venerdì, Aprile 19, 2024
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GAZEBO: Ci vuole l’autorizzazione del Comune?

 

Permesso di costruire e abuso edilizio: chi costruire sulla terrazza dell’edificio, sul giardino o sul patio di casa un gazebo deve chiedere l’autorizzazione al Comune?

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Non è sempre facile stabilire il confine tra edilizia libera e costruzioni che richiedono l’autorizzazione del Comune, ossia il cosiddetto permesso di costruire, per non essere considerate un abuso edilizio e, quindi, non subire un ordine di demolizione. I problemi si pongono soprattutto per pergolati,gazebo,tettoie,pensiline e, più di recente, le pergotende, in quanto opere di limitata consistenza il cui impatto sul territorio è generalmente modesto. Fin quando, per queste opere, si può procedere senza dover chiedere l’autorizzazione all’amministrazione comunale (cosiddetta edilizia libera) o presentando semplicemente una comunicazione di inizio attività, e in quali casi, invece, è necessario il titolo edilizio (il permesso di costruire)?

Spesso la disciplina è contenuta nei regolamenti edilizi comunali, da cui è possibile anche verificare se vi sono particolari vincoli paesaggistici da rispettare. La questione è stata di recente affrontata dal Consiglio di Stato con una sentenza che brilla per chiarezza [1]in quanto ha definito quando, oltre ai casi del pergolato e della veranda, è necessario chiedere l’autorizzazione al Comune per il gazebo.

Gazebo: cos’è?

Il gazebo, nella sua configurazione tipica, è una struttura leggera, non aderente ad altro immobile (quindi, ad esempio, non appoggiata a uno dei muri dell’edificio). Il gazebo è coperto nella parte superiore ed è, invece, aperto ai lati. Di norma viene realizzato con una struttura portante in ferro battuto, in alluminio o in legno strutturale, talvolta chiuso ai lati da tende facilmente rimuovibili. Spesso il gazebo è utilizzato per l’allestimento di eventi all’aperto, anche sul suolo pubblico, e in questi casi è considerata una struttura temporanea. In altri casi il gazebo è realizzato in modo permanente per la migliore fruibilità di spazi aperti come giardini o ampi terrazzi.

Non si parla quindi di gazebo quando i materiali utilizzati non sono tutti leggeri, e se la struttura è stata realizzata in aderenza ad un preesistente immobile in muratura.

Gazebo, ci vuole il permesso di costruire?

Secondo la giurisprudenza, il gazebo necessita del permesso di costruire quando la sua finalità non sia transitoria e precaria (il caso in cui venga allestito solo per un periodo di tempo limitato, ad esempio per un ricevimento). Il Tar Molise[2]ha detto che I gazebo non precari, ma funzionali a soddisfare esigenze permanenti, vanno considerati manufatti alteranti lo stato dei luoghi, con sicuro incremento del carico urbanistico. Non rileva la precarietà strutturale del manufatto (ossia l’utilizzo di materiali leggeri), la rimovibilità della struttura e l’assenza di opere murarie, posto che il gazebo non precario non è deputato ad un uso per fini contingenti, ma è destinato ad un utilizzo per soddisfare esigenze durature nel tempo e rafforzate dal carattere permanente e non stagionale dell’attività svolta.

Solo il gazebo precario non richiede il permesso di costruire. E la «precarietà » dell’opera, che esonera dall’obbligo di chiedere l’autorizzazione al Comune, necessita di un uso specifico e temporalmente limitato del bene. Diverso è il caso di uso stagionale, il quale implica che il manufatto sia preposto al soddisfacimento di esigenze non eccezionali e contingenti, ma permanenti nel tempo; in quest’ultimo caso il gazebo si considera «nuova costruzione» (e pertanto necessita della licenza edilizia), benché si tratti di manufatto leggero, anche prefabbricato, e di struttura di qualsiasi genere usata come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, e che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee.

