La brusca fine del sogno rosso della “remuntada”
In altre Regioni prossime al voto (Campania, Puglia, Toscana) la sinistra può vincere per forza d’inerzia, presenza di “clientes” e intreccio di interessi pubblici e privati, ma nessuna di queste caselle potenzialmente rosse potrà mai avere il significato di una svolta. Non ci sarà una «remuntada» perché la grande crisi del progressismo (il Pd), del qualunquismo (i Cinquestelle) e dell’eco-pacifismo (Avs) è un elemento profondo dello scenario. I democratici, polverizzati da Donald Trump in America e assediati dalla realtà dei loro errori in Europa, in Italia tentano con il “campo largo” di resuscitare il cadavere dell’Ulivo. È un’alleanza così inattuale che il programma è stato sostituito con il dramma (Gaza) e la proposta rimpiazzata con la protesta (la piazza). Gli esiti sono drammatici: il tema della guerra a Gaza si è trasformato in contagio dell’estremismo pro-Pal, mentre la piazza inneggia alla strage degli ebrei del 7 ottobre, di cui oggi ricorrono i due anni, un memento.
Entrato nel regno dell’ambiguità, il centrosinistra s’accompagna a figure inquietanti (Francesca Albanese che scappa da uno studio tv quando viene nominata Liliana Segre) e segue le orme del melenchonismo francese, in piena deriva islamista. Il risultato è che a Parigi il primo ministro Sébastien Lecornu si è dimesso dopo soli 27 giorni di mandato, il più breve della storia, e la maggioranza dei cittadini chiede le dimissioni del presidente Emmanuel Macron. È la crisi della Quinta Repubblica francese. L’Italia ha trovato tre anni fa la risposta al cambio d’epoca, vince il centrodestra, governa la Meloni.















Quando il 50% degli aventi diritto ha disertato il voto, dobbiamo farci qualche domanda. Dobbiamo chiederci se la politica è ancora in grado dio risolvere i problemi della gente comune, se ancora riesce a motivare ed appassionare le piazze.
A giudicare dall’elevato numero di astensionisti sembra proprio di no.
Esiste un rimedio? Io penso di si e bisogna partire dagli ultimi, dalla necessità di porre un freno alle grandi speculazioni.
Se tutti i Brand mondiali fanno la corsa al Made in Cina, nella diffusa convinzione di poter scrivere il “Conto economico” sulla pelle dei lavoratori e sostenibilità ambientale nell’ignava dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO), è un problema! Solo per citare un esemio, ricordo che ad agosto scorso, Giorgio Armani – recentemente scomparso – ha fatto in teempo a riceevere una sanzione dall’AntiTrust da 3.5 milioni di euro per irregolarità varie sui processi produttivi. Lo dico questo, prima che lo facciano santo per evidenziare che la “corsa” di cui parlo è diffusa!
Se la Banca d’Italia, conclude uno Studio dicendo che il 5% della popolazione detiene il 46,5% della ricchezza nazionale, è un problema.
Se, per la prima volta, vediamo gli ombrelloni chiusi a “Ferragosto” dei litorali estivi, è un problema.
Se, i vacanzieri della domenica, escono di casa con il panino al seguito (ovetto fritto), è un problema.
Se poi la classe di Governo, non intercetta questi segnali negando il “salario minimo”, qualcuno deve intercettare questo disagio.
Se l’Occidente, insieme agli Usa, giocano con i dazi, non facendo alcuna proposta per ostaccolare questa speculazione ad oltranza, qualcosa non funziona e la politica dorme.
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