giovedì, Aprile 25, 2024
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HO RICEVUTO UN PREAVVISO DI IPOTECA: Che fare?

Ho ricevuto un preavviso di ipoteca: che fare?

 

Chi riceve l’avviso di ipoteca dal fisco (Agenzia delle Entrate o Equitalia) deve chiedere la dilazione delle cartelle.

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Con la nuova procedura di riscossione esattoriale, l’Agente della riscossione – ossia Agenzia delle Entrate-Riscossione dal 1° luglio 2017 e, per i periodi anteriori, Equitalia – è obbligato a inviare un avviso al contribuente prima di iscrivere ipoteca sulla sua casa. L’avviso di ipoteca deve essere necessariamente inviato almeno 30 giorni prima dell’iscrizione dell’ipoteca stessa: diversamente la misura è illegittima e può essere annullata ricorrendo al giudice. Ma cosa può fare il contribuente nell’arco di questi 60 giorni per correre ai ripari ed evitare che la casa venga ipotecata? Quali sono le conseguenze di questa misura e quali limiti comporta? Quali mosse compirà il fisco dopo l’avviso di ipoteca? Di questo ci occuperemo nel presente articolo. Dunque se hai ricevuto un avviso di ipoteca e ti stai chiedendo che fare, ecco la guida che fa al caso tuo.

Se hai letto la nostra guida Quando il fisco può pignorare la casa, saprai già che l’Agente per la riscossione – sia esso Equitalia o, dopo il 1° luglio 2017, l’Agenzia delle Entrate- Riscossione – può iscrivere ipoteca sugli immobili del contribuente solo ad alcune condizioni:

  • il debito scaduto deve essere superiore a 20 mila euro;
  • devono essere decorsi almeno 60 giorni dalla notifica della cartella di pagamento senza che la stessa sia stata saldata o senza che sia stata fatta richiesta di dilazione (cosiddettarateazione);
  • deve essere inviato un preavviso di iscrizione di ipoteca con raccomandata a.r., almeno 30 giorni prima, durante i quali il contribuente può pagare o chiedere la rateazione.

Dunque il fisco non può iscrivere ipoteca se:

  • il debito è inferiore a 20mila euro;
  • oppure è in corso una rateazione;
  • oppure non ha ancora inviato il preavviso di iscrizione di ipoteca.

Contrariamente a quanto comunemente si crede, l’ipoteca si può iscrivere anche sull’abitazione principale (comunemente detta «prima casa»). Il divieto introdotto nel 2013 riguarda infatti solo la successiva fare di pignoramento. Dunque, se si tratta dell’unico immobile di proprietà del contribuente, ove è fissata la residenza e accatastato come civile abitazione non di lusso, è possibile che su di esso venga iscritta l’ipoteca (sempre per debiti superiori a 20mila euro) ma non si può poi precedere al pignoramento.

Occupiamoci ora della situazione di chi ha ricevuto il preavviso di ipoteca e, nei 30 giorni che gli sono concessi prima dell’iscrizione definitiva di tale misura, si chiede cosa deve fare per correre ai ripari.

La prima cosa che si può fare per evitare l’ipoteca è presentare una istanza di rateazione: in altre parole il contribuente richiede di pagare a rate le cartelle esattoriali. Presenta detta istanza, il fisco non può iscrivere ipoteca. Lo potrebbe fare solo se la richiesta avanzata dal contribuente viene rigettata o, qualora accolta, il debitore salti 5 rate anche non consecutive (nel qual caso, infatti, si verifica la decadenza dal beneficio della rateazione).

Per questi motivi, è importante che il contribuente presenti istanza di dilazione prima del decorso del termine di pagamento, posto che, in detto lasso temporale, l’ipoteca non può essere iscritta [1].

Come detto, dunque, il contribuente potrebbe presentare l’istanza anche dopo la notifica del preavviso di ipoteca e, in questo modo, bloccare l’iscrizione di ipoteca.

La seconda cosa che si può fare per evitare l’ipoteca una volta che sia stato notificato il preavviso è di pagare una parte del debito spontaneamente– cosa che l’Agente per la riscossione non può rifiutare – riportando il debito complessivo al di sotto della soglia di 20 mila euro. Infatti, come abbiamo spiegato prima, l’agente per la riscossione può iscrivere ipoteca solo per debiti complessivamente non inferiori a euro 20.000, salvo il caso di recupero di rate per l’adesione ai condoni in cui il limite è di 5.000 euro.

L’importo di 20.000,00 euro si riferisce al credito complessivamente da riscuotere e quindi può accadere che l’ipoteca sia riferita a crediti di diversa natura. Il limite deve computarsi sommando i ruoli formati da diversi enti, ad es. INPS e Agenzia delle entrate. Non rileva che alcune delle cartelle siano oggetto di impugnazione davanti al giudice.

