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Aiuti di Stato sotto forma di esenzioni e prestiti a tasso agevolato. La condanna della Corte europea alla ASM

SENTENZA DEL TRIBUNALE

(Ottava Sezione ampliata)

11 giugno 2009

«Aiuti di Stato – Regime di aiuti concessi dalle autorità italiane a talune imprese di servizi pubblici sotto forma di esenzioni fiscali e di prestiti a tasso agevolato – Decisione che dichiara gli aiuti incompatibili con il mercato comune – Ricorso di annullamento – Incidenza individuale – Ricevibilità – Art. 87, n. 3, lett. c), CE – Art. 86, n. 2, CE»

Nella causa T 189/03,

ASM Brescia SpA, con sede in Brescia, rappresentata dagli avv.ti F. Capelli, F. Vitale e M. Valcada,

ricorrente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. V. Di Bucci, in qualità di agente,

convenuta,

avente ad oggetto una domanda di annullamento degli artt. 2 e 3 della decisione della Commissione 5 giugno 2002, 2003/193/CE, relativa all’aiuto di Stato relativo alle esenzioni fiscali e prestiti agevolati concessi dall’Italia in favore di imprese di servizi pubblici a prevalente capitale pubblico (GU 2003, L 77, pag. 21),

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Ottava Sezione ampliata),

composto dalla sig.ra M.E. Martins Ribeiro, presidente, dai sigg. D. Šváby, S. Papasavvas, N. Wahl (relatore) e A. Dittrich, giudici,

cancelliere: sig. J. Palacio González, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 16 aprile 2008,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        La ASM Brescia SpA, ricorrente (in prosieguo: la «ricorrente»), è una società a responsabilità limitata, a prevalente capitale pubblico, costituita nel 1998 in seguito alla trasformazione della omonima azienda speciale fondata nel 1908. Con un capitale detenuto per il 99% dal Comune di Brescia, la ricorrente opera nei settori della produzione, della distribuzione e della vendita di elettricità, gas naturale e riscaldamento. Essa opera anche nei settori della captazione, trattamento e distribuzione dell’acqua potabile nonché in quello delle acque reflue. Inoltre, tale società è attiva nel settore dei rifiuti dove provvede, in particolare, alle operazioni di raccolta e di smaltimento. Infine, essa fornisce servizi di trasporto pubblico urbano, assicurando la gestione dei relativi impianti e dei mezzi. La ricorrente svolge le proprie attività nel comune di Brescia e, se del caso, nei comuni adiacenti.

 Il contesto normativo nazionale

2        La legge italiana 8 giugno 1990, n. 142, [sull’]ordinamento delle autonomie locali (GURI n. 135 del 12 giugno 1990; in prosieguo: la «legge n. 142/90»), ha introdotto in Italia una riforma degli strumenti giuridici organizzativi offerti ai comuni per la gestione dei servizi pubblici, in particolare nei settori della distribuzione dell’acqua, del gas, dell’elettricità e dei trasporti. L’art. 22 della detta legge, nella versione modificata, ha previsto la facoltà, per i comuni, di costituire società utilizzando differenti forme giuridiche per fornire servizi pubblici. In tale contesto è prevista la costituzione di società commerciali o di società a responsabilità limitata a partecipazione maggioritaria pubblica (in prosieguo: le «società ex lege n. 142/90»).

3        In tale cornice, in forza dell’art. 9 bis della legge 9 agosto 1986, n. 488, recante conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 1° luglio 1986, n. 318, recante provvedimenti urgenti per la finanza locale (GURI n. 190 del 18 agosto 1986), sono stati concessi prestiti a tasso agevolato presso la Cassa Depositi e Prestiti (in prosieguo: la «CDDPP»), tra il 1994 e il 1998, a talune società ex lege n. 142/90 che prestavano servizi pubblici (in prosieguo: i «prestiti della CDDPP»).

4        Inoltre, in forza del combinato disposto dell’art. 3, nn. 69 e 70, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, recante misure di razionalizzazione della finanza pubblica (Supplemento ordinario alla GURI n. 302 del 29 dicembre 1995; in prosieguo: la «legge n. 549/95»), e del decreto legge 30 agosto 1993, n. 331, recante armonizzazione delle disposizioni in materia di imposte sugli oli minerali, sull’alcole, sulle bevande alcoliche, sui tabacchi lavorati e in materia di IVA con quelle recate da direttive CEE e modificazioni conseguenti a detta armonizzazione, nonché disposizioni concernenti la disciplina dei centri autorizzati di assistenza fiscale, le procedure dei rimborsi di imposta, l’esclusione dall’ILOR dei redditi di impresa fino all’ammontare corrispondente al contributo diretto lavorativo, l’istituzione per il 1993 di un’imposta erariale straordinaria su taluni beni ed altre disposizioni tributarie (GURI n. 203 del 30 agosto 1993; in prosieguo: il «decreto legge n. 331/93»), sono state introdotte le seguenti misure a favore delle società ex lege n. 142/90:

–        l’esenzione da tutte le tasse sui conferimenti relativi alla trasformazione di aziende speciali e di aziende municipalizzate in società ex lege n. 142/90 (in prosieguo: l’«esenzione dalle tasse sui conferimenti»);

–        l’esenzione totale triennale dall’imposta sul reddito d’impresa (imposta sul reddito delle persone giuridiche e imposta locale sul reddito), non oltre l’anno fiscale 1999 (in prosieguo: l’«esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa»).

 Procedimento amministrativo

5        In seguito ad una denuncia riguardante le misure in questione, la Commissione, con lettere del 12 maggio, 16 giugno e 21 novembre 1997, ha domandato alle autorità italiane una serie di informazioni.

6        Con lettera datata 17 dicembre 1997, le autorità italiane hanno fornito una parte delle informazioni richieste. Peraltro, su domanda delle autorità italiane, si è svolta una riunione in data 19 gennaio 1998.

7        Con lettera del 17 maggio 1999, la Commissione ha comunicato all’Italia la decisione di avviare il procedimento di cui all’art. 88, n. 2, CE. Questa decisione è stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale delle Comunità europee (GU C 220, pag. 14).

8        Dopo aver ricevuto osservazioni da terzi interessati e dalle autorità italiane, la Commissione ha chiesto più volte a queste ultime la trasmissione di informazioni ulteriori. La Commissione ha inoltre incontrato le autorità italiane ed i terzi interessati intervenuti nel procedimento.

9        Alcune società ex lege n. 142/90, come la ACEA SpA, la AEM SpA e l’Azienda Mediterranea Gas e Acqua SpA (in prosieguo: l’«AMGA»), che, peraltro, hanno presentato ricorsi di annullamento della decisione che è oggetto della presente causa (rispettivamente, cause T 297/02, T 301/02 e T 300/02), hanno sostenuto, in particolare, che le tre categorie di misure in questione non costituivano aiuti di Stato.

10      Le autorità italiane e la Confederazione Nazionale dei Servizi (in prosieguo: la «Confservizi»), confederazione cui aderiscono, segnatamente, le società ex lege n. 142/90 e le aziende speciali comunali in Italia, hanno sostanzialmente aderito a tale tesi.

11      Viceversa, il Bundesverband der deutschen Industrie eV (in prosieguo: il «BDI»), associazione tedesca degli industriali e dei prestatori di servizi e affini, ha osservato che le misure di cui trattasi potrebbero provocare distorsioni di concorrenza non solo in Italia, ma anche in Germania.

12      Analogamente, la Gas-it, associazione italiana di operatori privati del settore della distribuzione del gas, ha osservato che le misure di cui trattasi, in particolare l’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa, costituivano aiuti di Stato.

13      In data 5 giugno 2002 la Commissione ha adottato la decisione 2003/193/CE, relativa all’aiuto di Stato relativo alle esenzioni fiscali e prestiti agevolati concessi dall’Italia in favore di società ex lege n. 142/90 (GU 2003, L 77, pag. 21; in prosieguo: la «decisione controversa»).

 La decisione controversa

14      La Commissione sottolinea anzitutto che la sua inchiesta verte solo su regimi di aiuto di portata generale istituiti con le misure controverse e non su misure individuali di aiuto concesse alle singole imprese, cosicché l’analisi contenuta nella decisione controversa è generale e astratta. Al riguardo, tale istituzione dichiara che la Repubblica italiana «non ha concesso vantaggi fiscali su base individuale e non ha notificato alla Commissione alcun caso individuale di aiuto fornendole tutte le informazioni necessarie per poterlo valutare». Di conseguenza la Commissione si considera obbligata a procedere a un esame generale ed astratto dei regimi di cui trattasi sia in ordine alla loro qualificazione, sia in ordine alla questione della loro compatibilità con il mercato comune (punti 42 45 della decisione controversa).

