venerdì, Aprile 19, 2024
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NOTARIATO: Reato di falso in atto pubblico al professionista con “procura” di un cliente in stato vegetativo – Cassazione. Sezione V penale, 29.01.2014 n.4033

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri
Magistrati:Dott. MARASCA Gennaro – Presidente -Dott. DUBOLINO Pietro –
Consigliere -Dott. FUMO Maurizio – Consigliere -Dott. PEZZULLO Rosa –
Consigliere -Dott. DEMARCHI ALBENGO P. – rel. Consigliere -ha
pronunciato la seguente: sentenzasul ricorso proposto da: M.V. N. IL
(OMISSIS);avverso la sentenza n. 3013/2011 CORTE APPELLO di GENOVA,
del03/12/2012;visti gli atti, la sentenza e il ricorso;udita in
PUBBLICA UDIENZA del 04/12/2013 la relazione fatta dalConsigliere Dott.
PAOLO GIOVANNI DEMARCHI ALBENGO;Il Procuratore generale della Corte di
cassazione, dr. GioacchinoIzzo, ha così concluso: dichiarata la
prescrizione relativamentealla procura del 25.09.2000, disporsi
l\’annullamento con rinvio perrideterminazione dell\’assetto
sanzionatorio. Rigetto del ricorso nelresto;Per il ricorrente sono
presenti gli Avvocati Padovani e Valentini, iquali chiedono
l\’accoglimento del ricorso.

Fatto

1. Il notaio M.V. è imputato del reato
di cui all\’articolo 479 del codice penale perchè, in piùoccasioni, nel
ricevere la procura generale conferita da L.C. in favore dell\’avvocato
C.G. il 25settembre 2000 e la procura speciale conferita in favore
dello stesso avvocato C. il 24 ottobre2001, attestava falsamente che il
Lumachelli aveva dichiarato di non poter sottoscrivere i predettiatti,
mentre nessuna dichiarazione era stata da costui effettuata.

2. Il tribunale di Pontremoli lo ha
dichiarato colpevole del reato ascritto, previa concessione
delleattenuanti generiche, e lo ha condannato alla pena di tre anni di
reclusione, con risarcimento deidanni in favore della parte civile. La
Corte d\’appello di Genova, su impugnazione dell\’imputato edel
Procuratore generale, ha negato le attenuanti generiche, rideterminando
la pena in anni tre emesi sei di reclusione.

3. Contro la predetta sentenza propone ricorso per cassazione l\’imputato per i seguenti motivi:

a. erronea applicazione dell\’art. 479 c.p., e comunque contraddittorietà e manifesta illogicità dellamotivazione.

b. Mancanza e, comunque, contraddittorietà della motivazione in relazione alla sussistenza delnesso psichico.

e. Erronea applicazione dell\’art. 62
bis c.p., art. 81 cpv. c.p., e art. 133 c.p., e, comunque,mancanza e
contraddittorietà della motivazione in ordine alla quantificazione
dell\’aumento per lacontinuazione ed all\’individuazione della pena base.

Con memoria inviata a mezzo fax il 21
novembre 2013, il difensore dell\’imputato rileva che per ilfatto del 25
settembre 2000 è ormai maturata la prescrizione, essendo passati 12
anni e mezzo dalrogito relativo alla prima procura generale.

Diritto

1. Il primo motivo di ricorso è
articolato in plurime censure; in primo luogo si contesta lamanifesta
illogicità della motivazione perchè essa non spiega la singolarità del
comportamento delnotaio che, pur potendo rogare gli atti in assenza di
scomodi testimoni, decise autonomamente diformarli alla presenza di
testimoni, considerando le difficoltà di sottoscrizione del
Lumachelli.Questa censura è manifestamente infondata, dal momento che è
l\’articolo 48 della legge notarile arichiedere la presenza dei
testimoni se una parte non può sottoscrivere (La capacita di leggere
escrivere richiesta dall\’art. 48 della legge notarile per una legittima
rinunzia all\’assistenza deitestimoni è soltanto quella che consente
alle parti roganti di controllare la rispondenza dell\’atto alleloro
volontà e di sottoscriverlo; cfr. Sez. 1, Sentenza n. 203 del
23/01/1967, Rv. 325943); lacondotta del notaio, che richiese la
presenza dei testimoni, dunque, non fu scelta discrezionaleindicativa
di particolare cautela, bensì soluzione obbligata ai sensi della L. n.
89 del 1913, al finedi non redigere un atto nullo, con le note
conseguenze anche di tipo disciplinare per ilprofessionista. Del tutto
pretestuosa, poi, la considerazione che il notaio avrebbe potuto
fareripetere la firma al Lumachelli finchè non fosse stata
sufficientemente chiara, dal momento chequest\’ultimo non era, per
giudizio concorde di tutte le parti processuali, assolutamente in grado
dicoordinarsi dal punto di vista motorio.

