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EE.LL.: La revoca dell’assessore che fa scattare il reato di concussione per il Sindaco

La revoca dell’assessore che fa scattare il reato di concussione per il Sindaco

La sentenza depositata in data 20 luglio 2017 dalla Sezione Sesta Penale della Corte di Cassazione.

La sentenza depositata in data 20 luglio 2017 dalla Sezione Sesta Penale della Suprema Corte di Cassazione consente di approfondire la materia della revoca dell’assesore comunale disciplinata dal Testo Unico degli Enti Locali, il cd TUEL (D.lgs n. 267/2000).

In particolare, quest’ultimo prevede che il Sindaco è legittimato alla revoca della delega al singolo assessore componente la Giunta dal medesimo presieduta, che deve essere disposta con una comunicazione motivata al Consiglio comunale a norma dell’art. 46, comma 4, del citato TUEL.

La revoca di un singolo assessore da parte del Sindaco, peraltro, può basarsi sulle più ampie valutazioni di opportunità politico-amministrativa rimesse in via esclusiva a quest’ultimo, ma come chiarito dalla giurisprudenza amministrativa non può trasmodare in una sorta di prerogativa arbitraria, da utilizzare all’occorrenza per “regolare i conti” con esponenti politici sgraditi, a tutto detrimento dei requisiti minimi di stabilità della giunta comunale e delle funzioni di indirizzo politico-amministrativo nei confronti dell’amministrazione locale attribuite a questo organo dall’ordinamento degli enti locali.

In altri termini, il provvedimento di revoca dell’incarico ad un assessore può basarsi su ragioni afferenti ai rapporti politici all’interno della maggioranza consiliare e sulle eventuali ripercussioni sul rapporto fiduciario che deve sempre permanere tra il primo cittadino e la Giunta comunale.

Tuttavia, siffatto potere di revoca, sia pure discrezionale e collegato al permanere del rapporto fiduciario fra il Sindaco ed i propri assessori in seno all’ente territoriale, non può non connettersi alla realizzazione dell’interesse – di carattere generale – della comunità locale, e di certo non può essere asservito al perseguimento di uno scopo diverso da quello pubblicistico, segnatamente, per piegare la volontà degli assessori ai fini dell’adozione di una delibera rispondente agli interessi personali e particolari del primo cittadino.

In tale caso, precisa la Suprema Corte, l’esercizio del potere discrezionale di revoca della delega all’assessore, rectius, la minaccia di avvalersi di tale facoltà prescinde da ragioni di natura politico-amministrativa e costituisce strumento di pressione al fine di indurre il soggetto passivo all’indebita promessa o dazione. Infatti anche la minaccia dell’uso di un potere discrezionale può integrare il delitto di concussione, se l’esercizio sfavorevole di tale potere viene prospettato in via estemporanea e pretestuosa, al solo fine di costringere la persona offesa alla promessa o dazione indebita.

Nel reato di concussione, l’attività di induzione non è infatti vincolata a forme tassative, ma può essere compiuta con qualsiasi comportamento del pubblico ufficiale che sia comunque caratterizzato da un abuso dei poteri che valga ad esercitare una pressione psicologica sulla vittima, in forza della quale quest’ultima si convinca della necessità di dare o promettere denaro od altra utilità per evitare conseguenze dannose.

Nella vicenda in esame – evidenzia la Corte – che l’avere il Sindaco, abusando dei propri poteri, costretto l’assessore ad esprimere il proprio voto favorevole alla nomina della persona dal medesimo indicata, per realizzare l’interesse personale ad inserire in Giunta, a capo dell’U.T.C., una persona a lui fedele (in un momento delicato nel quale si doveva approvare il nuovo P.R.G. del comune), integri certamente una costrizione volta ad un'”utilità” rilevante ai sensi dell’art. 317 cod. pen. che punisce il reato di concussione.

A tale categoria – conclude la Corte – può infatti ricondursi un qualunque vantaggio materiale o morale, patrimoniale o non patrimoniale oggettivamente apprezzabile, consistente sia in un dare sia in un facere e ritenuto rilevante dalla consuetudine o dal convincimento comune, conseguentemente rientrandovi anche il vantaggio di natura politica.

Fonte: Massimario G.A.R.I.

 

Per scaricare il testo per esteso della sentenza clicca gazzettaamministrativa.it

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