Anche la Cassazione è sulla stessa linea [3]: in materia edilizia al fine di ritenere sottratta al preventivo rilascio del permesso di costruire la realizzazione di un manufatto per la sua asserita natura precaria, la stessa non può essere desunta dalla temporaneità della destinazione soggettivamente data all’opera dal costruttore, ma deve ricollegarsi alla intrinseca destinazione materiale dell’opera a un uso realmente precario e temporaneo per fini specifici, contingenti e limitati nel tempo, con conseguente possibilità di successiva e sollecita eliminazione, non risultando, peraltro, sufficiente la sua rimovibilità o il mancato ancoraggio al suolo. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto penalmente rilevante la realizzazione abusiva di sei piccoli manufatti, alcuni costruiti su basamento di cemento armato, altri su pedane di ferro, adibiti ad abitazione, avendo camera da letto, bagno, soggiorno, gazebo e recinzione).

Il tribunale di Roma[4]ha ritenuto integrato il reato di abuso edilizio nel caso di costruzione, nel cortile, di un gazebo in legno, fissi in terra ed inamovibili, trattandosi di ampliamento soggetto a permesso di costruire.

Invece il Tar Catanzaro[5]ha detto che l’installazione di un gazebo che si ponga quale elemento pertinenziale con una volumetria inferiore al 20%, per le esigue caratteristiche strutturali e dimensionali non è tale da avere un rilevante impatto urbanistico e, pertanto, non può essere soggetto al rispetto della disciplina in materia di distanze, né al permesso di costruire.

note

[1]Cons. St. sent. n. 306/2017 del 25.01.2017.

[2]Tar Molise, Campobasso, sent. n.353/2016. Cfr. anche Tar Napoli sent. n. 2282/2016: «I manufatti non precari, in quanto funzionali a soddisfare esigenze permanenti, devono ritenersi idonei ad alterare lo stato dei luoghi, con conseguente incremento del carico urbanistico, a nulla rilevando la loro eventuale precarietà strutturale, la rimovibilità della struttura e l’assenza di opere murarie (come, ad esempio, per gazebo o chioschi). In tal senso, la precarietà dell’opera – che esonera dall’obbligo del permesso di costruire – postula un uso specifico e temporalmente limitato del bene, mentre la precarietà dei materiali utilizzati non esclude la destinazione del manufatto al soddisfacimento di esigenze non eccezionali e contingenti, ma permanenti nel tempo, tali per cui lo stesso è riconducibile nell’ipotesi prevista alla lett. e.5) del comma 1 dell’art. 3, d.P.R. n. 380 del 2001 – che include tra le nuove costruzioni le installazioni di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere che siano usati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, e che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee».

[3]Cass. sent. n. 35481/2016.

[4]Trib. Roma, sent. n. 3216/2016.

[5]Tar Catanzaro, sent. n. 7/2016.

IL CONSIGLIO DI STATO

ha pronunciato la presente

Pubblicato il 25/01/2017

Sent. n. 306/2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 484 del 2016, proposto da:

Pavone Anna, rappresentata e difesa dall’avvocato Gianfranco Mobilio, con domicilio eletto presso Simona Rinaldi Gallicani in Roma, via Baldo degli Ubaldi, n. 66;

contro

Comune di Altavilla Silentina, non costituito in giudizio;

per la riforma:

della sentenza del T.A.R. per la Campania, Sezione Staccata di Salerno, Sezione I, n. 2543 del 4 dicembre 2015, resa tra le parti, concernente la demolizione di opere edilizie abusive e il ripristino dello stato dei luoghi.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 dicembre 2016 il Cons. Dante D’Alessio e uditi per le parti l’avvocato Simona Rinaldi Gallicani, per delega dell’avvocato Gianfranco Mobilio;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1.- La signora Anna Pavone ha impugnato davanti al T.A.R. per la Campania, Sezione Staccata di Salerno, l’ordinanza, n. 23 del 16 giugno 2015, con la quale il Responsabile del Settore Ufficio Tecnico del Comune di Altavilla Silentina, le ha ingiunto di provvedere, a sua cura e spese, alla demolizione di una copertura e chiusura perimetrale di un pergolato con teli plastificati, fissati alla struttura con il sistema degli occhielli e chiavetta, con un riquadro di materiale plastico come finestra nella parte centrale, in quanto realizzate in assenza di titolo abilitativo.