Eloquente, in proposito, è la
descrizione del simulacro di sottoscrizione rinvenuto dal giudice
sullabozza della prima procura (pagina 17 della sentenza di appello).
Contraddittorie, poi, sono leconsiderazioni in ordine alla scelta dei
testimoni, laddove a pagina sette si valorizzano le
qualitàprofessionali del medico e i rapporti di amicizia del Lumachelli
con gli altri testimoni, mentre piùavanti si afferma che i testimoni
furono scelti da terzi (cfr.pag. 8 del ricorso; lo stesso teste R. confermò di essere stato chiamato dal fratello del delegante enon dal notaio: v. Pag.
38 dell\’allegato al ricorso per cassazione).

2. In secondo luogo si lamenta la
contraddittorietà della motivazione, perchè “redatta secondo unoschema
di mera giustapposizione di singoli segmenti probatori – valutati
individualmente esecondo specifiche differenti regole di giudizio –
che, nella composizione di un\’unica motivazione,senza un coordinamento
logico giuridico, risultano irrimediabilmente dissonanti”. Sotto
taleprofilosi richiama, quale esempio, il giudizio di inattendibilità
formulato dalla Corte in relazione alladeposizione del dottor R.,
medico generico non specialista, con la ritenuta attendibilità del teste
P.,privo di competenze mediche. La censura sulla motivazione concerne
parecchi punti dellasentenza.

3. A questo punto si deve rilevare
che, come osservato dalla difesa, il termine prescrizionale per ilfatto
di reato più risalente, ossia quello commesso con la procura generale
del 25 settembre 2000,è ormai prescritto. La fondatezza dei motivi di
ricorso, peraltro, va esaminata ai fini dellestatuizioni civili.

4. Sostiene la difesa che la Corte non
abbia spiegato il motivo per cui il P., pur avendo sottoscrittoquale
testimone l\’atto di procura generale, l\’avesse poi disconosciuto a più
di due anni di distanza.Tale censura è infondata; sul punto c\’è
motivazione specifica, che lo stesso ricorso riporta a pagina11, e si
tratta di motivazione priva di evidenti vizi, anzi caratterizzata da una
innegabile logicità.Va ricordato che il controllo di legittimità sulle
sentenze è assai limitato e non può in alcun casoestendersi alla
ricostruzione del fatto ed alle altre valutazioni di merito, a meno che
si riscontriassenza di motivazione o illogicità o contraddittorietà
della stessa. Quanto al primo profilo, si devericordare che non è
necessario che il giudice di merito sviluppi nella motivazione la
specifica edesplicita confutazione della tesi difensiva disattesa,
essendo sufficiente, per escludere la ricorrenzadel vizio di
motivazione, che la sentenza evidenzi una ricostruzione dei fatti che
conduca allareiezione della deduzione difensiva implicitamente e senza
lasciare spazio ad una validaalternativa (cfr. sez. 2, n. 24847 del 5
maggio 2009, Polimeni). In senso analogo, Sez. 6, n. 20092del
04/05/2011, Schowick, secondo cui: “Il dovere di motivazione della
sentenza è adempiuto, adopera del giudice del merito, attraverso la
valutazione globale delle deduzioni delle parti e dellerisultanze
processuali, non essendo necessaria l\’analisi approfondita e l\’esame
dettagliato dellepredette ed è sufficiente che si spieghino le ragioni
che hanno determinato il convincimento,dimostrando di aver tenuto
presente ogni fatto decisivo, nel qual caso devono
considerarsiimplicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche
se non espressamente confutate, sianologicamente incompatibili con la
decisione adottata”; così anche Sez. 6, n. 1307 del 26/09/2002,Delvai:
“La motivazione della sentenza di appello è del tutto congrua se il
giudice abbia confutatogli argomenti che costituiscono l\’ossatura dello
schema difensivo dell\’imputato, e non una per unatutte le deduzioni
difensive della parte, ben potendo, in tale opera, richiamare alcuni
passaggidell\’iter argomentativo della decisione di primo grado, quando
appaia evidente che tali motivazionicorrispondano anche alla propria
soluzione alle questioni prospettate dalla parte”. Ed ancora Sez.4, n.
26660 del 13/05/2011, Caruso, Rv. 250900: “La sentenza di merito non è
tenuta a compiereun\’analisi approfondita di tutte le deduzioni delle
parti e a prendere in esame dettagliatamente tuttele risultanze
processuali, essendo sufficiente che, anche attraverso una valutazione
globale diquelle deduzioni e risultanze, spieghi, in modo logico ed
adeguato, le ragioni del convincimento,dimostrando che ogni fatto
decisivo è stato tenuto presente, sì da potersi
considerareimplicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche
se non espressamente confutate, sianologicamente incompatibili con la
decisione adottata”. Quanto al vizio vero e proprio dellamotivazione,
si deve ribadire che l\’illogicità o la contraddittorietà della
motivazione, per essererilevanti in cassazione, devono essere di tale
evidenza da essere percepibili ictu oculi, senzanecessità di
particolari indagini, dovendo il sindacato di legittimità essere
limitato a rilievi dimacroscopica evidenza e restando ininfluenti le
minime incongruenze. Ciò al fine di evitare che ilgiudizio di
cassazione si trasformi in un terzo grado di merito, non essendo a
questa Corteconsentito di ingerirsi nelle valutazioni discrezionali
riservate ai giudici di primo e secondo grado.