15      Secondo la Commissione, i prestiti della CDDPP e l’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa (in prosieguo, globalmente: le «misure controverse») costituiscono aiuti di Stato. Infatti, la concessione, mediante risorse dello Stato, di vantaggi di tal genere alle società ex lege n. 142/90 produce l’effetto di rafforzare la loro posizione concorrenziale rispetto a tutte le altre imprese che intendano fornire gli stessi servizi (punti 48 75 della decisione controversa). Le misure controverse sono incompatibili con il mercato comune, in quanto non rispettano né i presupposti ex art. 87, nn. 2 e 3, CE, né quelli ex art. 86, n. 2, CE e violano, inoltre, l’art. 43 CE (punti 94 122 della decisione controversa).

16      Viceversa, secondo la Commissione, l’esenzione dalle tasse sui conferimenti non costituisce un aiuto di Stato ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE, dato che tali tributi sono dovuti all’atto della costituzione di una nuova entità economica o in occasione di trasferimenti patrimoniali tra differenti entità economiche. Orbene, sotto il profilo sostanziale, le imprese municipalizzate, da un lato, e le società ex lege n. 142/90, dall’altro, fanno parte di una stessa entità economica. Pertanto, l’esenzione di tali imprese dalle dette tasse è giustificata dalla natura o dalla struttura del sistema (punti 76 81 della decisione controversa).

17      Il dispositivo della decisione controversa è così formulato:

«Articolo 1

L’esenzione dalle tasse sui conferimenti (…), non costituisce aiuto ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, [CE].

Articolo 2

L’esenzione triennale dall’imposta sul reddito [d’impresa] (…) e i vantaggi derivanti dai prestiti [della CDDPP] (…) costituiscono aiuti di Stato ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, [CE].

Detti aiuti non sono compatibili con il mercato comune.

Articolo 3

L’Italia prende tutti i provvedimenti necessari per recuperare presso i beneficiari l’aiuto concesso in virtù dei regimi di cui all’articolo 2, già posti illegittimamente a loro disposizione.

Il recupero viene eseguito senza indugio e secondo le procedure del diritto nazionale, sempreché queste consentano l’esecuzione immediata ed effettiva della decisione.

L’aiuto da recuperare è produttivo di interessi, decorrenti dalla data in cui l’aiuto è stato posto a disposizione dei beneficiari fino alla data di effettivo recupero, calcolati sulla base del tasso di riferimento utilizzato per il calcolo dell’equivalente sovvenzione nell’ambito degli aiuti a finalità regionale.

(…)».

 Procedimento e conclusioni delle parti

18      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 2 giugno 2003, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

19      Con atto separato, depositato presso la cancelleria del Tribunale il 5 agosto 2003, la Commissione ha sollevato un’eccezione d’irricevibilità a norma dell’art. 114, n. 1, del regolamento di procedura del Tribunale.

20      Il 9 ottobre 2003 la ricorrente ha presentato le sue osservazioni in merito all’eccezione d’irricevibilità.

21      In data 8 agosto 2002, anche la Repubblica italiana ha presentato dinanzi alla Corte un ricorso di annullamento della decisione controversa (causa C 290/02). La Corte ha constatato che quest’ultimo ricorso e quelli presentati nelle cause T 292/02, T 297/02, T 300/02, T 301/02 e T 309/02 vertevano sullo stesso oggetto, vale a dire l’annullamento della decisione controversa, e che erano connessi, poiché i motivi in ciascuna di queste cause coincidevano ampiamente. Con ordinanza 10 giugno 2003, la Corte ha sospeso il procedimento nella causa C 290/02, conformemente all’art. 54, terzo comma, del proprio Statuto, fino alla pronunzia della sentenza del Tribunale nelle cause T 292/02, T 297/02, T 300/02, T 301/02 e T 309/02.

22      Con ordinanza 8 giugno 2004, la Corte ha deciso di rinviare la causa C 290/02 dinanzi al Tribunale, che è divenuto competente a decidere sui ricorsi proposti dagli Stati membri contro la Commissione, conformemente al disposto dell’art. 2 della decisione del Consiglio 26 aprile 2004, 2004/407/CE, Euratom, che modifica gli articoli 51 e 54 del protocollo sullo statuto della Corte di giustizia (GU L 132, pag. 5). Tale causa è stata iscritta sul ruolo del Tribunale con il numero T 222/04.

23      Con ordinanza 5 agosto 2004, il Tribunale ha deciso di pronunciarsi sull’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Commissione unitamente al merito della causa.

24      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Ottava Sezione ampliata) ha deciso di aprire la fase orale e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento di cui all’art. 64 del regolamento di procedura, di porre per iscritto alcuni quesiti alle parti, ai quali queste ultime hanno risposto nel termine stabilito.

25      Con ordinanza 13 marzo 2008 il presidente dell’Ottava Sezione ampliata del Tribunale ha riunito le cause T 292/02, T 297/02, T 300/02, T 301/02, T 309/02, T 189/03 e T 222/04 ai fini della fase orale, conformemente all’art. 50 del regolamento di procedura.

26      Le parti hanno svolto le loro difese orali e hanno risposto ai quesiti posti dal Tribunale all’udienza del 16 aprile 2008.

27      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        dichiarare il ricorso ricevibile;

–        annullare l’art. 2 e, in subordine, l’art. 3 della decisione controversa, nella parte in cui si riferisce all’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa;

–        condannare la Commissione alle spese.

28      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        dichiarare il ricorso irricevibile;

–        in subordine, respingerlo;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 Sulla ricevibilità

 Argomenti delle parti

29      La Commissione nega la legittimazione ad agire della ricorrente. Infatti, quest’ultima non sarebbe individualmente interessata dalla decisione controversa, ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE.

30      La Commissione afferma, in sostanza, che la decisione controversa dev’essere qualificata come atto di portata generale poiché riguarda un regime di aiuti e, quindi, un numero indeterminato e indeterminabile di imprese, definite in funzione di un criterio generale, quale l’appartenenza ad una categoria d’imprese. A suo parere, la portata generale e quindi la natura normativa di un atto non viene messa in forse dalla possibilità di determinare, con maggiore o minore precisione, il numero o addirittura l’identità dei soggetti di diritto ai quali esso si applica in un determinato momento, purché sia assodato che tale applicazione si effettua in ragione di una situazione obiettiva di diritto o di fatto definita dall’atto, in relazione allo scopo di quest’ultimo.

31      Secondo la Commissione, affinché un operatore privato sia individualmente interessato da un atto di portata generale, quest’ultimo deve ledere i suoi diritti specifici o l’istituzione che lo emana dev’essere tenuta a prendere in considerazione le conseguenze di tale atto sulla posizione dell’interessato. La Commissione ritiene tuttavia che ciò non accada nella presente fattispecie. Infatti, la decisione controversa avrebbe inciso sulla situazione di tutte le imprese che hanno beneficiato delle misure controverse. Di conseguenza, non vi sarebbe stata una lesione dei diritti specifici di determinate imprese, che potrebbero perciò distinguersi dalle altre imprese beneficiarie delle misure medesime. D’altronde, in sede di adozione della decisione controversa, la Commissione non avrebbe dovuto né potuto tener conto delle conseguenze dell’emananda decisione sulla posizione di un’impresa in particolare. Né la dichiarazione di incompatibilità, né l’ordine di recupero contenuti nella decisione controversa si riferirebbero alla posizione di singoli beneficiari.

32      La Commissione rileva che la sua analisi è confermata dalla giurisprudenza in materia di aiuti di Stato, secondo la quale il fatto di essere il beneficiario di un regime di aiuti dichiarato incompatibile con il mercato comune non è sufficiente a dimostrare un interesse individuale ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE.

33      Tale giurisprudenza consolidata non sarebbe messa in discussione da cause più recenti. Secondo la Commissione, la soluzione adottata nella sentenza della Corte 19 ottobre 2000, cause riunite C 15/98 e C 105/99, Italia e Sardegna Lines/Commissione (Racc. pag. I 8855; in prosieguo: la «sentenza Sardegna Lines»), non è applicabile a tutti i ricorsi proposti da soggetti che abbiano fruito di aiuti concessi nel quadro di regimi dichiarati illegittimi ed incompatibili e dei quali sia stato ordinato il recupero. La stessa conclusione s’imporrebbe in particolare quando, come nella fattispecie, il regime di aiuti controverso sia stato esaminato in maniera astratta. Inoltre, nella causa definita dalla citata sentenza Sardegna Lines la ricorrente beneficiava di un aiuto individuale, poiché si trattava di un vantaggio accordato in virtù di un atto che era stato adottato sulla base di una legge regionale, chiara manifestazione di un ampio potere discrezionale. Per di più, tale caso sarebbe stato attentamente esaminato nel corso del procedimento d’indagine formale.