1.1- Il T.A.R. per la Campania, Sezione Staccata di Salerno, Sezione I, con sentenza n. 2543 del 4 dicembre 2015, resa in forma semplificata nella camera di consiglio fissata per l’esame della domanda cautelare, ha respinto il ricorso.

Il T.A.R. ha, infatti, ritenuto che «il materiale utilizzato, pur agevolmente amovibile siccome consistente in materiale plastico, non rende l’intervento ex se non sanzionabile con l’impugnato ordine demolitorio, in quanto, per come realizzato, riflette esigenze non di carattere meramente temporaneo», con la conseguenza che le opere realizzate hanno determinato una trasformazione urbanistico – edilizia del territorio, con la perdurante modifica dello stato dei luoghi.

2- La signora Pavone ha appellato l’indicata sentenza ritenendola erronea.

In particolare, dopo aver ricordato di aver realizzato la struttura del pergolato nel 2011 con una scia, la signora Pavone ha insistito nel sostenere l’amovibilità della tenda plastificata e quindi l’illegittimità dell’ordinanza demolitoria. La signora Pavone ha anche depositato un perizia tecnica di parte redatta in relazione alle opere oggetto dell’ordinanza di demolizione impugnata.

3- Per valutare la legittimità del provvedimento con il quale il Comune di Altavilla Silentina (che non ha ritenuto di doversi costituire in giudizio) ha ordinato la demolizione delle opere realizzate dall’appellante in assenza di alcun titolo abilitativo occorre qualificare la natura delle opere realizzate. Come si evince dal provvedimento impugnato, dalla documentazione depositata in giudizio e dalla perizia tecnica di parte, completa di numerose fotografie, la signora Pavone ha realizzato, in aderenza ad un preesistente immobile, una struttura con 3 pilastri verticali in muratura, travi portanti della copertura in legno, copertura in materiale plastico, fissata con chiodi alle travi di legno, e pareti esterne in materiale plastico amovibile, con una porta di accesso.

3.1- Per realizzare tale struttura l’interessata non ha presentato una dichiarazione o richiesta di assenso al Comune. Risulta peraltro dagli atti che la signora Pavone, con SCIA del 15 marzo 2011, aveva realizzato alcuni lavori nell’immobile oggetto dei lavori contestati con l’ordinanza impugnata. L’appellante sostiene di aver provveduto a seguito della SCIA, fra l’altro, alla pavimentazione dell’area esterna dove sono state realizzate le opere di cui ora si discute e di aver anche realizzato un ampio pergolato esterno su parte del quale è stata realizzata la contestata struttura.

4.- Ciò premesso, si deve osservare che, in relazione ad alcune opere, normalmente di limitata consistenza e di limitato impatto sul territorio, come pergolati, gazebo, tettoie, pensiline e, più di recente, le pergotende, non è sempre agevole individuare il limite entro il quale esse possono farsi rientrare nel regime dell’edilizia libera o invece devono farsi rientrare nei casi di edilizia non libera per i quali è richiesta una comunicazione all’amministrazione preposta alla tutela del territorio o il rilascio di un permesso di costruire.

Spesso sono i regolamenti edilizi comunali che dettano le regole, anche sulle dimensioni, che possono avere tali opere per poter essere realizzate liberamente o previa comunicazione o richiesta di assenso edilizio.

