venerdì, Marzo 29, 2024
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LA POLITICA IN VETRINA: Falso in bilancio, un passo avanti e due indietro …

Per commentare la cronaca politica di questi giorni, ho recuperato un mio vecchio articolo sul tema in oggetto.
Non ho cambiato idea e ritengo che un ritorno al passato sia non solo inutile a contrastare fenomeni di criminalità economica ma in qualche caso, addirittura dannoso perché capace soltanto ad ingolfare il lavoro dei Tribunali.
Tuttavia, così è se vi pare!!!

“”””FALSE COMUNICAZIONI SOCIALI: Lo sforzo di apparire

Non riportare in bilancio (Stato patrimoniale, conto economico e nota integrativa) fatti economici vissuti e posti in essere durante l\’esercizio finanziario, la cui comunicazione è imposta dalla legge, ovvero indicare fatti materiali non rispondenti al vero, ancorché frutto di valutazioni, si può essere accusati di FALSO IN BILANCIO.

Con la tangentopoli degli anni novanta venne raggiunta la massima applicazione della norma attraverso i numerosi procedimenti penali per “Falso in bilancio”, a causa e per effetto dei tanti reati contro la Pubblica amministrazione, come la corruzione e la concussione.

Secondo la vecchia formulazione dell’art.2621 del Codice civile[1], a causa dell’assenza di una soglia di attenzione, la giurisprudenza ha sempre dato una interpretazione estensiva dell’art.2621, comma 1, n. 1 cc, arrivando spesso, a sanzionare anche fatti di modesta rilevanza economica.

Lo spirito della riforma del 2002[2], in aderenza ai principi costituzionali di determinatezza e tassatività dell’illecito ovvero della sussidiarietà e offensività, ha introdotto delle soglie di allarme sociale, individuando prima i beni giuridici penalmente rilevanti e quindi andando ad incriminare le sole condotte realmente lesive di tali beni.

Con la riforma infatti, si è detto addio ad interpretazioni allargate e ondivaghe della norma ma al contrario, riducendo la discrezionalità di talune Procure della Repubblica, ha dato una certezza al diritto in termini di condotte di effettivo danno e quindi di rilevanza penale.

In luogo di una unica ipotesi delittuosa della vecchia formula contenuta nell’art.2621 cc[3], la stessa veniva sostituita dalla ipotesi contravvenzionale (nota sub 1) intesa come reato di pericolo, mentre le due ipotesi delittuose del Falso in bilancio sono transitate nell’articolo successivo del 2622[4], solo se si realizza un effettivo danno patrimoniale a carico della società, dei soci o dei terzi (banche o fornitori in genere).

La riforma, a detta di molti, ha avuto il pregio di semplificare l’applicazione della legge penale in materia di False comunicazioni sociali, riducendone l’applicazione a situazioni di effettivo pericolo e offensività verso terzi come i soci e i creditori in genere.

Infatti, con la eccezione delle società quotate sul mercato borsistico, per le fattispecie delittuose, ovvero quelle a maggiore rilevanza penale, la perseguibilità è a querela di parte (di colui che si sente danneggiato dalla condotta degli amministratori, direttori generali, sindaci o liquidatori secondo la disciplina civilistica).

I soggetti attivi del reato che sto a commentare possono essere gli amministratori – anche solo di fatto, cioè coloro che gestiscono e prendono decisioni pur non rivestendo una formale qualifica – i direttori generali, i sindaci e i liquidatori.

Dire, come spesso mi capita di sentire che oggi nel nostro Ordinamento giuridico non esiste più il “Falso in bilancio”, non è rispondente al vero. Si può invece dire che la nuova formulazione del reato, avendo introdotto specifiche soglie di punibilità e la perseguibilità a querela, ovvero alcune forme contravvenzionali ha inevitabilmente accorciato i termini di prescrizione, restringendo in misura notevole lo stesso campo di applicazione della norma.

In compenso, ha ridotto la discrezionalità degli operatori del diritto in ordine all’avvio dell’azione penale avendo stabilito che senza danno lamentato ovvero effettivo, nessuna azione penale è possibile.

Mattinata, 09 aprile 2013

[1] (VECCHIO) Articolo 2621 False comunicazioni ed illegale ripartizione di utili o di acconti sui dividendi. Salvo che il fatto costituisca reato più grave, sono puniti con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da L. 2 milioni a L. 20 milioni (2640):

1) i promotori, i soci fondatori, gli amministratori, i direttori generali, i sindaci e i liquidatori, i quali nelle relazioni, nei bilanci o in altre comunicazioni sociali, fraudolentemente espongono fatti non rispondenti al vero sulla costituzione o sulle condizioni. economiche della società o nascondono in tutto o in parte fatti concernenti le condizioni medesime;

2) gli amministratori e i direttori generali che, in mancanza di bilancio approvato o in difformità da esso o in base ad un bilancio falso, sotto qualunque forma, riscuotono o pagano utili fittizi o che non possono essere distribuiti (2433, 2632);

3) gli amministratori e i direttori generali che distribuiscono acconti sui dividendi:

a) in violazione dell’Articolo 2433 bis, 1° comma;

b) ovvero in misura superiore all’importo degli utili conseguiti dalla chiusura dell’esercizio precedente, diminuito delle quote che devono essere destinate a riserva per obbligo legale o statutario e delle perdite degli esercizi precedenti e aumentato delle riserve disponibili;

c) ovvero in mancanza di approvazione del bilancio dell’esercizio precedente o del prospetto contabile previsto nell’Articolo 2433 bis, 5° comma, oppure in difformità da essi, ovvero sulla base di un bilancio o di un prospetto contabile falsi.