34      I fatti esaminati nella presente causa si distinguerebbero parimenti da quelli all’origine della sentenza della Corte 29 aprile 2004, causa C 298/00 P, Italia/Commissione (Racc. pag. I 4087; in prosieguo: la «sentenza Alzetta»), in quanto, nella fattispecie, la Commissione non conosceva il numero esatto né l’identità dei beneficiari degli aiuti in esame, non disponeva di tutte le informazioni rilevanti e non conosceva l’ammontare dell’aiuto concesso nei singoli casi. Inoltre, nel caso presente, l’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa si applicherebbe in via automatica, mentre gli aiuti controversi nella citata causa Alzetta erano stati concessi mediante un atto successivo.

35      Contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, ciò che importa ai fini della ricevibilità non è il fatto che sia nota l’identità di un’impresa, ma che siano state portate all’attenzione della Commissione determinate caratteristiche del caso di specie, tali da richiedere un esame individuale. Ora, nella decisione controversa la Commissione aveva sottolineato che non le era stata fornita nessuna informazione che dimostrasse, nei confronti della ricorrente, che il provvedimento in questione non costituiva un aiuto oppure costituiva un aiuto esistente o compatibile con il mercato comune.

36      Ad ogni modo, né il fatto di aver preso parte al procedimento d’indagine formale previsto dall’art. 88, n. 2, CE, né l’ordine di recuperare gli aiuti contenuto nella decisione controversa sarebbero sufficienti, secondo la Commissione, ad individuare la ricorrente. Infatti, dato che i beneficiari potenziali di un regime di aiuti notificato non sono legittimati ad adire la Corte ai sensi dell’art. 230 CE, altrettanto dovrebbe valere per i beneficiari di un regime di aiuti non notificato.

37      Infine, l’irricevibilità del presente ricorso non si porrebbe in contrasto con il principio di una tutela giurisdizionale effettiva, poiché i rimedi giurisdizionali offerti dagli artt. 241 CE e 234 CE risulterebbero sufficienti (sentenza della Corte 25 luglio 2002, causa C 50/00 P, Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio, Racc. pag. I 6677).

38      La ricorrente sostiene che la decisione controversa la riguarda individualmente e direttamente, in quanto essa è una società ex lege n. 142/90, quindi un’impresa che ha fruito del regime di aiuti censurato nella detta decisione, che ha beneficiato dell’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa e che è interessata dall’ordine di recupero contenuto in quest’ultima.

 Giudizio del Tribunale

39      Ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE, qualsiasi persona fisica o giuridica può proporre un ricorso contro una decisione presa nei confronti di altre persone solo qualora la detta decisione la riguardi direttamente ed individualmente.

40      In base ad una giurisprudenza consolidata, le persone fisiche o giuridiche, diverse dai destinatari di una decisione, possono sostenere che essa le riguarda individualmente solo se detta decisione le concerne a causa di determinate qualità loro particolari e di una situazione di fatto che le contraddistingue rispetto a chiunque altro e, quindi, le individua in modo analogo ai destinatari (sentenze della Corte 15 luglio 1963, causa 25/62, Plaumann/Commissione, Racc. pag. 195, in particolare pag. 220, e 2 aprile 1998, causa C 321/95 P, Greenpeace Council e a./Commissione, Racc. pag. I 1651, punti 7 e 28).

41      La Corte ha pertanto dichiarato che un’impresa non può, in via di principio, impugnare una decisione della Commissione che vieta un regime di aiuti settoriale se è interessata da questa decisione solo a causa della sua appartenenza al settore di cui trattasi e della sua qualità di beneficiaria potenziale di tale regime. Infatti, una tale decisione si presenta, nei confronti dell’impresa ricorrente, come un provvedimento di portata generale che si applica a situazioni determinate obiettivamente e comporta effetti giuridici nei confronti di una categoria di persone considerate in modo generale ed astratto (v. sentenza della Corte 2 febbraio 1988, cause riunite 67/85, 68/85 e 70/85, Van der Kooy e a./Commissione, Racc. pag. 219, punto 15, e sentenza Alzetta, citata nel precedente punto 34, punto 37, e giurisprudenza ivi citata).

42      Tuttavia la Corte, nei punti 34 e 35 della citata sentenza Sardegna Lines (v. il precedente punto 33), ha dichiarato parimenti che l’impresa Sardegna Lines, poiché era interessata dalla decisione oggetto di tale giudizio non solo in quanto impresa del settore della navigazione in Sardegna, potenzialmente beneficiaria del regime di aiuti degli armatori sardi, ma anche nella sua qualità di beneficiaria effettiva di un aiuto individuale concesso a titolo di questo regime e del quale la Commissione aveva ordinato il recupero, era individualmente interessata dalla detta decisione e il suo ricorso contro quest’ultima era ricevibile (v. parimenti, in tal senso, sentenza Alzetta, citata nel precedente punto 34, punto 39).

43      Occorre quindi verificare se la ricorrente possieda la qualità di beneficiaria effettiva di un aiuto individuale, concesso in base a un regime di aiuti settoriale e di cui la Commissione abbia ordinato il recupero (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 20 settembre 2007, causa T 136/05, Salvat père & fils e a./Commissione, Racc. pag. II 4063, punto 70).

44      A questo riguardo occorre rilevare che, in primo luogo, dalla risposta della ricorrente ai quesiti scritti formulati dal Tribunale a tal riguardo si ricava che quest’ultima è realmente beneficiaria effettiva di un aiuto concesso ai sensi del regime di aiuti in questione. Infatti, la ricorrente sostiene di aver goduto, durante il periodo in esame, dell’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa. Questa affermazione non è contestata dalla Repubblica italiana.

45      In secondo luogo, dall’art. 3 della decisione controversa si evince che la Commissione ha disposto il recupero dell’aiuto in questione.

46      Ne deriva che la ricorrente è individualmente interessata dalla decisione controversa.

47      Per quanto riguarda l’interesse diretto della ricorrente, poiché l’art. 3 della decisione controversa obbliga la Repubblica italiana ad adottare tutte le misure necessarie per recuperare presso il beneficiario gli aiuti menzionati dall’art. 2 della medesima decisione, posti illegittimamente a sua disposizione, e poiché la ricorrente ne ha beneficiato e dovrà rimborsarli, quest’ultima dev’essere considerata direttamente interessata dalla suddetta decisione (v., in tal senso, sentenza Salvat père & fils e a./Commissione, citata nel precedente punto 43, punto 75).

48      Da tutto quanto sin qui esposto si ricava che il presente ricorso è ricevibile se e in quanto ha ad oggetto la parte della decisione controversa vertente sull’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa.

 Nel merito

49      La ricorrente deduce cinque motivi a sostegno del proprio ricorso, riguardanti rispettivamente:

–        una violazione dell’art. 87, n. 1, CE nonché dell’obbligo di motivazione, dei principi di buon andamento dell’amministrazione, di certezza del diritto, di tutela del legittimo affidamento e dei diritti fondamentali;

–        una violazione dell’art. 88, n. 1, CE, del regolamento (CE) del Consiglio 22 marzo 1999, n. 659, recante modalità di applicazione dell’articolo [88 CE] (GU L 83, pag. 1), ed un vizio di motivazione;

–        una violazione dell’art. 87, n. 3, lett. c), CE;

–        una violazione dell’art. 86, n. 2, CE, dei principi del legittimo affidamento e di certezza del diritto, nonché un difetto di motivazione;

–        una violazione dell’art. 43 CE e un difetto di motivazione.

 Sul primo motivo, riguardante una violazione dell’art. 87, n. 1, CE nonché dell’obbligo di motivazione, dei principi di buon andamento dell’amministrazione, di certezza del diritto, di tutela del legittimo affidamento e dei diritti fondamentali

 Argomenti delle parti

50      La ricorrente sostiene, fondamentalmente, che l’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa non costituisce un aiuto di Stato ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE e che, al riguardo, la Commissione ha violato l’obbligo di motivazione, i principi di buon andamento dell’amministrazione, di certezza del diritto, di tutela del legittimo affidamento nonché i diritti fondamentali, per non aver effettuato un esame più approfondito.

51      La ricorrente asserisce che, nella fattispecie, la concorrenza e il commercio intracomunitario non sono stati influenzati. Infatti, a suo parere, nel periodo di vigenza dell’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa, e persino successivamente, i settori in cui tale misura operava non erano aperti alla concorrenza.

52      Secondo la ricorrente, la Commissione ha omesso di analizzare il regime dei servizi pubblici in Italia nonché di verificare se i mercati interessati fossero aperti alla concorrenza. D’altronde, secondo la ricorrente, l’assenza di concorrenza costituisce esattamente la ragion d’essere dell’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa.