Alle disposizioni comunali si aggiungono poi, per le aree sottoposte a vincolo paesaggistico o ad altri vincoli, le limitazioni imposte dai diversi strumenti di tutela.

5- Nella fattispecie, vista la documentazione in atti, si può preliminarmente escludere che le opere realizzate e ritenute abusive dal Comune possano farsi rientrare tutte nella nozione di pergolato.

5.1- Il pergolato costituisce infatti, una struttura realizzata al fine di adornare e ombreggiare giardini o terrazze e consiste, quindi, in un’impalcatura, generalmente di sostegno di piante rampicanti, costituita da due (o più) file di montanti verticali riuniti superiormente da elementi orizzontali posti ad una altezza tale da consentire il passaggio delle persone.

Il pergolato, per sua natura, è quindi una struttura aperta su almeno tre lati e nella parte superiore e normalmente non necessita di titoli abilitativi edilizi.

Quando il pergolato viene coperto, nella parte superiore (anche per una sola porzione) con una struttura non facilmente amovibile (realizzata con qualsiasi materiale), è assoggettata tuttavia alle regole dettate per la realizzazione delle tettoie.

5.2- Il Consiglio di Stato, al riguardo, ha già affermato che il pergolato ha una funzione ornamentale, è realizzato in una struttura leggera in legno o in altro materiale di minimo peso, deve essere facilmente amovibile in quanto privo di fondamenta, e funge da sostegno per piante rampicanti, attraverso le quali realizzare riparo e ombreggiatura di superfici di modeste dimensioni (Consiglio di Stato, Sezione IV, n. 5409 del 29 settembre 2011).

5.3- In conseguenza le opere oggetto del contestato ordine di demolizione non possono farsi rientrare fra quelli oggetto della suindicata SCIA del 15 marzo 2011 che includevano la sola realizzazione di un pergolato.

6- La struttura realizzata dall’appellante non può farsi rientrare nemmeno nella nozione di gazebo, pur avendone alcune caratteristiche.

Il gazebo, infatti, nella sua configurazione tipica, è una struttura leggera, non aderente ad altro immobile, coperta nella parte superiore ed aperta ai lati, realizzata con una struttura portante in ferro battuto, in alluminio o in legno strutturale, talvolta chiuso ai lati da tende facilmente rimuovibili. Spesso il gazebo è utilizzato per l’allestimento di eventi all’aperto, anche sul suolo pubblico, e in questi casi è considerata una struttura temporanea. In altri casi il gazebo è realizzato in modo permanente per la migliore fruibilità di spazi aperti come giardini o ampi terrazzi.

6.1- Nella fattispecie l’opera realizzata dall’appellante non può ritenersi assimilabile ad un gazebo per la sua forma, che non è quella tipica di un gazebo, per i materiali utilizzati, che non sono tutti leggeri, e perché la struttura è stata realizzata in aderenza ad un preesistente immobile in muratura. 7- La struttura contestata dal Comune intimato non può poi nemmeno considerarsi una veranda.

In proposito si deve ricordare che nell’Intesa sottoscritta il 20 ottobre 2016 , ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, tra il Governo, le Regioni e i Comuni, concernente l’adozione del regolamento edilizio-tipo di cui all’articolo 4, comma 1-sexies del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, la veranda è stata definita (nell’Allegato A) «Locale o spazio coperto avente le caratteristiche di loggiato, balcone, terrazza o portico, chiuso sui lati da superfici vetrate o con elementi trasparenti e impermeabili, parzialmente o totalmente apribili».

7.1- La veranda, realizzabile su balconi, terrazzi, attici o giardini, è caratterizzata quindi da ampie superfici vetrate che all’occorrenza si aprono tramite finestre scorrevoli o a libro. Per questo la veranda, dal punto di vista edilizio, determina un aumento della volumetria dell’edificio e una modifica della sua sagoma e necessita quindi del permesso di costruire.