[2] Decreto Legislativo 11 aprile 2002, n. 61

“Disciplina degli illeciti penali e amministrativi riguardanti le societa\’ commerciali, a norma dell\’articolo 11 della legge 3 ottobre 2001, n. 366”

[3] (NUOVO) Articolo 2621

False comunicazioni sociali (1)

– Salvo quanto previsto dall\’articolo 2622, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, i quali, con l\’intenzione di ingannare i soci o il pubblico e al fine di conseguire per sè o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali previste dalla legge, dirette ai soci o al pubblico, espongono fatti materiali non rispondenti al vero ancorchè oggetto di valutazioni ovvero omettono informazioni la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene, in modo idoneo ad indurre in errore i destinatari sulla predetta situazione, sono puniti con l\’arresto fino a due anni.

La punibilità è estesa anche al caso in cui le informazioni riguardino beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi.

La punibilità è esclusa se le falsità o le omissioni non alterano in modo sensibile la rappresentazione della situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene. La punibilità è comunque esclusa se le falsità o le omissioni determinano una variazione del risultato economico di esercizio, al lordo delle imposte, non superiore al 5 per cento o una variazione del patrimonio netto non superiore all\’1 per cento.

In ogni caso il fatto non è punibile se conseguenza di valutazioni estimative che, singolarmente considerate, differiscono in misura non superiore al 10 per cento da quella corretta.

Nei casi previsti dai commi terzo e quarto, ai soggetti di cui al primo comma sono irrogate la sanzione amministrativa da dieci a cento quote e l\’interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese da sei mesi a tre anni, dall\’esercizio dell\’ufficio di amministratore, sindaco, liquidatore, direttore generale e dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, nonchè da ogni altro ufficio con potere di rappresentanza della persona giuridica o dell\’impresa”.

(1) Articolo così sostituito con la Legge 28 dicembre 2005, n. 262

[4] (NUOVO) Articolo 2622

False comunicazioni sociali in danno dei soci o dei creditori (1)

– Gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, i quali, con l\’intenzione di ingannare i soci o il pubblico e al fine di conseguire per sè o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali previste dalla legge, dirette ai soci o al pubblico, esponendo fatti materiali non rispondenti al vero ancorchè oggetto di valutazioni, ovvero omettendo informazioni la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene, in modo idoneo ad indurre in errore i destinatari sulla predetta situazione, cagionano un danno patrimoniale alla società, ai soci o ai creditori, sono puniti, a querela della persona offesa, con la reclusione da sei mesi a tre anni.

Si procede a querela anche se il fatto integra altro delitto, ancorchè aggravato, a danno del patrimonio di soggetti diversi dai soci e dai creditori, salvo che sia commesso in danno dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità europee.

Nel caso di società soggette alle disposizioni della parte IV, titolo III, capo II, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, la pena per i fatti previsti al primo comma è da uno a quattro anni e il delitto è procedibile d\’ufficio. La pena è da due a sei anni se, nelle ipotesi di cui al terzo comma, il fatto cagiona un grave nocumento ai risparmiatori. Il nocumento si considera grave quando abbia riguardato un numero di risparmiatori superiore allo 0,1 per mille della popolazione risultante dall\’ultimo censimento ISTAT ovvero se sia consistito nella distruzione o riduzione del valore di titoli di entità complessiva superiore allo 0,1 per mille del prodotto interno lordo.

La punibilità per i fatti previsti dal primo e terzo comma è estesa anche al caso in cui le informazioni riguardino beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi. La punibilità per i fatti previsti dal primo e terzo comma è esclusa se le falsità o le omissioni non alterano in modo sensibile la rappresentazione della situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene.

La punibilità è comunque esclusa se le falsità o le omissioni determinano una variazione del risultato economico di esercizio, al lordo delle imposte, non superiore al 5 per cento o una variazione del patrimonio netto non superiore all\’1 per cento.

In ogni caso il fatto non è punibile se conseguenza di valutazioni estimative che, singolarmente considerate, differiscono in misura non superiore al 10 per cento da quella corretta.

Nei casi previsti dai commi settimo e ottavo, ai soggetti di cui al primo comma sono irrogate la sanzione amministrativa da dieci a cento quote e l\’interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese da sei mesi a tre anni, dall\’esercizio dell\’ufficio di amministratore, sindaco, liquidatore, direttore generale e dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, nonchè da ogni altro ufficio con potere di rappresentanza della persona giuridica o dell\’impresa

(1) Articolo così sostituito dalla Legge 28 dicembre 2005, n. 261 “”””

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