sabato, Aprile 20, 2024
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NON TI PAGO: Il cliente dell’hotel va via senza pagare? È reato

Quando il
soggiorno finisce, resta solo da pagare il conto. In caso di mancato
saldo, è insolvenza fraudolenta: cosa accade quando si va in hotel, pur
sapendo di non poter pagare?

Una delle più grandi rogne di ristoratori e albergatori è sicuramente quella dei clienti che, finito il soggiorno nella struttura, non vogliono o non possono pagare.

Vediamo, quindi, che cosa possono fare i gestori di alberghi e ristoranti quando il motivo del mancato pagamento è il rifiuto o l’insolvenza; tal condotta, infatti, è illecito penale: si parla di insolvenza fraudolenta.

Contratto d’albergo: cos’è?

Partiamo dal presupposto che, anche se il nostro ordinamento non fornisce una definizione esplicita del contratto d’albergo,
questo rapporto consensuale ad effetti obbligatori nella pratica
sociale è altamente diffuso: con esso, un soggetto, detto albergatore,
si impegna a fornire al cliente, dietro corrispettivo, una serie di
prestazioni di dare e fare; in pratica, ci si riferisce all’uso
dell’alloggio cui si accompagnano altri servizi necessari o eventuali
quali la sua pulizia, l’uso di servizi, il vitto, il parcheggio
dell’autoveicolo, ecc…

Il contratto ha forma libera, nel senso che può essere concluso sia
per iscritto, attraverso telegramma, fax, lettera cartacea o mail,
oppure verbalmente, di persona o telefonicamente; altrimenti, è
sufficiente un comportamento concludente da cui si possa desumere la
volontà delle parti di giungere alla sua conclusione.

Ad oggi, la forma più diffusa di stipulazione è sicuramente la
conclusione del contratto a distanza (via internet) o in generale fuori
dai locali commerciali.

Contratto d’albergo: come avviene la prenotazione?

Una volta effettuata la prenotazione, si può decidere di versare una caparra o garantirla fornendo i dati della propria carta di credito.

Con la prenotazione pura e semplice (senza caparra), l’albergatore è
tenuto solo a bloccare la camera, mentre il cliente può decidere di
usufruire o meno dei servizi: resta, quindi, libero di cambiare idea.
Correttezza vuole, in ogni caso, di provvedere a dare disdetta con preavviso [1]. A tal proposito, proprio per una maggiore tutela, sono sempre di più gli albergatori che scelgono il c.d. time limit,
un termine la cui inosservanza comporta l’automatica risoluzione del
contratto e, sforato il quale, la camera non viene più tenuta a
disposizione del cliente.

Se, invece, il cliente non solo prenota la camera ma versa una somma a
garanzia ulteriore della prenotazione effettuata, l’albergatore deve
tenere la stanza a sua disposizione, mentre il cliente non solo deve
presentarsi ma, se previsto dal contratto, deve anche disdire nei
termini prefissati.

Contratto d’albergo: e se il cliente non paga?

Torniamo, ora, al problema originario: cosa succede se il viaggiatore
prende possesso della propria camera, eventualmente versando anche un
acconto, ma alla fine del soggiorno non paga il conto?

In casi di tal genere, non ci troviamo di fronte solo a un
inadempimento civile. Un comportamento come questo rileva anche e
soprattutto da un punto di vista penale: si tratta, infatti, di insolvenza fraudolenta [2] e se ne parla proprio in merito al comportamento di coloro che
dissimulando il proprio stato d’insolvenza, contraggono un’obbligazione
col proposito di non adempierla. La pena prevista è la reclusione fino
ad un massimo di due anni o, in alternativa, la sola pena pecuniaria
della multa fino al massimo di euro 516,00.

Un esempio concreto? Pensiamo a Tizio, cliente dell’albergo “Alfa”,
che ha goduto del soggiorno e di parecchi extra ma, poi, ha abbandonato
la stanza approfittando di un momento di particolare confusione o di
disattenzione, evitando accuratamente la cassa. Ma non occorre per forza
che Tizio agisca con inganno “attivo”: insolvenza fraudolenta si ha
anche nel caso gli venga chiesto il pagamento ed egli affermi
candidamente di non avere la somma sufficiente per saldare, sapendo ciò
fin dall’inizio.

Quindi, conta che sussista un comportamento commissivo e consapevole del cliente, connotato da artifici e raggiri volti a far presumere la propria solvibilità.

Contratto d’albergo: se il cliente non paga è sempre insolvenza fraudolenta?

Attenzione, però: può accadere che lo stesso Tizio, per eventi
imprevisti, al momento del pagamento, non abbia contanti sufficienti e
proponga di saldare con mezzi alternativi, ma ciò non sia possibile
perché, ad esempio, il bancomat non funziona o il POS è guasto o,
ancora, perché è il ristoratore a non accettare mezzi di pagamento
alternativi.

In casi come questo, non si ha insolvenza fraudolenta: se Tizio si
mostra disponibile a fornire i propri dati identificativi, il gestore
potrà emettere fattura e attendere il successivo
pagamento. La fattura emessa costituirà una prova scritta del credito
vantato che consentirà al gestore di agire giudizialmente per il
recupero del credito, prima con ricorso per decreto ingiuntivo, e successivamente con pignoramento.

Insolvenza fraudolenta: cosa comporta?

A fronte di tale illecito, la legge non prevede l’arresto in
flagranza e neppure il fermo, non sono applicabili neppure misure
cautelari personali: dovranno essere le Forze dell’Ordine a recarsi in
hotel, identificare i soggetti e raccogliere la querela del gestore da cui potrà scaturire il processo penale successivo.

È importante che lo stesso gestore sappia che non può trattenere il
cliente contro la propria volontà: in caso contrario, si rischia il
reato di sequestro di persona.

Né il nostro fantomatico Tizio può essere costretto ad esibire i
necessari documenti per identificarlo: solo i Pubblici Ufficiali
nell’esercizio delle proprie funzioni potranno intimarglielo. Per i
ristoratori, purtroppo, questo è un problema non da poco, in quanto, nel
caso in cui il cliente si allontani dal ristorante senza attendere
l’arrivo delle forze dell’ordine, essi potranno solo procedere a
proporre querela contro ignoti fornendo alle Autorità tutti gli elementi
utili alla loro identificazione.


[1] Art. 1175 cod. civ.

[2] Art. 641 cod. pen. In tal senso anche App. Perugia, sent. n. 150, del 2015.

FONTE: laleggepertutti.it

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