8- La signora Anna Pavone nel suo appello ha insistito nel sostenere che le opere sanzionate dal Comune di Altavilla Silentina altro non sono che una “pergotenda”, realizzata con teli amovibili (appoggiati sul preesistente pergolato), che non ha determinato alcun aumento di volumetria e di superfice coperta.

9- In proposito questa Sezione ha, di recente, affermato che tali strutture, la cui agevole realizzazione è oggi possibile grazie a nuove tecniche e nuovi materiali, sono destinate a rendere meglio vivibili gli spazi esterni delle unità abitative (terrazzi o giardini) e sono installate per soddisfare quindi esigenze non precarie (Consiglio di Stato, Sezione VI, n. 1619 del 27 aprile 2016).

Le “pergotende” non si connotano, pertanto, per la temporaneità della loro utilizzazione, ma costituiscono un elemento di migliore fruizione dello spazio esterno, stabile e duraturo.

9.1- Ciò premesso, la Sezione, nella stessa citata decisione, ha ritenuto che le pergotende, tenuto conto della loro consistenza, delle caratteristiche costruttive e della loro funzione, non costituiscano un’opera edilizia soggetta al previo rilascio del titolo abilitativo.

Infatti, ai sensi del combinato disposto degli articoli 3 e 10 del DPR n. 380 del 2001, sono soggetti al rilascio del permesso di costruire gli “interventi di nuova costruzione”, che determinano una “trasformazione edilizia e urbanistica del territorio”, mentre una struttura leggera (nella fattispecie esaminata in alluminio anodizzato) destinata ad ospitare tende retrattili in materiale plastico non integra tali caratteristiche.

L’opera principale non è, infatti, la struttura in sé, ma la tenda, quale elemento di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici, finalizzata ad una migliore fruizione dello spazio esterno dell’unità abitativa, con la conseguenza che la struttura (in alluminio anodizzato) si qualifica in termini di mero elemento accessorio, necessario al sostegno e all’estensione della tenda.

Quest’ultima, poi, integrata alla struttura portante, non può considerarsi una “nuova costruzione”, posto che essa è in materiale plastico e retrattile, onde non presenta caratteristiche tali da costituire un organismo edilizio rilevante, comportante trasformazione del territorio. Infatti la copertura e la chiusura perimetrale che essa realizza non presentano elementi di fissità, stabilità e permanenza, per il carattere retrattile della tenda, «onde, in ragione della inesistenza di uno spazio chiuso stabilmente configurato, non può parlarsi di organismo edilizio connotantesi per la creazione di nuovo volume o superficie».

Inoltre l’elemento di copertura e di chiusura è costituito da una tenda in materiale plastico, privo di quelle caratteristiche di consistenza e di rilevanza che possano connotarlo in termini di componenti edilizie di copertura o di tamponatura di una costruzione.

9.2- Sulla base di tali considerazioni la Sezione ha quindi ritenuto che una delle due strutture nella fattispecie realizzate, destinata unicamente al sostegno (in alluminio) di un elemento di arredo temporaneo consistente in una tenda retrattile, non abbisognava del previo rilascio di un permesso di costruire, risolvendosi «in un mero elemento di arredo del terrazzo su cui insiste».

Infatti la struttura di alluminio anodizzato (nella fattispecie esaminata) è stata ritenuta un mero elemento di sostegno della tenda e quindi non poteva considerarsi un nuovo organismo edilizio determinante una trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio.

9.3- Mentre nell’altra struttura contestualmente esaminata, la natura e la consistenza del materiale utilizzato (il vetro) faceva sì che la struttura di alluminio anodizzato si configurava non più come mero elemento di supporto di una tenda, ma piuttosto costituiva la componente portante di un vero e proprio manufatto, che assumeva la consistenza di una vera e propria opera edilizia, connotandosi per la presenza di elementi di chiusura che, realizzati in vetro, costituivano vere e proprie tamponature laterali con un carattere di stabilità tale da non poter essere realizzate in assenza del titolo abilitativo necessario per le nuove costruzioni.