5. Sostiene la difesa che le
dichiarazioni contraddittorie del P., rispetto al suo ruolo di
testimonedell\’atto, siano prive di riscontri e si rileva la
inattendibilità del teste, anche con riferimento allasua esclusione
quale parte civile del processo.

Sotto il primo profilo, il fatto che
il teste abbia reso dichiarazioni che contrastano in parte con ilsuo
ruolo di testimone dell\’atto vale a rafforzare, piuttosto che ad
indebolire, la sua testimonianza,dal momento che con tale condotta egli
si è esposto alla possibilità di azioni di responsabilità neisuoi
confronti.

Del tutto gratuite ed infondate sono
le considerazioni circa l\’assenza di riscontri alla suadeposizione,
essendo sufficiente citare la perizia medica, che ha concluso per la
assolutaincapacità di intendere e di volere del L. al momento degli
atti.

Quanto alla valutazione di
attendibilità del teste, trattasi appunto di valutazione di merito che
èriservata al giudice di appello e sulla quale questa Corte non può
intervenire, essendocimotivazione adeguata alle pagine 22 e 23 del
provvedimento impugnato; la esclusione del P. qualeparte civile non
comporta alcuna incapacità a testimoniare, nè è motivo automatico
diinattendibilità della sua deposizione, se solo si considera che la
persona offesa costituita partecivile è teste a tutti gli effetti, per
cui a maggior ragione può essere valutata positivamente latestimonianza
di chi nel processo non ha alcun interesse patrimoniale, nemmeno
indiretto, peressere stata esclusa la sua partecipazione. La esclusione
della costituzione di parte civile, che èprovvedimento giudiziale e
non di parte, dovrebbe allora comportare una maggior
serenitànell\’esposizione dei fatti, venendo meno quel coinvolgimento
diretto nel processo che potrebbegiustificare una non perfetta
imparzialità.

6. La censura motivazionale più
importante attiene alla valutazione comparativa di attendibilità
deitesti R. e P.; la difesa, premesso che il tribunale avrebbe
riportato la deposizione del R. in terminilievemente travisati (così
giustificando l\’allegazione al presente ricorso della sua
deposizione),lamenta la ritenuta inattendibilità di tale ultimo teste
sulla considerazione (operata dalla Corte) cheegli era medico non
specialista e quindi non idoneo a valutare la capacità di intendere e
volere delL., mentre è stato ritenuto attendibile, in ordine alla
valutazione sulla capacità del delegantenell\’atto pubblico, l\’altro
testimone ( P.) che è privo di qualsiasi competenza medico- legale. In
più,secondo la difesa, la Corte avrebbe dovuto tener conto non solo
della intrinseca e qualificatamaggior attendibilità del medico, ma
anche del lungo periodo di osservazione e cura del paziente(pagina 16
del ricorso). Il Procuratore generale presso questa Corte, nella sua
requisitoria, haritenuto trattarsi di valutazione di merito su prove
contrapposte, non censurabile in cassazione.Oltre alle predette
considerazioni, il Collegio ritiene che la censura sia infondata perchè
non èriscontrabile un\’illogicità manifesta; premesso che il R. ha
dichiarato di aver acquisito il pazientenel mese di agosto del 2000
(cfr. pag.106 dell\’allegato uno al ricorso) e
che la procura generale è stata rogata il 25 settembre 2000, deltutto
fuori luogo sono le osservazioni circa la profonda conoscenza dello
stato clinico del paziente,che era stato acquisito solo un mese prima.
Più seria, invece, è la censura relativa allacontraddittorietà della
motivazione con riferimento alle qualità professionali dei testi.

