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MAFIA & POLITICA, fra Giustizia e democrazia

Con la fine di tangentopoli degli anni ’90 e la discesa in campo dell’attuale Presidente del Consiglio, ha avuto inizio la cosiddetta seconda Repubblica che, in quanto a veleni, contrasti e lotte intestine, spesso ci fa rimpiangere la prima.

 

Tuttavia, sul piano politico e amministrativo del nostro ordinamento democratico, molto  è stato sicuramente fatto a cominciare dall’avvento della ormai collaudata nuova legge elettorale, introdotta già dal 1993 e avallato dagli italiani con apposito referendum popolare, meglio conosciuta come “sistema maggioritario”.

Trattasi di un sistema che, per assicurare una relativa rappresentatività ed una buona governabilità avrebbe bisogno di un panorama politico ben delineato e circoscritto in poche ed opposte fazioni (possibilmente due), offrendo al Parlamento  la possibilità di  una maggioranza coesa ed in grado di assicurare la funzionalità parlamentare per l’intera legislatura.

Oggi siamo sulla buona strada, nel senso che il numero dei partiti si è notevolmente ridotto, anche se ancora oggi permangono talune frammentazioni dove partiti anche modesti (spesso di poco superiori a quelli da prefisso telefonico), con ricatti e veti incrociati continuano a complicare la vita all’intera maggioranza liberamente espressa dagli elettori.

 

Da alcuni, vengono sollevate dure critiche all’attuale sistema elettorale, laddove, si afferma, non viene data voce e rappresentanza a forze minoritarie, condannando pertanto questo bipartitismo all’italiana ed auspicando un ritorno al vecchio sistema proporzionale.

A questi nostalgici signori, vorrei sommessamente ricordare:

·        I Governi della prima Repubblica, proprio grazie e per effetto di quel sistema elettorale, avevano una durata media di 8/10 mesi.

·        Con quel sistema, il popolo sovrano, cioè il corpo elettorale (tutti noi), non votavamo un Governo, bensì il solo partito il quale, molto spesso (praticamente sempre), forte di una maggioranza relativa del 30/35% (pensiamo alla Democrazia Cristiana), per raggiungere il quorum del 51% doveva allearsi con altri partitini, fino a formare il pentapartito, cioè composto da cinque diverse formazioni politiche. In altri termini, il ripetuto popolo sovrano, prima della consultazione elettorale, non conosceva né il tipo di Governo che si sarebbe formato e men che mai il programma circa i problemi da risolvere.

·        Oggi, al contrario, già prima della consultazione elettorale, viene esplicitata oltre alla coalizione di governo anche la piattaforma programmatica e questo, evidentemente, è tutto a beneficio della trasparenza, responsabilità e democrazia, ponendoci nelle migliori condizioni per un voto consapevole.

Esistono tuttavia dei problemi di governabilità, per lo più causati da una serie infinita di processi veri per accuse presunte nei confronti dell’attuale Presidente del Consiglio, che potrebbe addirittura essere indagato per concorso in alcune stragi mafiose sofferte dal nostro Paese nel lontano 1993.

Dopo la modifica dell’art. 68 della nostra Carta costituzionale riguardante la immunità parlamentare[1], in più occasioni si è tentato di introdurre qualche norma di tutela penale e processuale nei confronti delle alte cariche Stato.

I tentativi (Lodo SCHIFANI[2] e Lodo ALFANO[3]), sono miseramente falliti per effetto dell’intervento della Corte Costituzionale che gli ha negato la immunità, sia pure limitata al tempo necessario all’espletamento dell’alta carica istituzionale.

Sembra trovarsi in presenza di una magistratura che impedisce di fatto il funzionamento della democrazia, posto che, l’attuale Presidente del Consiglio, è stato eletto dalla maggioranza degli italiani.

 

Ora, in assenza di uno scudo immunitario, cosa fare?

 

Molti propendono che, al pari del senatore Andreotti, bisogna difendersi nei processi e non, come sembra voler fare il Cav. Berlusconi, dai processi.

 

E’ una tesi questa puramente teorica in quanto, anche per effetto dell’elevato numero dei procedimenti[4], difendersi dai processi, significherebbe di fatto “abdicare” il sereno esercizio della importante carica istituzionale.

 

Possiamo ragionevolmente e temporaneamente soprassedere alle vicende penali interessanti il cittadino Silvio BERLUSCONI pur continuando a credere ai valori della legalità, del senso dello Stato, della lotta al malaffare ed alla criminalità organizzata?

La risposta non è facile.

 

Posto che la legalità, la difesa dei valori e del senso dello Stato non è patrimonio di alcuna parte politica bensì di tutti gli italiani onesti, bisognerà trovare una soluzione politica che possa consentire l’esercizio della nostra democrazia ed il corretto funzionamento delle Istituzioni.

Ne consegue, inevitabilmente, che certi squilibri possono essere sanati solo da una politica lungimirante esercitata nell’interesse del Paese e non certo dai giudici e ancora meno dall’accoppiata “Romeo – Spatuzza” (pentiti di turno).

 

Non c’è molto tempo … bisogna decidere il da farsi!

 

Mattinata, 30 novembre 2009 

 


[1] Legge costituzionale 29 ottobre 1993, n.3

[2] Legge 20 giugno 2003, n.140

[3] Legge 23 luglio 2008, n.123

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