9.4- Anche in una precedente decisione la Sezione aveva affermato che la pergotenda è qualificabile come mero arredo esterno quando è di modeste dimensioni, non modifica la destinazione d’uso degli spazi esterni ed è facilmente ed immediatamente rimovibile, con la conseguenza che la sua installazione si va ad inscrivere all’interno della categoria delle attività di edilizia libera e non necessita quindi di alcun permesso (Consiglio di Stato, Sezione VI, n. 1777 dell’11 aprile 2014). 10- Tutto ciò premesso, la Sezione ritiene che l’ordinanza di demolizione impugnata non possa ritenersi legittima perché le opere realizzate dall’appellante, peraltro in un’area che non è sottoposta a vincolo paesaggistico, sono prive, in gran parte, di quelle caratteristiche di consistenza e di rilevanza che possano farle connotare come componenti edilizie di copertura o di tamponatura di una costruzione.

10.1- Le opere oggetto dell’ordinanza impugnata, che si sono già prima sommariamente descritte, si connotano, infatti, per la presenza di teli e tende in materiale plastico facilmente amovibili, che aderiscono ad una struttura di sostegno che è costituita da tre pilastrini verticali in muratura e da alcune travi di legno collocati sia in verticale che nella parte superiore.

La struttura portante, sebbene non tutta con materiali leggeri, può anche farsi rientrare nella categoria dei pergolati (come sostiene l’appellante). Una delle tende laterali può essere poi considerata una vera e propria pergotenda, che può essere aperta o chiusa mediante un sistema di scorrimento veloce. Sostanzialmente hanno la stessa caratteristica anche le tende collocate sugli altri lati che possono essere movimentate manualmente su apposite guide scorrevoli e possono essere chiuse o aperte mediante appositi occhielli.

10.2- Restano evidentemente di meno facile amovibilità la copertura della struttura, che è stata realizzata con teli di plastica che sono stati fissati alla travi di legno superiore con chiodi e rondelle, e la piccola porta posta sul lato A della struttura.

Ma la presenza di tali opere che sono meno facilmente amovibili e che possono avere una certa rilevanza edilizia, anche in base alla disciplina eventualmente dettata dal regolamento edilizio comunale, non giustifica comunque l’emanazione di una ordinanza di demolizione che ha riguardato l’intera struttura, con la conseguente possibile acquisizione, nel caso di mancata ottemperanza, dell’area interessata.

11- Per gli esposti motivi, l’appello deve essere accolto e, in riforma della appellata sentenza del T.A.R. per la Campania, Sezione Staccata di Salerno, Sezione I, n. 2543 del 4 dicembre 2015, deve essere disposto l’annullamento dell’ordinanza di demolizione del Comune di Altavilla Silentina, n. 23 del 16 giugno 2015, impugnata in primo grado.

Sono fatti salvi gli eventuali ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione per quella parte delle opere realizzate che, anche sulla base della regolamentazione comunale, possono ritenersi di edilizia non libera.

12- Le spese del doppio grado di giudizio, considerata la novità della questione trattata, possono essere integralmente compensate fra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, in riforma della appellata sentenza del T.A.R. per la Campania, Sezione Staccata di Salerno, Sezione I, n. 2543 del 4 dicembre 2015, dispone l’annullamento dell’ordinanza del Comune di Altavilla Silentina, n. 23 del 16 giugno 2015.

Dispone la compensazione fra le parti delle spese e competenze del doppio grado di giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 dicembre 2016 con l’intervento dei magistrati:

Sergio Santoro, Presidente

Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere

Dante D’Alessio, Consigliere, Estensore

Andrea Pannone, Consigliere

Vincenzo Lopilato, Consigliere

L’ESTENSORE Dante D’Alessio

IL SEGRETARIO

IL PRESIDENTE Sergio Santoro

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