva il compito, su incarico di questo Parlamento, di controllare», ha sottolineato l’esponente Fdi.
Segnalazione Operazione Sospetta: Il comma 3bis dell’articolo 38 del D.lgs 231/2007 prevede il carcere da due a sei anni per coloro i quali, mettono a rischio l’incolumità del “segnalante”.
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