Effettivamente, pare di primo acchito
non giustificabile la maggior attendibilità, in ordine allevalutazioni
di capacità del L., riconosciuta al teste P., assolutamente privo di
qualificazione incampo medico, rispetto al medico curante, al quale si
deve riconoscere, salvo specifici elementi disegno contrario, una
maggiore capacità di discernimento in ordine alle patologie, pur se di
naturapsichiatrica. In verità, peraltro, la illogicità del ragionamento
operato dalla Corte è solo apparente,tenendo conto del fatto che
mentre il teste P. riferisce una circostanza di fatto di
comunevalutazione (l\’essere il L. in uno stato vegetativo, abulico,
impossibilitato a rendere qualsiasi tipodi dichiarazione, quasi si
trattasse di un elemento dell\’arredamento e non di un soggetto
cheinterviene coscientemente e volontariamente ad un atto), il R.
invece si inserisce in un campomedico che non è il suo, lanciandosi in
valutazioni attinenti alla sfera psichica del soggetto edesprimendo
valutazioni in ordine alle sue capacità cognitive, peraltro in termini
molto dubitativi.

In proposito, sebbene a questa Corte
sia normalmente precluso l\’esame degli atti istruttori, tuttaviala
denuncia di un vizio di travisamento da parte della difesa e
l\’allegazione, a tal fine, dei verbalidell\’esame dibattimentale, hanno
consentito ed anzi imposto la disamina delle dichiarazioni resedal R..
Ed allora, questo collegio, rilevata prima di tutto l\’insussistenza di
alcun travisamento daparte del giudice di secondo grado, osserva che il
medico ha nel complesso espresso un giudiziopiuttosto vago e
dubitativo sulle capacità del L. (“capiva secondo me”;

“difficile giudicare la qualità della
sua attenzione, però mi sembrava abbastanza concentrato sullacosa,
insomma…”; “Non parlava…”; “Non ha parlato, no, no questo non ha mai
parlato durantetutta la… “; “Il signor L. era come era sempre, ciò
era con la sua espressione unica che aveva,seduto, guardava il
notaio… Io spero che abbia capito”). Non si deve poi dimenticare che
lo stessoteste ha dichiarato che il notaio non spiegò al L. il
significato dell\’atto per il quale richiedeva lafirma (pagina 42 e 47
della trascrizione) e ha dichiarato altresì che quest\’ultimo non era in
grado dipartecipare attivamente ad affari (pagina 45). Da quanto
esposto, risulta evidente che ladeposizione del R. esprime giudizi in
ordine alla capacità psichica del soggetto, così entrando inun campo
medico che non gli appartiene, ed in ogni caso formula tali giudizi in
modo moltopersonale e dubitativo, arrivando persino a dichiarare che
non gli fu spiegato l\’oggetto dell\’atto chesi andava a compiere,
formulando conclusivamente una speranza che il suo paziente abbia
capitocosa stava facendo. Ed allora, la valutazione compiuta dal
tribunale circa l\’attendibilità dei duetestimoni cessa di essere
manifestamente illogica ed assume invece una sua coerenza
laddovepreferisce una deposizione che cade su un fatto esteriore,
percepibile da tutti (lo stato vegetativo,abulico del soggetto e la sua
incapacità ad articolare parola) rispetto ad una
valutazionedell\’elemento psichico che, peraltro, come tale sarebbe
preclusa al teste per essere riservata aconsulenti e periti. La Corte
ha poi valorizzato, con giudizio di merito non sindacabile in
questasede, il fatto che il P. si sia esposto a possibili
responsabilità, rendendo dichiarazioni in potenzialecontrasto con il
suo ruolo di testimone dell\’atto, mentre il R. ha preferito mettersi al
riparo daeventuali addebiti, confermando la correttezza del suo operato
in sede di redazione della procuragenerale.