La terza mossa per evitare l’ipoteca è impugnare il preavviso di ipoteca se esso contiene il riferimento a cartelle mai ricevute in precedenza. In altre parole significa fare ricorso al giudice. Nel corso della causa, l’Agente della riscossione deve produrre, i documenti che dimostrano l’avvenuta notifica (pertanto l’onere della prova è a suo carico). Di solito, il ricorso non sospende l’iscrizione dell’ipoteca salvo che, dietro espressa richiesta del contribuente, il giudice decida di concedere detta sospensione.

Sicuramente il metodo migliore per evitare l’iscrizione dell’ipoteca è di estinguere il debito. Ma non tutti sono in grado di farlo. Neanche a rate. Così corre l’obbligo di spiegare cosa succede se, dopo la notifica del preavviso, non si paga.

Se il debito è superiore a 120mila euro e non si tratta della «prima casa», si passa al pignoramento. Per il pignoramento devono però passare almeno 6 mesi dall’iscrizione dell’ipoteca, durante i quali si può sempre rateizzare il debito, pagarne solo una parte per ridurre l’esposizione a meno di 120mila euro o fare ricorso.

Dopodiché iniziano le classiche aste. Ma se l’immobile non si vende, questo ritorna al debitore, sempre che l’Agente della riscossione non ne chieda l’assegnazione in favore dello Stato (leggi: Pignoramento Equitalia: dopo la terza asta la casa passa allo Stato).

note

[1]CTP Bari sent. n. 99/11 del 27.05.2011; Trib. Milano sent . del 10.01.2011.

Autore immagine: 123rf com

 

CTP Bari sent. n. 99/2011.

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

In data 10 febbraio 2010, X.F., rappresentato e difeso dall’avv. Y.P., proponeva ricorso, la cui copia veniva depositata in Segreteria in pari data, avverso la comunicazione di avvenuta iscrizione di ipoteca n. (…) su immobile sito nel comune di (…), emessa dall’Equitalia E.TR. S.p.A., notificata il 12 dicembre 2009 ed inerente il mancato pagamento di complessive Euro 133.767,81, come da prospetto – cartelle esattoriali – allegato. Il ricorso veniva prodotto nei confronti della E.TR. S.p.A. di Bari. Il ricorrente precisava:

a)che in data 01.12.2009, aveva presentato all’Equitalia istanza di rateazione di somme iscritte a ruolo per un ammontare complessivo di Euro 133.562,908, riferite a due cartella esattoriali;

b)che in data 12.12.2009, nelle more dell’emananda rateizzazione, l’Equitalia gli notificava la comunicazione di avvenuta iscrizione ipotecaria per Euro 267.535,62, per il mancato pagamento di complessivi Euro 133.767,81, relativi alle medesime cartelle per le quali era stata precedentemente inoltrata istanza di rateazione;

c)che, con provvedimento del 27 gennaio 2010, l’Equitalia notificava l’accoglimento dell’istanza di rateizzazione del debito, presentata in data 1° dicembre 2009.

Tanto premesso il ricorrente eccepiva l’illegittimità dell’avvenuta iscrizione di ipoteca per violazione dell’art. 10, della legge n. 212/2000 (tutela dell’affidamento e buona fede), per errata interpretazione dell’art. 19 D.P.R. 602/73, per mancanza di motivazione e di prova e per violazione dell’art. 7, comma 1, legge 212/2000. Pertanto chiedeva l’annullamento dell’atto impugnato e la condanna dell’Equitalia alla cancellazione dell’iscrizione di ipoteca. Con lo stesso ricorso veniva chiesta la pubblica udienza con vittoria delle spese di giudizio.

In data 11/04/11, si costituiva l’E.TR., depositando le proprie controdeduzioni, che non venivano prese in considerazione perché depositate oltre i termini di cui all’art. 32, comma 2 D.Lgs. 546/92. All’udienza del 15 aprile 2011, era presente solo il difensore del ricorrente, il quale insisteva nell’accoglimento del ricorso.

La Commissione, letti gli atti della causa, accoglie il ricorso per il seguente motivo di diritto e di merito. Sulla illegittimità dell’iscrizione ipotecaria, sollevata dal ricorrente per violazione dell’art. 10 legge 212/2000, il Collegio giudicante è dello stesso parere.

Infatti il predetto art. 10 sancisce che “i rapporti tra contribuente e Amministrazione siano improntati al principio della collaborazione e buona fede”.

È evidente, quindi, come il comportamento della pubblica amministrazione, nel caso di specie, a tutto possa essere equiparato tranne che alla buona fede.

Infatti, in data 1/12/2009, il contribuente ha volontariamente presentata istanza di rateazione dei propri debiti iscritti a ruolo quali risultanti da cartelle esattoriali, in considerazione della propria situazione di obiettiva difficoltà economica e soprattutto, svolgendo attività commerciale, al fine di evitare future azioni cautelari e/o esecutive che avrebbero potuto comportare gravi danni al proseguo della stessa attività.