53      La ricorrente sostiene parimenti che la Commissione ha limitato la propria indagine ai servizi pubblici locali e che pertanto tale istituzione non ha potuto valutare l’incidenza dell’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa su altri mercati. La qualificazione di tale misura come aiuto di Stato non può dipendere, a parere della ricorrente, dalla considerazione secondo cui, in assoluto, le società ex lege n. 142/90 avrebbero potuto operare su mercati diversi da quello dei servizi pubblici locali. Di conseguenza, la Commissione non sarebbe stata in grado né di dimostrare un’incidenza dell’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa su altri mercati, né di utilizzare tale elemento come argomento in base al quale dichiarare l’incompatibilità della detta esenzione con il mercato comune.

54      La ricorrente osserva che la Commissione, affermando che la misura di cui trattasi incideva sulla concorrenza e sugli scambi intracomunitari a motivo del danno subito da alcune imprese straniere, presuppone che queste ultime fossero in concorrenza con le società ex lege n. 142/90. Orbene, questa sarebbe solo un’ipotesi non dimostrata.

55      Inoltre, la natura oggettivamente locale delle attività svolte esclude, a parere della ricorrente, un’incidenza sugli scambi intracomunitari. Orbene, la Commissione non avrebbe verificato se le attività di cui trattasi fossero di natura locale.

56      Secondo la ricorrente, i comuni non hanno messo in concorrenza tra loro le varie imprese al momento di affidare le concessioni dei servizi pubblici. D’altra parte, essi non sarebbero stati tenuti a farlo (v. sentenza della Corte 18 novembre 1999, causa C 107/98, Teckal, Racc. pag. I 8121, e la comunicazione interpretativa della Commissione sulle concessioni nel diritto comunitario – GU 2000, C 121, pag. 2).

57      La ricorrente aggiunge che, anche nel caso in cui fosse contrario alle norme comunitarie in materia di appalti pubblici, l’affidamento diretto di concessioni di servizi pubblici ad alcune imprese esclude un’incidenza sul commercio intracomunitario e, quindi, una violazione dell’art. 87 CE.

58      Inoltre, la Commissione avrebbe omesso di operare una distinzione tra gli affidamenti diretti alle società ex lege n. 142/90 da parte dei comuni, da un lato, e le gare cui le dette società hanno partecipato, dall’altro. La Commissione non avrebbe verificato se alcune società ex lege n. 142/90 e, in particolare, la ricorrente abbiano partecipato ad appalti in territori diversi da quello di riferimento. Al riguardo, la ricorrente precisa che le attività extraterritoriali delle società ex lege n. 142/90 erano, in linea di principio, vietate, sicché essa non poteva partecipare a gare indette al di fuori del suo territorio comunale di origine. La ricorrente invoca altresì l’art. 16 CE, come modificato dall’art. III 122 del Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa (GU 2004, C 310, pag. 1).

59      Nella replica, la ricorrente adduce che la Commissione avrebbe dovuto almeno differenziare la propria analisi a seconda delle varie tipologie giuridiche che presentava il regime oggetto della decisione controversa.

60      Sempre nella replica, la ricorrente respinge la tesi della Commissione secondo cui non è necessario che il Tribunale verifichi l’ambito di attività della ricorrente. Infatti, tale tesi condurrebbe al seguente risultato illogico: il Tribunale, dato il carattere generale ed astratto dell’analisi effettuata nella decisione controversa, dovrebbe limitarsi ad una dichiarazione generale circa l’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa, anche nel caso in cui la ricorrente riuscisse a provare l’inapplicabilità della detta esenzione alla sua situazione particolare. Orbene, tale epilogo sarebbe ingiusto e priverebbe la ricorrente di una tutela giurisdizionale effettiva.

61      La ricorrente rileva infine l’illegittimità dell’ordine di recupero rivolto alla Repubblica italiana, di cui all’art. 3 della decisione controversa. Infatti, secondo la ricorrente i beneficiari dell’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa sono obbligati, in forza del detto ordine di recupero, a rimborsare l’agevolazione ricevuta, anche se abbiano operato esclusivamente in settori sottratti alla concorrenza. Da un lato, nella decisione controversa, la Commissione non indicherebbe gli elementi e i criteri che consentano alle autorità italiane di distinguere gli aiuti esistenti o compatibili dagli aiuti colpiti dall’ordine di recupero. Dall’altro, il Trattato CE non prevedrebbe il potere degli Stati membri di valutare essi stessi la compatibilità degli aiuti con il mercato comune. Ne deriva, secondo la ricorrente, che la Commissione ha imposto il recupero di tutti gli aiuti percepiti a titolo dell’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa. Ciò, sempre secondo la ricorrente, darebbe luogo alla presentazione di un numero considerevole di ricorsi dinanzi ai giudici nazionali i quali, a loro volta, sottoporrebbero alla Corte, in forza dell’art. 234 CE, la questione vertente sulla validità della decisione controversa. A parere della ricorrente, spetterebbe quindi alla Corte analizzare i molteplici aspetti della posizione dei beneficiari. Una siffatta situazione non si sarebbe presentata se la Commissione avesse compiuto un esame completo degli elementi giuridici e della normativa applicabile nei settori considerati.

62      Secondo la ricorrente, dalle precedenti considerazioni risulta anche che la Commissione ha violato l’obbligo di motivazione.

63      La Commissione critica gli argomenti della ricorrente e ritiene che la decisione controversa sia sufficientemente motivata.

 Giudizio del Tribunale

64      Si deve rammentare preliminarmente che, ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE, per qualificare un provvedimento come aiuto è necessario che tutti i presupposti previsti da tale disposizione siano soddisfatti. In primo luogo, deve trattarsi di un intervento dello Stato o effettuato mediante risorse statali. In secondo luogo, tale intervento deve poter incidere sugli scambi tra Stati membri. In terzo luogo, deve concedere un vantaggio selettivo. In quarto luogo, deve falsare o minacciare di falsare la concorrenza (sentenze della Corte 24 luglio 2003, causa C 280/00, Altmark Trans e Regierungspräsidium Magdeburg, Racc. pag. I 7747, in prosieguo: la «sentenza Altmark», punti 74 e 75, e 3 marzo 2005, causa C 172/03, Heiser, Racc. pag. I 1627, punto 27).

65      Nel presente causa, è giocoforza constatare che la ricorrente sostiene che due dei quattro presupposti da soddisfare per qualificare un provvedimento come aiuto di Stato, ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE, ossia quelli relativi all’incidenza sugli scambi intracomunitari e sulla concorrenza, non sono soddisfatti nel caso di specie.

66      A questo riguardo, secondo una costante giurisprudenza, nell’ambito della sua valutazione di tali due presupposti, la Commissione non è tenuta a dimostrare un’incidenza effettiva degli aiuti sugli scambi tra Stati membri e un’effettiva distorsione della concorrenza, ma deve solamente esaminare se i detti aiuti siano idonei a incidere su tali scambi e a falsare la concorrenza (v. sentenza della Corte 15 dicembre 2005, causa C 148/04, Unicredito Italiano, Racc. pag. I 11137, punto 54, e giurisprudenza ivi citata).

67      Occorre parimenti ricordare che, nel caso di un programma di aiuti, la Commissione può limitarsi a studiare le caratteristiche del programma di cui trattasi per valutare, nella motivazione della sua decisione, se, in base alle modalità previste da tale programma, questo sia tale da giovare essenzialmente a imprese che partecipano agli scambi tra Stati membri (sentenza della Corte 7 marzo 2002, causa C 310/99, Italia/Commissione, Racc. pag. I 2289).

68      Va peraltro ricordato che qualsiasi aiuto concesso ad un’impresa che eserciti le sue attività sul mercato comunitario è idoneo a causare distorsioni di concorrenza e ad incidere sugli scambi fra Stati membri (v. sentenza del Tribunale 6 marzo 2002, cause riunite T 92/00 e T 103/00, Diputación Foral de Álava/Commissione, Racc. pag. II 1385, punto 72, e giurisprudenza ivi citata).

69      Inoltre, non esiste un livello o una percentuale al di sotto dei quali si possa ritenere che gli scambi tra Stati membri non siano alterati. Infatti, l’entità relativamente esigua di un aiuto o le dimensioni relativamente modeste dell’impresa beneficiaria non escludono a priori un’eventuale alterazione degli scambi tra Stati membri (sentenze della Corte 21 marzo 1990, causa C 142/87, Belgio/Commissione, detta «Tubemeuse», Racc. pag. I 959, punto 43; 14 settembre 1994, cause riunite da C 278/92 a C 280/92, Spagna/Commissione, Racc. pag. I 4103, punto 42, e sentenza Altmark, citata nel precedente punto 64, punto 81).