7. Infine, la difesa lamenta che
un\’illogica svalutazione delle prove contrarie abbia colpito anche
ledeposizioni dei testi L. G. e dell\’avv. C., ma questa censura è
inammissibile per la sua genericità.

8. Conclusivamente, dunque, deve
ritenersi che le censure relative alla procura generale del 25settembre
2000, esaminate ai soli fini del rigetto del ricorso per quanto
riguarda le statuizionicivili, siano infondate.

9. Con riferimento alla procura
speciale del 24 ottobre 2001, la difesa contesta la motivazionedella
sentenza di appello osservando che la deposizione del teste R. si salda
perfettamente conquella dei testi presenti alla suddetta procura
speciale; tali testi, nell\’esposizione difensiva,avrebbero confermato
la deposizione del dottor R., arricchendola di nuovi particolari, quali
adesempio il fatto che il L. li aveva riconosciuti, offrendo loro dei
cioccolatini e facendoliaccomodare. Tale affermazione difensiva è
affetta, invero, da quel travisamento che il ricorsoattribuisce
ingiustamente alla Corte d\’appello; ed invero, il teste Pinotti dice
esattamente ilcontrario di quanto si riferisce a pagina 21 del ricorso,
e cioè afferma che il L. non lo hariconosciuto (pagina 24 della
sentenza) ed entrambi i testi P. e Ca. riferiscono che il L. non ha
maifatto delle dichiarazioni circa la sua difficoltà o impossibilità a
sottoscrivere ed addirittura la Ca.non ricorda nemmeno che sia stato
letto il passo dell\’atto relativo all\’affermazione di non
potersottoscrivere (pagine 25 e 26 della sentenza).

10. La difesa contesta, poi, la
illogicità della motivazione laddove la Corte ritiene che il L.
possaaver attraversato un momento di temporanea lucidità allorchè fu
interrogato dal giudice istruttorenell\’ambito della causa di
interdizione promossa pochi mesi dopo la prima procura
(l\’esamedell\’interdicendo da parte del giudice istruttore è del 15
gennaio 2001). La motivazione adottatadalla Corte, lungi dall\’essere
illogica o contraddittoria, è l\’unica possibile nel dato contesto di
fatto;occorre ricordare, infatti, che non è contestato, nè
contestabile, che il L. all\’atto della redazione dientrambe le procure
fosse incapace di articolare parola, mentre nel corso dell\’esame da
parte delgiudice istruttore nel gennaio del 2001 (e cioè tra le due
procure oggetto di giudizio) rispose inmodo pertinente alle domande che
gli venivano poste, sebbene con una certa lentezza. E\’
evidente,dunque, che, salvo a voler tacciare di falso il verbale del
tribunale di Massa, vi è stato unmomentaneo regresso della malattia,
ovvero una parentesi di lucidità del L.. Si tratta
dell\’unicaspiegazione possibile e, comunque, non è compito della Corte
ricercare la giustificazione medicarispetto a fatti storici che
risultano accertati senza ombra di dubbio.

11. La difesa sostiene la erroneità
delle conclusioni del giudice di appello laddove annovera neipossibili
contenuti falsi dell\’atto pubblico l\’arbitraria interpretazione del
notaio in ordineall\’impossibilità di sottoscrizione, con ciò
confondendo l\’esistenza della capacità di intendere e divolere con la
riconoscibilità nel soggetto di condizioni patologiche coinvolgenti la
sfera psichica.Questa censura non risulta sufficientemente chiara ed in
ogni caso la Corte ha ritenuto che ilnotaio abbia attribuito alla
parte una dichiarazione che non è mai stata pronunciata, e non solo
cheabbia effettuato una erronea interpretazione della volontà di parte;
ciò è più che sufficiente perintegrare il falso ideologico contestato.

