sabato, Aprile 20, 2024
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IMMOBILE PER ABITAZIONE: L’erede del defunto non può cacciare la sua convivente

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE



Composta dagli Ill.mi Sigg.ri
Magistrati:Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Presidente -Dott. PROTO
Cesare A. – rel. Consigliere -Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere
-Dott. PICARONI Elisa – Consigliere -Dott. ABETE Luigi – Consigliere
-ha pronunciato la seguente: sentenzasul ricorso 10466-2008 proposto
da: R.L. (OMISSIS), elettivamente domiciliato inROMA, VIALE DELLE
MILIZIE 1, presso lo studio dell\’avvocato VITTORIOCIROTTI, che lo
rappresenta e difende unitamente all\’avvocato MERLOVITTORIO; –
ricorrente – contro S.I.; – intimata -avverso la sentenza n.
259/2007 della CORTE D\’APPELLO di TORINO,depositata il
22/02/2007;udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza
del10/07/2014 dal Consigliere Dott. CESARE ANTONIO PROTO;udito
l\’Avvocato VITTORIO CIROTTI, difensore del ricorrente, che hachiesto
l\’accoglimento del ricorso;udito il P.M. in persona del Sostituto
Procuratore Generale Dott.CAPASSO Lucio che ha concluso per il rigetto
del primo motivo delricorso e per l\’accoglimento per quanto di ragione
del secondo motivodel ricorso.



Fatto



Con ricorso del 24/3/2003 S.I.
chiedeva la reintegrazione nel possesso di un appartamento erelative
pertinenze essendone stata privata da R.L. che vi si era introdotto
clandestinamenteimpedendole l\’accesso.



La ricorrente esponeva di essersi
unita in matrimonio religioso con dispensa da trascrizione, sindal 1977
con D.V.D., il quale, deceduto il (OMISSIS), l\’aveva istituita
usufruttuariadell\’appartamento suddetto che costituiva la loro casa ove
convivevano come marito e moglie.



Nella fase a cognizione sommaria il
giudice accoglieva il ricorso e successivamente il Collegiorigettava il
reclamo del resistente.



Nella fase di merito, espletata
l\’istruttoria, il Tribunale con sentenza del 17/4/2004 accoglieva
ladomanda possessoria e ordinava a R.L. di reintegrare S.I. nel
possesso.



Raineri proponeva appello che era
rigettato dalla Corte di Appello di Torino con sentenza
del22/2/2007.La Corte territoriale rilevava:



– che la ricorrente, in quanto
convivente more uxorio e quindi detentore qualificato era legittimataad
agire con l\’azione di spoglio;



– che era irrilevante, ai fini di
precludere l\’esercizio dell\’azione, la qualità di erede del
resistente,che non era possessore quando era in vita il de cuius, ma
solo ospite per il rapporto di parentelacon il nonno D.V.D.;



– che inoltre il resistente non aveva
ragione di far valere la sua qualità di erede in quanto il
themadecidendum era limitato al compossesso tra le parti come dedotto
dal R.;



– che non era decorso l\’anno dal sofferto spoglio;



– che la ricorrente non aveva volontariamente abbandonato l\’alloggio, ma viveva altrove proprio acausa dello spoglio subito.



R.L. ha proposto ricorso affidato a due motivi.



S.I. è rimasta intimata.



Diritto



1. Con il primo motivo il ricorrente
deduce il vizio di motivazione e la violazione e falsaapplicazione
degli artt. 99, 100, 112 e 342 c.p.c. e artt. 1140, 1168 e 1170 c.c.
sostenendo che laS., in quanto convivente more uxorio, non sarebbe
stata legittimata ad agire con l\’azionepossessoria nei suoi confronti
perchè egli era erede del proprietario convivente che la ospitava
e,comunque, compossessore, essendo succeduto nel possesso; aggiunge che
la S. avrebbe avutoaltrove la propria residenza.



Il ricorrente, formulando i quesiti di
diritto ai sensi dell\’art. 366 bis c.p.c. ora abrogato, maapplicabile
ratione temporis, chiede:



– se il convivente more uxorio sia o meno legittimato all\’azione possessoria;



– se tale azione possa essere esercitata nei confronti dell\’altro convivente ospitante e nei confrontidegli eredi di costui.