70      La Corte ha sottolineato inoltre che non è affatto escluso che una sovvenzione pubblica, concessa a un’impresa attiva solo nella gestione di servizi di trasporto locale o regionale e non di servizi di trasporto al di fuori del suo Stato d’origine, possa incidere nondimeno sugli scambi tra Stati membri ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE. Infatti, quando uno Stato membro concede una sovvenzione pubblica a un’impresa, la fornitura di servizi di trasporto da parte della suddetta impresa può risultarne invariata o incrementata, con la conseguenza che le opportunità delle imprese aventi sede in altri Stati membri di fornire i loro servizi di trasporto sul mercato di tale Stato membro ne risultano diminuite (sentenza Altmark, citata nel precedente punto 64, punti 77 e 78).

71      Nel caso di specie, occorre constatare anzitutto che il regime di aiuti in questione concerne una specifica categoria di imprese, ossia le società ex lege n. 142/90. Il fatto di essere una società di tal genere costituisce l’unica condizione richiesta per poter godere del detto regime.

72      Va poi rilevato che l’applicazione del regime di esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa non è confinata a servizi particolari e che l’attività delle società ex lege n. 142/90 non è limitata al settore dei servizi pubblici.

73      Ne consegue che, nelle circostanze del caso di specie, la Commissione non era tenuta a prendere in considerazione ciascun tipo di attività o di mercato al fine di valutare gli effetti dell’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa.

74      Peraltro, occorre constatare che, sebbene la ricorrente abbia certamente sostenuto che le società ex lege n. 142/90 non operavano sui mercati aperti alla concorrenza (facendo specifico riferimento ai propri settori di attività), essa non ha fornito nessuna prova valida al fine di dimostrare l’affermazione secondo cui i settori economici dei servizi pubblici interessati non erano aperti alla concorrenza all’epoca dei fatti. A questo riguardo occorre ricordare che si tratta, nel caso di specie, di un regime di aiuti comprendente una molteplicità di settori e non di diversi regimi di aiuti vertenti ciascuno su un settore specifico.

75      Occorre inoltre osservare che, come indicato dalla Commissione nei punti 73 e 84 della decisione controversa, alcuni dei settori interessati, quali quelli dei prodotti farmaceutici, dei rifiuti, del gas, dell’elettricità e dell’acqua, erano contrassegnati da un certo grado di concorrenza all’epoca dell’entrata in vigore della misura in questione.

76      Va rilevato inoltre che, nei settori di attività delle società ex lege n. 142/90, le imprese concorrono per aggiudicarsi le concessioni di servizi pubblici locali nei diversi comuni e che il mercato delle concessioni è un mercato aperto alla concorrenza (punti 67 e 68 della decisione controversa). Poco importa che la ricorrente abbia partecipato o meno a bandi di gara per l’attribuzione di servizi pubblici locali in altre zone geografiche durante il periodo di applicazione dell’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa.

77      L’argomento ricavato dalla mancanza di una concorrenza e pertanto di un’incidenza sugli scambi interstatali per il fatto che, in realtà, i servizi interessati sarebbero stati direttamente attribuiti alle società ex lege n. 142/90 dev’essere respinto. Da un lato, l’attribuzione diretta non inficia la constatazione effettuata nei punti precedenti, secondo la quale il mercato di cui trattasi era contrassegnato, quanto meno, da un certo grado di concorrenza. Dall’altro, l’argomento tenderebbe piuttosto a dimostrare gli effetti restrittivi del provvedimento in questione sulla concorrenza e non la mancanza di concorrenza sul mercato interessato. Infatti, come sottolinea la Commissione nel punto 71 della decisione controversa, non si può escludere che l’esistenza stessa dell’aiuto in favore delle società ex lege n. 142/90 abbia creato un incentivo per i comuni ad affidare loro direttamente i servizi anziché rilasciare concessioni mediante gare d’appalto.

78      Per quanto riguarda la questione della possibilità che il provvedimento in questione abbia falsato o rischiato di falsare il grado di concorrenza esistente sul mercato, va constatato che la misura di cui trattasi ha rafforzato la posizione concorrenziale delle società ex lege n. 142/90 rispetto a tutte le altre imprese italiane o straniere operanti sul mercato interessato. Come rileva giustamente la Commissione nel punto 62 della decisione controversa, le imprese la cui forma giuridica non sia quella di società per azioni, e il cui capitale non sia maggioritariamente detenuto da enti locali, si trovano in posizione svantaggiata qualora intendano gareggiare per l’aggiudicazione della fornitura di un determinato servizio in un certo territorio.

79      Inoltre, le attività delle società ex lege n. 142/90 non sono limitate al settore dei servizi pubblici locali. Di conseguenza, il provvedimento in questione può facilitare l’espansione delle dette società su altri mercati aperti alla concorrenza, producendo così effetti distorsivi pure in settori diversi da quelli dei servizi pubblici locali. In tale contesto, dalla legge n. 142/90, nell’interpretazione datane dalla Corte suprema di cassazione con sentenza 6 maggio 1995, n. 4989, e dal Consiglio di Stato con sentenza 3 settembre 2001, n. 4586, si evince che le società ex lege n. 142/90 hanno facoltà di operare in zone diverse sia in Italia che all’estero e in ambiti diversi da quelli dei servizi pubblici indicati dallo statuto, salvo il caso in cui ciò distolga risorse e mezzi in misura apprezzabile e tale da recar danno alla collettività di riferimento. Del resto, dagli articoli di stampa allegati al controricorso risulta che almeno talune delle società ex lege n. 142/90 hanno esercitato attività diverse da quelle di pubblico servizio indicate nel loro statuto, e ciò in zone diverse dal loro comune di riferimento.

80      Per quanto concerne il presupposto relativo all’incidenza sugli scambi interstatali, occorre ricordare anzitutto che la circostanza che le società ex lege n. 142/90 operino soltanto sul loro mercato nazionale o sul loro territorio di origine non è determinante. Infatti, gli scambi interstatali sono alterati dal provvedimento in questione quando le opportunità delle imprese con sede in altri Stati membri di fornire i loro servizi sul mercato italiano si trovano ridotte (v. il precedente punto 70).

81      Pertanto, la Commissione ha constatato giustamente, nel punto 70 della decisione controversa, che il provvedimento in questione poteva creare un ostacolo alle imprese straniere che intendessero installarsi o vendere i loro servizi in Italia e quindi incideva sugli scambi intracomunitari, ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE.

82      Infatti, da un lato, la misura in esame danneggia le imprese straniere partecipanti a gare per concessioni di servizi pubblici locali in Italia, dato che le imprese pubbliche beneficiarie del regime in oggetto possono concorrere a prezzi più competitivi rispetto ai loro concorrenti nazionali o comunitari, che non ne beneficiano. Dall’altro, la misura in questione rende meno attraente per le imprese di altri Stati membri l’investimento nel settore dei servizi pubblici locali in Italia (ad esempio, mediante acquisto di partecipazione di maggioranza), poiché le aziende eventualmente acquisite non potrebbero beneficiare (o potrebbero perdere) l’aiuto di cui trattasi, in conseguenza della natura dei nuovi azionisti (v. il punto 69 della decisione controversa).

83      Da quanto precede risulta che la Commissione non ha commesso errori, ritenendo che i presupposti relativi all’incidenza sugli scambi tra Stati membri e alla distorsione della concorrenza fossero soddisfatti nel caso di specie.

84      Per quanto concerne il presunto difetto di motivazione della decisione controversa in merito a questi due presupposti, occorre ricordare che la Commissione ha chiarito sufficientemente, rispettivamente nei punti 62 64, 69, 73 e 74 della decisione controversa, le ragioni per le quali essa aveva ritenuto che l’aiuto in questione fosse tale da falsare la concorrenza ed incidere sugli scambi interstatali tra gli Stati membri. Inoltre, come già è stato rilevato, la Commissione non è tenuta a dimostrare le effettive conseguenze di aiuti già concessi (sentenza della Corte 14 febbraio 1990, causa C 301/87, Francia/Commissione, Racc. pag. I 307, punto 33).

85      In merito all’ordine di recupero, va ricordato che, in base a una giurisprudenza consolidata, la soppressione di un aiuto illegittimo mediante recupero, così come il versamento, eventualmente, dei relativi interessi, è la logica conseguenza dell’accertamento della sua incompatibilità con il mercato comune (sentenze della Corte Tubemeuse, citata nel precedente punto 69, punto 66; 14 gennaio 1997, causa C 169/95, Spagna/Commissione, Racc. pag. I 135, punto 47, e 29 giugno 2004, causa C 110/02, Commissione/Consiglio, Racc. pag. I 6333, punto 41).