A questo punto il Collegio giudicante sottolinea che l’art. 19 del D.P.R. 602/73, ai fini della concessione della dilazione del pagamento delle somme iscritte a ruolo, prevede come requisiti “la richiesta da parte del contribuente” e “la sussistenza di una temporanea situazione di obiettiva difficoltà dello stesso nell’adempimento dei propri doveri fiscali”. Inoltre, l’art. 83, commi 23 e 23-bis del D.L. n. 112/2008 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133/2008, ha modificato il summenzionato art. 19 semplificando ulteriormente il procedimento di rateazione delle somme iscritte a ruolo.

La modifica più significativa consiste nell’eliminazione di qualsiasi forma di garanzia per beneficiare della rateazione delle somme iscritte a ruolo. La disposizione si limita ora a prevedere, in presenza di determinati presupposti, la possibilità di rateizzare il debito fino a settantadue rate mensili, indipendentemente dalla somma dovuta.

Nel caso di specie, il ricorrente ha presentato regolare istanza corredata della necessaria documentazione richiesta, con la quale si è accertata la sussistenza dei requisiti necessari alla concessione della rateazione, vale a dire lo stato di effettiva difficoltà economica e la possibilità dello stesso di poter comunque provvedere con regolarità al pagamento delle rate.

Pertanto il ricorrente ha agito in assoluta buona fede e in piena conformità al dettato normativo, attenendosi alle indicazioni e richieste della pubblica amministrazione.

Al contrario, invece, l’Equitalia Etr. S.p.A. contravviene agli obblighi imposti dalla legge di tutela del principio dell’affidamento in quanto l’avvenuta iscrizione di ipoteca è successiva all’istanza di rateazione, pertanto rappresenta l’unilaterale rottura dei presupposti per la realizzazione di tali obiettivi normativi. Inoltre l’Equitalia, non ha neanche rispettato il dettame dell’art. 19 D.P.R. 602/73. Infatti, mentre la precedente normativa prevedeva che alla richiesta di dilazione di un debito erariale dovesse accompagnarsi la presentazione di idonea fideiussione a garanzia della regolarità del contribuente nei pagamenti delle rate previste dal piano di ammortamento, il recente intervento del legislatore (D.L. 112/2008, convertito con L. 133/2008) ha abrogato tale previsione, risultando sufficiente in tal senso l’indice di liquidità e l’indice alfa, i quali attestano lo stato di difficoltà economica del contribuente e la sua capacità di adempiere regolarmente al pagamento delle rate. La ratio sottostante la summenzionata abrogazione sta, nell’auspicio del legislatore, che tra contribuente e amministrazione finanziaria possa crearsi un rapporto di fiducia e che possa giungersi alla eliminazione di ulteriori aggravi per il contribuente, quali, ad esempio, quelli derivanti da una iscrizione ipotecaria. Pertanto, l’opposta ipoteca iscritta dall’Equitalia su un immobile di proprietà del ricorrente è illegittima perché viola la normativa in vigore in tema di concessione di una rateazione di un debito erariale in base a cui non è richiesta alcuna garanzia a tutela del credito, e perché contestualmente compromette l’instaurazione di un rapporto di fiducia tra amministrazione finanziaria e contribuente, la cui buona fede e affidamento alle indicazioni di essa risultano gravemente violate.

Il Collegio giudicante, sottolinea, inoltre, che l’iscrizione di ipoteca ha comportato per il ricorrente un grave danno all’immagine nell’ambito del contesto relazionale sociale, e soprattutto un incalcolabile danno economico in quanto il regolare proseguo della propria attività commerciale è stato fortemente compromesso dall’impossibilità di accesso al credito che soprattutto per un piccolo imprenditore è linfa vitale in particolare entro l’attuale congiuntura economica internazionale.

Avendo accolto la principale eccezione del ricorso, appare del tutto superfluo esaminare le altre.

Per tutto quanto suddetto, la Commissione annulla l’avvenuta iscrizione di ipoteca sull’immobile di proprietà del ricorrente, sito in (…), foglio (…), partita (…), particella (…), categoria D01, classe 00, ponendo a carico dell’Equitalia ETR S.p.A. la cancellazione della stessa.

Circa le spese del giudizio, esse seguono la soccombenza e vanno liquidate in favore del ricorrente e poste a carico dell’Equitalia che ne ha dato motivo e determinate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Commissione accoglie il ricorso e per l’effetto annulla l’iscrizione ipotecaria sull’immobile indicato in comunicazione, disponendo, da parte dell’Equitalia, la cancellazione di predetta iscrizione. Condanna l’Equitalia al pagamento delle spese processuali, che liquida complessivamente in Euro 1.200,00, di cui Euro 100,00 per spese, oltre IVA e CAP come per legge.

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