1.1 Il motivo, con riferimento al vizio di motivazione è inammissibile per l\’assoluta mancanza delmomento di sintesi.



Le censure trascurano che, nel vigore
dell\’art. 366-bis c.p.c., il motivo di ricorso per omessa,insufficiente
o contraddittoria motivazione, proposto ai sensi dell\’art. 360 c.p.c.,
comma 1, n. 5,deve contenere la chiara indicazione del fatto
controverso in relazione al quale la motivazione siassume omessa o
contraddittoria ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza
dellamotivazione la renda inidonea a giustificare la decisione e
pertanto la relativa censura deve essereaccompagnata da un momento di
sintesi che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera danon
ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di
valutazione della suaammissibilità; il motivo, cioè, deve contenere – a
pena d\’inammissibilità – una indicazioneriassuntiva e sintetica, che
costituisca un “quid pluris” rispetto all\’illustrazione del motivo e
checonsenta al giudice di valutare immediatamente l\’ammissibilità del
ricorso (Cass. S.U. 20/05/2010n. 12339; Cass. 4/2/2008 n. 2652 Ord.;
Cass. S.U. 1/10/2007 n. 20603).



Il motivo, con riferimento alla
violazione delle norme indicate nell\’epigrafe del motivo enell\’ambito
delimitato dai quesiti di diritto, è infondato perchè le ragioni
giuridiche addotte asostegno del motivo trovano confutazione, in
diritto, nella giurisprudenza di questa Corte; aiquesiti deve quindi
rispondersi affermando che il convivente more uxorio è legittimato
all\’azionepossessoria e che tale azione possa essere esercitata nei
confronti dell\’altro convivente ospitante enei confronti degli eredi di
costui.



Questa Corte, infatti, già con
sentenza 21/3/2013 n. 7214 ha affermato che la convivenza “moreuxorio”,
quale formazione sociale che da vita ad un consorzio familiare,
determina, sulla casa diabitazione ove si svolge e si attua il
programma di vita in comune, un potere di fatto basato su diun
interesse proprio del convivente diverso da quello derivante da ragioni
di mera ospitalità e taleda assumere i connotati tipici di una
detenzione qualificata, che ha titolo in un negozio giuridico ditipo
familiare. Pertanto l\’estromissione violenta o clandestina dall\’unità
abitativa, compiuta dalconvivente proprietario in danno del convivente
non proprietario, legittima quest\’ultimo alla tutelapossessoria,
consentendogli di esperire l\’azione di spoglio.



Nel precedente testè richiamato si è
dato conto della diversità della convivenza di fatto,
fondatasull\’affectio quotidiana (ma liberamente e in ogni istante
revocabile) di ciascuna delle parti,rispetto al rapporto coniugale,
caratterizzato, invece da stabilità e certezza e dalla reciprocità
ecorrispettività di diritti e doveri che nascono soltanto dal
matrimonio; si è tuttavia osservato chequesta distinzione non comporta
che il rapporto del soggetto con la casa destinata ad abitazionecomune,
ma di proprietà dell\’altro convivente, si fondi su un titolo
giuridicamente irrilevante qualel\’ospitalità, anzichè sul negozio a
contenuto personale alla base della scelta di vivere insieme e
diinstaurare un consorzio familiare, nei casi in cui l\’unione, pur
libera, che abbia assunto – perdurata, stabilità, esclusività e
contribuzione – i caratteri di comunità familiare; pertanto in
questicasi, anche dopo la dissoluzione del rapporto di coppia così
stabilizzato (nel caso qui in esame perla morte del convivente) non è
consentito al convivente proprietario (nel caso qui in esameall\’erede
che subentra nell\’identica posizione) ricorrere alle vie di fatto per
estromettere l\’altrodall\’abitazione, perchè il canone della buona fede e
della correttezza, dettato a protezione deisoggetti più esposti e
delle situazioni di affidamento, impone al legittimo titolare che
intendarecuperare, com\’è suo diritto, l\’esclusiva disponibilità
dell\’immobile, di avvisare e di concedere untermine congruo per
reperire altra sistemazione.



La legittimazione all\’azione di
spoglio da parte del convivente more uxorio è stata poi
ritenutaapplicabile anche qualora lo spoglio sia compiuto da un terzo
nei confronti del convivente deldetentore qualificato del bene (Cass.
2/1/2014 n. 7).



L\’azione è comunque esperibile anche
nei confronti dell\’erede del proprietario il quale, pursubentrando per
fictio iuris nel possesso del de cuius non è legittimato ad estromettere
dalpossesso con violenza o clandestinità colui che non poteva esserne
estromesso dal de cuius.



Il ricorrente richiama inoltre un certificato di residenza secondo il quale la residenza della S.sarebbe in altro luogo;



trattandosi di questione di fatto non
può essere esaminata in questa sede di legittimità tenuto contoche
nella sentenza impugnata sono stati evidenziati elementi idonei per la
prova della relazione difatto con l\’immobile (v. pagg. 11 e 12 nei
riferimenti al trasporto di effetti personali e alla
presenzanell\’alloggio dei mobili della convivente) e
dell\’inammissibilità per mancanza del momento disintesi della censura
di vizio di motivazione.