86      A questo proposito occorre rilevare anche che questa giurisprudenza si applica sia a un aiuto individuale, sia ad aiuti versati in applicazione di un regime di aiuti.

87      Tuttavia, l’analisi generale ed astratta di un regime di aiuti non esclude che, in un caso individuale, l’importo concesso in base al detto regime sfugga al divieto previsto dall’art. 87, n. 1, CE, per esempio a causa del fatto che la concessione individuale di un aiuto ricade nelle norme de minimis. Questa considerazione spiega le riserve formulate nei punti 72, 85 e 126 della decisione controversa.

88      Indubbiamente, il ruolo delle autorità nazionali si limita, quando la Commissione adotta una decisione che dichiara un aiuto incompatibile con il mercato comune, a dare esecuzione a questa decisione e le medesime non dispongono, a tale riguardo, di nessuna discrezionalità (sentenza della Corte 22 marzo 1977, causa 78/76, Steinicke & Weinlig, Racc. pag. 595, punto 10). Ciò non impedisce alle autorità nazionali, in sede di esecuzione della detta decisione, di tener conto delle menzionate riserve. Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la Commissione ordina soltanto il recupero degli aiuti ai sensi dell’art. 87 CE e non degli importi che, benché versati a titolo del regime in questione, non costituiscono aiuti o costituiscono aiuti esistenti o compatibili con il mercato comune, in forza di un regolamento di esenzione o delle norme de minimis o ancora di un’altra decisione della Commissione. A questo proposito, occorre ricordare che il giudice nazionale è competente ad interpretare le nozioni di aiuto e di aiuto esistente e può pronunciarsi sulle eventuali peculiarità di questo o quell’altro caso specifico in cui occorra applicarle, eventualmente proponendo una questione pregiudiziale alla Corte.

89      Per di più, accogliere la tesi della ricorrente, secondo cui la valutazione in astratto di un regime di aiuti, senza un esame dettagliato dei casi individuali cui esso si applica, non può dar luogo ad un ordine di recupero, equivarrebbe ad eliminare sistematicamente la possibilità di recuperare gli aiuti indebitamente versati e quindi svuoterebbe di significato gli artt. 87 CE e 88 CE. In un’ipotesi del genere, la Commissione, unica autorità competente a valutare la compatibilità degli aiuti con il mercato comune, si troverebbe nell’impossibilità di esaminare l’infinita quantità di casi cui si applicano i regimi di aiuti.

90      Da quanto sin qui esposto discende che il primo motivo va respinto.

 Sul secondo motivo, relativo ad una violazione dell’art. 88, n. 1, CE, del regolamento n. 659/1999 e ad un vizio di motivazione

 Argomenti delle parti

91      Con tale motivo, la ricorrente sostiene che, anche qualora si dovesse considerare l’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa come un aiuto di Stato, si tratterebbe comunque di un aiuto esistente e, di conseguenza, con la decisione controversa, la Commissione avrebbe violato l’art. 88 CE e l’art. 1, lett. b), i) e v), del regolamento n. 659/1999. Essa invoca inoltre un vizio di motivazione al riguardo.

92      In primo luogo, la ricorrente ritiene che l’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa, qualora fosse considerata un aiuto di Stato, costituisca un aiuto esistente ai sensi dell’art. 1, lett. b), v), del regolamento n. 659/1999, poiché nel periodo di riferimento i mercati interessati operavano in assenza di concorrenza. La Commissione avrebbe omesso di verificare se i settori interessati fossero sottratti alla concorrenza e avrebbe omesso di motivare la decisione controversa su tale punto.

93      In secondo luogo, la ricorrente sostiene che la gestione di servizi d’interesse pubblico in regime di monopolio da parte dei comuni e delle aziende municipalizzate è stata esonerata da imposta fin dagli inizi del secolo scorso. La ricorrente cita, tra gli altri, il decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, recante approvazione del testo unico delle imposte sui redditi (Supplemento ordinario alla GURI n. 302 del 31 dicembre 1986). Essa mette in rilievo che tale regime di esenzione non è mai stato oggetto di contestazione da parte della Commissione in passato. Secondo la ricorrente, vi è stata continuità tra, da un lato, il regime fiscale di cui beneficiavano i comuni e le aziende municipalizzate per le attività di gestione dei servizi pubblici locali e, dall’altro, l’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa per le società ex lege n. 142/90. Infatti, le aziende municipalizzate e le dette società costituirebbero sostanzialmente la medesima entità, con una veste giuridica diversa. Le società ex lege n. 142/90 avrebbero ereditato i diritti e gli obblighi delle aziende municipalizzate. La ratio dell’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa consisterebbe nell’assenza di concorrenza, che era una caratteristica dei mercati interessati sia anteriormente all’entrata in vigore del Trattato CE che durante il periodo compreso tra il 1997 ed il 1999. Pertanto, poco importerebbe la forma giuridica delle imprese cui era demandata l’esecuzione dei servizi pubblici. Peraltro, le riforme approvate dal legislatore italiano negli anni ‘90 non avrebbero modificato nulla al di fuori della forma giuridica e del trattamento degli operatori di cui trattasi. Si tratterebbe di uno strumento giuridico normale, idoneo ad agevolare il passaggio ad un regime concorrenziale nei settori interessati. Orbene, nella decisione controversa la Commissione non spiegherebbe perché il principio di continuità applicato nel punto 78 della decisione medesima non si applichi ai fini della qualificazione dell’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa quale aiuto esistente.

94      I presupposti individuati dalla sentenza della Corte 9 agosto 1994, causa C 44/93, Namur-Les assurances du crédit (Racc. pag. I 3829; in prosieguo: la «sentenza Namur», punto 33), affinché un aiuto sia considerato esistente, sarebbero soddisfatti nel caso di specie. Infatti, la sfera d’attività e il beneficio in questione sarebbero rimasti i medesimi. Per di più, le società ex lege n. 142/90 non sarebbero state libere di operare sul mercato alla ricerca di migliori opportunità commerciali, avrebbero avuto come scopo la fornitura di servizi pubblici e avrebbero evidenziato uno stretto collegamento con il comune di riferimento, nel senso che era loro vietato operare al di fuori del territorio comunale (sentenze del Consiglio di Stato 10 marzo 1997, n. 243, e della Corte suprema di cassazione 6 maggio 1995, n. 4989).

95      Anche se si dovesse ritenere che i presupposti stabiliti dalla citata sentenza Namur (v. il precedente punto 94) non siano soddisfatti, la decisione controversa sarebbe viziata da errore per quanto concerne la qualificazione come aiuto nuovo dell’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa. Infatti, i criteri stabiliti dalla sentenza Namur dovrebbero essere applicati nel caso di specie, alla luce del diverso contesto giuridico applicabile e della natura non concorrenziale dei settori specificamente interessati.

96      La Commissione, facendo richiamo ai punti 86 91 della decisione controversa, ritiene che questo motivo vada respinto.

 Giudizio del Tribunale

97      Nel punto 13 della sua sentenza Namur, citata nel precedente punto 94, la Corte ha dichiarato che emerge sia dalla lettera sia dalla finalità delle disposizioni dell’art. 88 CE che devono essere considerati aiuti esistenti ai sensi dell’art. 88, n. 1, CE gli aiuti che esistevano prima della data di entrata in vigore del Trattato CE e quelli cui sia stata regolarmente data esecuzione alle condizioni previste dall’art. 88, n. 3, CE, ivi compresi quelli risultanti dall’interpretazione data a tale articolo dalla Corte nella sentenza 11 dicembre 1973, causa 120/73, Lorenz (Racc. pag. 1471, punti 4 6), mentre devono considerarsi nuovi aiuti, soggetti all’obbligo di notifica previsto da quest’ultima disposizione, i provvedimenti diretti ad istituire o modificare aiuti, con la precisazione che le modifiche possono vertere vuoi su aiuti esistenti vuoi su progetti iniziali notificati alla Commissione.

98      Per quanto concerne gli aiuti esistenti, l’art. 1, lett. b), del regolamento n. 659/1999 ha ripreso e sancito le norme fissate dalla giurisprudenza.

