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Il governo a caccia di soldi per il taglio dell’Irpef

Il governo a caccia di soldi per il taglio dell’Irpef

Fonte: La Stampa

Il governo a caccia di soldi per finanziare il taglio dell’Irpef in favore del ceto medio deve fare i conti con una realtà più dura del previsto. A dieci giorni dalla chiusura dei tempi supplementari concessi ai lavoratori autonomi potenzialmente interessati al concordato biennale che permette, in anticipo, un accordo negoziale con il fisco sulle imposte da pagare, le adesioni fluiscono molto lente. La riapertura dei termini per l’adesione, originariamente fissata per il 31 ottobre e poi posticipata al 12 dicembre, è stata decisa perché appena 500 mila soggetti hanno firmato l’accordo. Una platea molto inferiore ai 4,5 milioni di partite Iva destinatari della norma. Ma nelle ultime tre settimane appena 50 mila soggetti si sono aggiunti alla platea iniziale.

Riaprire la finestra aveva l’obiettivo di provare a raggiungere i 2,5 miliardi di incasso necessari per tagliare, come ricordato, l’Irpef. È Forza Italia, in particolare, a spingere in questa direzione. Che le risorse siano poche o tante, il taglio dell’Irpef, secondo gli azzurri, va fatto: anche abbassando l’aliquota di un solo punto. Gli incassi del concordato biennale devono venire usati subito per dare un segnale. Lavorando ai fianchi gli alleati della maggioranza e aumentando il pressing sul governo. Che pure rivendica la priorità di abbassare le tasse al ceto medio, ma di fronte al rischio di una scarsa adesione al patto biennale con il fisco per le partite Iva, ha già avvertito che non si potranno usare risorse alternative.

Attualmente in cassa ci sono già i circa 1,3 miliardi arrivati dalla prima tranche terminata il 31 ottobre. Ma per ridurre l’aliquota dal 35% al 33% sui redditi fino a 50.000 euro servono, come detto, 2,5 miliardi, mentre il conto sale a 4 miliardi se il beneficio viene esteso a 60.000 euro. Secondo le stime dei commercialisti 1,3 miliardi basterebbero per ridurre l’aliquota di un punto. Le strategie di pressione nei confronti degli autonomi, per spingerli ad aderire, non mancano. In questi ultimi giorni l’agenzia delle entrate sta inviando lettere rivolte a un milione di (presunti) ‘finti poveri’, partite Iva che dichiarano redditi inferiori a 15mila euro all’anno, meno cioè degli stipendi che pagano ai loro stessi dipendenti, spesso superiori a 20mila euro.

La lettera ricorda che l’adesione al concordato comporta tra l’altro l’accesso alla sanatoria per gli anni 2018-2024. Per oltre un milione di partite Iva che sono ben lontane da un’affidabilità fiscale richiesta dagli Isa – gli indici sintetici di affidabilità – la possibilità di finire nelle liste selettive elaborate sulla base dell’analisi di rischio è più che concreto, visto che sulle liste sono già al lavoro la Sogei, Guardia di Finanza e Agenzia delle Entrate.

Queste ultime due hanno attivato una nuova task force per analizzare le banche dati fiscali e utilizzare strumenti di intelligenza artificiale per individuare discrepanze nei redditi dichiarati, in particolare proprio quelli dei lavoratori autonomi e dunque dei soggetti Isa. Il numero di chi non risulta affidabile e non ha aderito non è certo irrilevante se si considera che il potenziale dell’adesione riguarda 2,2 milioni di soggetti Isa.

Occorre ricordare che il concordato biennale è un ravvedimento speciale super agevolato, con possibilità di far emergere redditi evasi versando una flat tax dal 10 al 15 per cento, non sull’intero importo ma solo su una quota variabile dal 5 al 50 per cento, sulla base del punteggio ISA. La flat tax per regolarizzare le omissioni dichiarative è pari al 10 per cento, se nel singolo periodo d’imposta il livello di affidabilità fiscale è pari o superiore a 8; 12 per cento, se nel singolo periodo d’imposta il livello di affidabilità fiscale è pari o superiore a 6 ma inferiore a 8; 15 per cento, se nel singolo periodo d’imposta il livello di affidabilità fiscale è inferiore a 6. La sanatoria riguarda anche l’Irap, dovuta nella misura fissa del 3,9 per cento.

1 commento

  1. Con tutte le promesse e le carezze fatte dal Governo, la platea dei soggetti aderenti al “Concordato biennale” non decolla e il piatto piange, significando che l’adesione scarseggia.
    Questo, nel mentre i controlli nell’azione di contrasto alla evasione fiscale latitano, restando fermi alla percentuale di appena il 4,5%.
    Infatti, se l’imprenditore evade è perchè nutre la convinzione di farla franca e che, nel 95.5% dei casi non verrà mai scoperto.
    Eppure, per moltiplicare per dieci il rendimento nell’attività ispettiva e quindi il rendimento complessivo nell’azione di recupero basterebbe poco anzi che dico, pochissimo – https://www.giovannifalcone.it/2024/07/09/indagini-finaanziarie-ed-evasione-fiscale-strada-smarrita/

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