2. Con il secondo motivo il ricorrente
deduce la violazione e falsa applicazione dell\’art. 1146 c.c. eil
vizio di motivazione. Il ricorrente sostiene:



– che la Corte di Appello ha violato
il principio dell\’art. 1146 c.c. secondo il quale il possessocontinua
nell\’erede con effetto dall\’apertura della successione;- che pertanto
egli era succeduto nel medesimo possesso o compossesso del defunto D.V. e
laCorte di Appello avrebbe dovuto rigettare la domanda possessoria per
essere egli possessore oquanto meno compossessore dell\’immobile;



– che era contraddittoria, omessa o
insufficiente la motivazione per la quale il thema decidendumdoveva
essere limitato all\’accertamento dell\’eventuale sussistenza della
situazione di compossessotra le parti, in quanto la situazione di
compossesso era quella indicata negli atti difensivi di primogrado nei
quali si invocava la qualità di erede e la successione nel possesso o
compossesso.



Il ricorrente, formulando i quesiti di diritto ai sensi dell\’art. 366 bis c.p.c. applicabile rationetemporis, chiede:



– se il possesso dell\’autore si
trasferisca o meno all\’erede senza soluzione di continuità ed
anchesenza che l\’erede abbia avuto il possesso del bene;



– se l\’erede può invocare i principi
di cui all\’art. 1146 c.c., comma 2 unicamente agli
effettidell\’usucapione oppure anche, in via di azione o eccezione nelle
azioni a tutela del possesso.



2.1 Il motivo, con riferimento al
vizio di motivazione è inammissibile per l\’assoluta mancanza delmomento
di sintesi; sul punto si richiamano i precedenti giurisprudenziali e i
principi già enunciatial precedente punto 1.1.



Va comunque osservato che la
motivazione, pur sintetica, si collega alla motivazione dellasentenza
di primo grado trascritta a pag. 20 del ricorso secondo la quale egli
non aveva mai agitoin qualità di erede e “il ricorrente non può far
valere tale sua qualità neppure nella fase di merito”(si intende il
merito possessorio); la questione riproposta con il motivo di ricorso
attinge quindil\’interpretazione dell\’iniziale domanda e la motivazione
della Corte di Appello si salda con la piùcompleta motivazione del
primo giudice, espressamente richiamata.



Il motivo, con riferimento alla
violazione dell\’art. 1146 c.c. è infondato perchè l\’azionepossessoria,
come detto in precedenza, avrebbe potuto essere esercitata anche nei
confronti delconvivente more uxorio, ancorchè proprietario, ove avesse
estromesso (come ha fatto l\’erede)l\’odierna intimata con clandestinità
dall\’unità abitativa e pertanto anche all\’erede è preclusoestromettere
con violenza o clandestinità colei che esercitava sull\’immobile un
potere di fattobasato su di un interesse proprio e fondato su una
relazione di convivenza meritevole di tutela. Inogni caso, la
reintegrazione deve avvenire nella stessa situazione di fatto esistente
al momentodello spoglio, nella quale la S., dopo la morte del
convivente, esercitava un potere di fatto basatosu una detenzione
qualificata senza la presenza di altri e la disposta reintegrazione non
contrastacon la previsione di cui all\’art. 1146 c.c., comma 2 tenuto
conto che per effetto di una fictio iuris, ilpossesso del “de cuius” si
trasferisce agli eredi i quali subentrano nel possesso del bene
anchesenza necessità di una materiale apprensione così che, mancando il
precedente possesso “corpore”,la materiale apprensione con esclusione
del detentore qualificato è stata legittimamente sanzionatacon l\’ordine
di reintegrazione.



Pertanto il primo quesito non è
pertinente perchè, pur essendo corretto affermare che il
possessodell\’autore si trasferisce all\’erede senza soluzione di
continuità ed anche senza che l\’erede abbiaavuto il possesso del bene,
ciò non preclude, per le ragioni già dette, l\’azione di spoglio
dellaconvivente more uxorio nei confronti dell\’erede del proprietario
che non era nel possesso dei benidel de cuius prima della sua morte
(ciò essendo stato escluso con valutazione di merito in entrambii gradi
del giudizio).



Egualmente inconferente rispetto alla
concreta fattispecie anche il secondo quesito con il quale sichiede se
l\’erede può invocare i principi di cui all\’art. 1146 c.c., comma 2
unicamente agli effettidell\’usucapione oppure anche, in via di azione o
eccezione nelle azioni a tutela del possesso: nellaspecie il
ricorrente non ha esercitato una azione a tutela del possesso, ma è
ricorso a vie di fattoestromettendo dall\’immobile la detentrice
qualificata ed ha operato una materiale apprensione delbene illegittima
per le sue modalità.



3. In conclusione il ricorso deve
essere rigettato; non si pronuncia condanna alle spese in quanto
laparte intimata e non soccombente non ha svolto attività difensiva.



P.Q.M.



La Corte rigetta il ricorso Così deciso in Roma, il 10 luglio 2014.



Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2014

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