99      Ai sensi di questa disposizione, costituisce aiuto esistente:

i)       qualsiasi aiuto esistente nello Stato membro interessato prima dell’entrata in vigore del Trattato CE;

ii)       qualsiasi aiuto autorizzato, ossia i regimi di aiuti e gli aiuti individuali che siano stati autorizzati dalla Commissione o dal Consiglio;

iii)  qualsiasi aiuto che si possa considerare autorizzato in caso di mancata adozione, da parte della Commissione, di una decisione entro il termine di due mesi, in linea di principio decorrenti dal giorno successivo a quello del ricevimento della sua notificazione completa, e di cui la Commissione dispone al fine di effettuare un esame preliminare;

iv)       qualsiasi aiuto nei confronti del quale sia scaduto il termine di prescrizione decennale in materia di recupero;

v)       qualsiasi aiuto considerato esistente in quanto possa essere dimostrato che al momento della sua attuazione non costituiva aiuto, ma lo è diventato successivamente a causa dell’evoluzione del mercato comune e senza aver subito modifiche da parte dello Stato membro. Qualora alcune misure diventino aiuti in seguito alla liberalizzazione di un’attività da parte del diritto comunitario, dette misure non sono considerate aiuti esistenti dopo la data fissata per la liberalizzazione.

100    Inoltre, ai sensi dell’art. 1, lett. c), del detto regolamento, qualsiasi modifica di un aiuto esistente dev’essere considerata come aiuto nuovo.

101    In sostanza, le misure dirette a istituire aiuti o a modificare aiuti esistenti costituiscono aiuti nuovi. In particolare, quando la modifica incide sul regime iniziale proprio a livello dei suoi contenuti, questo regime si trova trasformato in un nuovo regime di aiuti. Tuttavia, non può parlarsi di una siffatta modifica sostanziale qualora l’elemento nuovo sia chiaramente separabile dal regime iniziale (sentenza del Tribunale 30 aprile 2002, cause riunite T 195/01 e T 207/01, Government of Gibraltar, Racc. pag. II 2309, punti 109 111).

102    Nel caso di specie, è pacifico che l’esenzione non rientra nella seconda, terza e quarta ipotesi previste dall’art. 1, lett. b), del regolamento n. 659/1999, le quali consentono di considerare un provvedimento di aiuti come aiuto esistente. Per di più, queste ultime non sono state richiamate dalla ricorrente.

103    Per quanto riguarda la prima ipotesi prevista dall’art. 1, lett. b), del regolamento n. 659/1999, occorre rilevare anzitutto che l’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa è stata istituita mediante il decreto legge n. 331/93 e mediante la legge n. 549/95. Nel 1990, quando la legge n. 142/90 ha varato una riforma degli strumenti giuridici organizzativi a disposizione dei comuni al fine di gestire i servizi pubblici locali, che comprendeva la facoltà di istituire società a responsabilità limitata a prevalente capitale pubblico, per queste società non è stata prevista nessuna esenzione dall’imposta sul reddito d’impresa.

104    Infatti, tutte le società ex lege n. 142/90 costituite tra il 1990 e l’entrata in vigore, il 30 agosto 1993, dell’art. 66 del decreto legge n. 331/93 erano soggette all’imposta sui redditi.

105    Di conseguenza, come giustamente sostenuto dalla Commissione nel punto 91 della decisione controversa, per estendere alle società ex lege n. 142/90 il regime fiscale applicabile agli enti locali, il legislatore italiano ha dovuto adottare una nuova legislazione vari decenni dopo l’entrata in vigore del Trattato CE.

106    Inoltre, anche ipotizzando che l’esenzione dalle imposte per le imprese municipalizzate sia stata introdotta prima dell’entrata in vigore del Trattato CE e che essa sia rimasta in vigore sino al 1995, resta pur vero che le società ex lege n. 142/90 si distinguono sostanzialmente dalle imprese municipalizzate. Ebbene, l’estensione delle agevolazioni fiscali esistenti per le imprese municipalizzate e speciali a una nuova categoria di beneficiari, quali le società ex lege n. 142/90, costituisce una modifica separabile dal regime iniziale. Infatti, come rilevato nella sentenza del Consiglio di Stato 3 settembre 2001, n. 4586, esistono differenze giuridiche tra le società ex lege n. 142/90 e le imprese municipalizzate dovute al fatto che, in particolare, le prime non sono soggette alla rigorosa limitazione territoriale imposta alle seconde e che la sfera d’attività delle prime è molto più estesa. Infatti, come già sottolineato nel precedente punto 79, le società ex lege n. 142/90 hanno la facoltà di operare al di fuori del territorio di riferimento, sia in Italia che all’estero, e in ambiti diversi da quello del servizio pubblico previsto dal loro statuto, a meno che ciò sottragga risorse e mezzi in misura rilevante e tale da recar danno alla collettività di riferimento.

107    Di conseguenza, come spiegato dalla Commissione nel punto 92 della decisione controversa, anche se le società ex lege n. 142/90 sono subentrate nei diritti e nei doveri alle imprese municipalizzate, la normativa che stabilisce la loro sfera di attività materiale e geografica è mutata a livello sostanziale.

108    Di conseguenza, è giocoforza concludere che l’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa, istituita dal combinato disposto degli artt. 3, n. 70, della legge n. 549/95, e 66, comma 14, del decreto legge n. 331/93 non rientra nella sfera dell’art. 1, lett. b), i), del regolamento n. 659/1999.

109    Per quanto riguarda l’altra tesi della ricorrente, basata sull’art. 1, lett. b), v), del regolamento n. 659/1999, il quale prevede che costituiscono aiuti esistenti i provvedimenti che al momento della loro attuazione non costituivano aiuti, ma che lo siano diventati successivamente a causa dell’evoluzione del mercato comune e senza aver subito modifiche da parte dello Stato membro, basta constatare, come spiegato dalla Commissione nei punti 83 85 della decisione controversa, che l’aiuto è stato istituito in un momento in cui i mercati erano comunque aperti alla concorrenza, anche se assai verosimilmente a diversi livelli. Di conseguenza, occorre giudicare che l’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa non ricade nell’ambito dell’art. 1, lett. b), v), del regolamento n. 659/1999.

110    Per questo motivo, non si può concludere nel senso dell’esistenza di un vizio di motivazione. La circostanza che esistesse un certo grado di concorrenza nel settore di operatività delle società ex lege n. 142/90 era la ragione per la quale la Commissione ha respinto l’argomento in base al quale la misura in questione doveva considerarsi come aiuto esistente (punti 82 85 della decisione controversa).

111    Ne consegue che il secondo motivo dev’essere respinto.

 Sul terzo motivo, relativo ad una violazione dell’art. 87, n. 3, lett. c), CE

 Argomenti delle parti

112    La ricorrente sostiene che la Commissione ha commesso un errore, avendo escluso che l’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa potesse costituire un aiuto di Stato compatibile con il mercato comune ai sensi dell’art. 87, n. 3, lett. c), CE.

113    Secondo la ricorrente, la compatibilità dell’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa con il mercato comune in base alla detta disposizione deriva dal fatto che tale misura ha permesso di realizzare la trasformazione delle aziende municipalizzate, nonché il passaggio ad un mercato concorrenziale, e avrebbe inoltre consentito alle dette società di prendere gradatamente conoscenza dei meccanismi che regolano il diritto privato. La Commissione non avrebbe tenuto conto di tali circostanze.

114    La Commissione, facendo richiamo ai punti 97 e segg. della decisione controversa, critica la fondatezza degli argomenti della ricorrente.

 Giudizio del Tribunale

115    Occorre anzitutto ricordare che la Commissione dispone di un ampio potere discrezionale nella materia disciplinata dall’art. 87, n. 3, CE (sentenza della Corte 24 febbraio 1987, causa 310/85, Deufil/Commissione, Racc. pag. 901, punto 18). Il controllo operato dal giudice comunitario deve limitarsi pertanto alla verifica del rispetto delle norme di procedura e dell’obbligo di motivazione, nonché dell’esattezza materiale dei fatti, dell’assenza di errori manifesti di valutazione nonché di uno sviamento di potere.

116    Inoltre, in base ad una giurisprudenza consolidata, per essere dichiarati compatibili con il mercato comune ai sensi dell’art. 87, n. 3, lett. c), CE, gli aiuti ad imprese in difficoltà devono essere connessi a un piano di ristrutturazione coerente, che va presentato alla Commissione corredato di tutte le necessarie precisazioni (sentenza della Corte 22 marzo 2001, causa C 17/99, Francia/Commissione, Racc. pag. I 2481, punto 45).

117    Nel caso di specie, si ricava dal fascicolo che non sussistevano i requisiti che consentissero all’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa di godere della deroga prevista dall’art. 87, n. 3, lett. c), CE. La detta esenzione non mirava a ripristinare la redditività dei beneficiari e non era riservata ad imprese in difficoltà. Per di più, non erano stati previsti né piani di ristrutturazione né misure destinate a compensare le distorsioni della concorrenza inerenti alla concessione degli aiuti in questione (punti 97 e segg. della decisione controversa).

118    Per quanto riguarda l’argomento secondo il quale il provvedimento in questione avrebbe agevolato il passaggio da un’economia di mercato monopolistica ad una di tipo concorrenziale basti rilevare, come ha fatto giustamente la Commissione, che l’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa non può aver facilitato il passaggio ad un regime di concorrenza sui mercati interessati perché ivi un certo grado di concorrenza esisteva già nella maggior parte dei casi, ed anche perché la detta misura ha falsato la concorrenza, rafforzando la posizione di taluni operatori.

119    Pertanto il terzo motivo dev’essere respinto.

 Sul quarto motivo, attinente ad una violazione dell’art. 86, n. 2, CE, dei principi del legittimo affidamento e della certezza del diritto, nonché ad un difetto di motivazione

 Argomenti delle parti

120    Nell’ambito di questo motivo, la ricorrente asserisce sostanzialmente che la Commissione, nella decisione controversa, ha commesso un errore poiché, quando ha verificato se l’art. 86, n. 2, CE fosse applicabile nella fattispecie, non ha tenuto sufficientemente conto dell’art. 16 CE, introdotto dal Trattato di Amsterdam. L’art. 86, n. 2, CE dovrebbe essere interpretato anche alla luce dell’art. III 122 del Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa. Poiché si tratta di un ambito particolare, la Commissione non avrebbe dovuto applicare norme e criteri generali. Inoltre, all’epoca in cui è stata adottata la decisione controversa non era chiaro, secondo la ricorrente, se le norme in materia di servizi d’interesse generale in Europa (GU 2001, C 17, pag. 4) si applicassero al settore dei servizi pubblici. Orbene, la Commissione avrebbe ignorato tale circostanza. Da questa incertezza del diritto deriverebbe inoltre una violazione dei principi della tutela del legittimo affidamento e della certezza del diritto. La ricorrente invoca altresì un difetto di motivazione al riguardo.

121    La Commissione sostiene che, ai sensi dell’art. 86, n. 2, CE, la corresponsione di un aiuto può sfuggire al divieto di cui all’art. 87 CE purché, in particolare, l’aiuto di cui trattasi consenta di adempiere un compito d’interesse pubblico, definito e attribuito con atto della pubblica autorità, e il vantaggio derivante dall’aiuto concesso si limiti rigorosamente a compensare i costi supplementari generati dall’adempimento degli obblighi di servizio pubblico. La ricorrente non avrebbe dimostrato che ciò si sia verificato per il provvedimento in questione.

 Giudizio del Tribunale

122    È importante sottolineare anzitutto che, nel caso di specie, si discute di un regime di aiuti. Pertanto, occorre dimostrare che questo regime soddisfa tutti i presupposti o per sfuggire alla qualificazione di aiuto di Stato, di cui all’art. 87, n. 1, CE, o per poter godere della deroga prevista dall’art. 86, n. 2, CE.

123    A questo proposito, occorre ricordare che un intervento statale che costituisce una compensazione diretta a rappresentare la contropartita delle prestazioni effettuate dalle imprese beneficiarie per assolvere obblighi di servizio pubblico, in modo tale che tali imprese non traggono, in realtà, un vantaggio finanziario e che il suddetto intervento non ha quindi l’effetto di collocarle in una posizione concorrenziale più favorevole rispetto alle imprese che fanno loro concorrenza, non costituisce, in linea di principio, aiuto di Stato ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE (v., in tal senso, sentenza Altmark, citata nel precedente punto 64, punto 87).

124    Tuttavia, affinché una siffatta compensazione possa sottrarsi alla qualificazione di aiuto di Stato, devono ricorrere cumulativamente taluni presupposti. Tra questi compare il presupposto secondo il quale l’impresa beneficiaria dev’essere effettivamente incaricata dell’adempimento di obblighi di pubblico servizio, definiti in modo chiaro (sentenza Altmark, citata nel precedente punto 64, punto 89), nonché quello per cui la compensazione non può eccedere quanto necessario per coprire interamente o in parte i costi originati dall’adempimento degli obblighi di servizio pubblico, tenendo conto dei relativi introiti nonché di un margine di utile ragionevole per il suddetto adempimento (sentenza Altmark, cit., punto 92).

125    Occorre rilevare che l’adozione della decisione impugnata è precedente alla pronuncia della sentenza Altmark (citata nel precedente punto 64). Tuttavia, i criteri enunciati in tale sentenza, risultanti da un’interpretazione dell’art. 87, n. 1, CE, sono pienamente applicabili alla situazione di fatto e di diritto di cui alla presente fattispecie, quale si presentava alla Commissione allorché ha adottato la decisione controversa (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 12 febbraio 2008, causa T 289/03, BUPA e a./Commissione, Racc. pag. II 741, punto 158).

126    La prima condizione enunciata nella sentenza Altmark, citata nel precedente punto 64, secondo la quale l’impresa beneficiaria dev’essere effettivamente incaricata dell’esecuzione di obblighi di pubblico servizio, si applica anche nel caso in cui sia stata invocata la deroga prevista dall’art. 86, n. 2, CE.

127    In entrambi i casi, una misura deve soddisfare comunque i principi, da un lato, di definizione ed attribuzione del servizio pubblico e, dall’altro, di proporzionalità (v., in tal senso, sentenza BUPA e a./Commissione, citata nel precedente punto 125, punto 160).

128    A questo proposito, occorre constatare che la ricorrente non ha fornito nessuna precisazione per quanto riguarda i presupposti per l’applicazione dell’art. 86, n. 2, CE. Sotto questo profilo va sottolineato che la decisione controversa spiega in modo circostanziato, nei punti 108 120, i motivi per cui l’aiuto in questione non soddisfaceva i presupposti per l’applicazione del detto articolo. Orbene, la ricorrente non si è data nemmeno la pena di cercare di confutare tale constatazione. Inoltre, è fuor di luogo invocare a questo proposito gli artt. 16 CE e III 122 del Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa, dal momento che quest’ultimo è stato siglato dopo l’adozione della decisione controversa, che esso non è entrato in vigore e che, per di più, è stato sostituito dal Trattato sull’Unione europea e dal Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (GU 2008, C 115, pag. 1). Peraltro, l’art. 16 CE non dà in nessun modo «carta bianca» per la concessione di un qualsivoglia aiuto a un’impresa di servizi pubblici. Quanto alla comunicazione della Commissione concernente i servizi d’interesse generale in Europa, si deve tener presente che quest’ultima ha natura interpretativa e non costitutiva e che i criteri applicati dalla Commissione sono quelli che possono essere ricavati dal Trattato e dalla giurisprudenza, di modo che va respinta la presunta violazione dei principi della tutela del legittimo affidamento e della certezza del diritto.

129    Ad ogni modo, alla luce della struttura del regime di aiuti in questione, la legge n. 142/90 non può essere qualificata come atto di una pubblica autorità, recante istituzione e definizione di una misura particolare, consistente nella prestazione di servizi pubblici locali nel rispetto degli obblighi specificati. Inoltre, questa legge non definisce in modo chiaro e preciso gli obblighi di servizio pubblico da osservare nel caso di specie.

130    Di conseguenza, occorre concludere nel senso che il presupposto riguardante i principi di definizione ed attribuzione di compiti di pubblico servizio non è soddisfatto.

131    Di conseguenza, il quarto motivo non può essere accolto.

 Sul quinto motivo, attinente ad una violazione dell’art. 43 CE e ad un difetto di motivazione

 Argomenti delle parti

132    La ricorrente ritiene che la Commissione sia incorsa in un errore di diritto affermando, nei punti 121 e 122 della decisione controversa, che l’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa violasse l’art. 43 CE. Infatti, da una parte, la detta misura non inciderebbe sul diritto di stabilimento garantito da tale disposizione. Dall’altra, essa non introdurrebbe nessuna discriminazione in base alla cittadinanza. La ricorrente invoca altresì un difetto di motivazione al riguardo.

133    La Commissione critica la fondatezza degli argomenti della ricorrente.

 Giudizio del Tribunale

134    Occorre ricordare anzitutto che il primo e il terzo motivo sono stati respinti, in quanto l’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa costituisce un aiuto e i presupposti richiesti per poter godere della deroga prevista dall’art. 87, n. 3, CE, non sono soddisfatti. Ne deriva che la dichiarazione d’incompatibilità della detta esenzione con il mercato comune per violazione di altre disposizioni del Trattato CE riguarda una motivazione fornita in subordine nella decisione controversa. Di conseguenza, il quinto motivo è ininfluente.

135    Da quanto precede discende che il quinto motivo dev’essere respinto.

136    Alla luce di tutte le considerazioni sin qui esposte, occorre respingere il ricorso.

 Sulle spese

137    Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la ricorrente, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La ASM Brescia SpA sopporterà le proprie spese nonché quelle della Commissione.Così deciso e pronunciato a Lussemburgo l’11 giugno 2009.

Firme

Lingua processuale: l’italiano.

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