12. Sotto il profilo della violazione
di legge, la difesa afferma che il notaio ha esclusivamentel\’obbligo di
verificare l\’esistenza della capacità legale e di accertare l\’esatta
volontà delle parti conriferimento all\’atto rogando, senza necessità di
esaminare la capacità di intendere e di volere (ilnotaio avrebbe
l\’obbligo di prestare il suo ministero ogni volta che ne è richiesto, ai
sensi dell\’art.27 della legge notarile). Tale affermazione è inesatta
perchè, dato e non concesso che il notaiodebba esclusivamente indagare
la volontà del cliente, traducendola in un linguaggio giuridicocorretto
ed idoneo al raggiungimento dello scopo prefissato, è evidente che
qualora il soggetto sitrovi nell\’incapacità di intendere e di volere,
nessuna volontà può essere formata e, nel caso dispecie (in cui il L.
era addirittura nella impossibilità di esternare i propri processi
psichici),nemmeno comunicata all\’esterno. E\’ evidente, dunque, che
l\’assenza in capo al soggetto dellacapacità di intendere e di volere
(elemento di fatto accertato dalla Corte d\’appello di Genova e nonpiù
opinabile in questa sede, in quanto correttamente motivato) impediva la
formazione e lacomunicazione di una libera ed autonoma volontà da parte
del L., ciò riflettendosi sull\’obbligo delnotaio di accertare l\’esatta
volontà del cliente (obbligo, nella specie, inadempiuto). In ogni caso,
sidimentica che al notaio non viene contestato di aver rogato un atto
in stato di incapacità dellaparte, bensì di avere falsamente riportato
in atti una dichiarazione – circa l\’impossibilità disottoscrivere – che
non sarebbe mai stata formulata, nemmeno a gesti.

13. Con il secondo motivo di ricorso,
la difesa deduce mancanza e, comunque, contraddittorietàdella
motivazione in relazione alla sussistenza del nesso psichico, laddove la
sentenza individual\’indicatore sintomatico del dolo nell\’esistenza di
un interesse di natura economica allafalsificazione, da rintracciarsi
nel beneficio ricavato con la retribuzione per la redazione degli
atti.L\’argomento indicato dalla difesa è specioso; ed invero, la Corte
affronta il problema dell\’interesseall\’atto in quanto oggetto di uno
specifico motivo di appello (pagina 11 della sentenza), per cuirisulta
singolare che la difesa si lamenti di questo passaggio. Inoltre, la
difesa sembra sovrapporreil dolo richiesto dalla norma, con le
motivazioni che spingono il soggetto a realizzare la
condottaantigiuridica. Il dolo del falso si esaurisce nella
consapevolezza di dichiarare un fatto noncorrispondente al vero, mentre
diverso è l\’aspetto della motivazione che spinge il
soggettoall\’azione; nel caso di specie l\’esame sulla motivazione
dell\’azione può sì costituire uno deglielementi di indagine in ordine
all\’elemento soggettivo, ma non ne esaurisce certo l\’ambito. In
ognicaso, la motivazione della Corte d\’appello è tutt\’altro che
illogica e corrisponde piuttosto ad unamassima di esperienza; peraltro,
si deve tener conto non solo dell\’interesse patrimoniale
direttoconcernente il singolo atto, ma anche della opportunità di non
perdere un cliente facoltoso. Sideve, poi, ricordare che nell\’ambito
della professione notarile l\’aspetto patrimoniale non èricollegato
tanto alla qualità del singolo atto, essendo gli importi normalmente
modesti inrelazione al reddito medio professionale, quanto piuttosto
alla quantità e dunque il non rifiutare unatto costituisce una
motivazione che può giustificare, per professionisti privi della
necessariaserietà, la violazione del propri doveri.

14. Con il terzo motivo di ricorso si
deduce erronea applicazione degli artt. 62 bis, 81 cpv. e 133c.p., e,
comunque, mancanza e contraddittorietà della motivazione in ordine alla
quantificazionedell\’aumento per la continuazione ed all\’individuazione
della pena base. Sotto tale profilo, osservala difesa che l\’attuale
formulazione dell\’articolo 62-bis del codice penale, laddove esclude che
laconcessione delle attenuanti generiche possa essere fondata solo
sulla assenza di precedenticondanne, non può trovare applicazione con
riguardo a fatti commessi prima dell\’entrata in vigoredella modifica
del 2008. In secondo luogo, l\’argomento speso dalla Corte
(“l\’incensuratezza èdavvero il minimo che si possa pretendere da un
pubblico ufficiale”) fonderebbe una ingiustificatadisparità di
trattamento in punto di quantificazione della pena tra il pubblico
ufficiale ed un altroimputato privo di tale qualità.

15. Or bene, i motivi relativi alla
dosimetria della pena restano assorbiti dall\’annullamentoderivante
dall\’intervenuta prescrizione di uno dei due fatti di reato, posto che
in sede di rinvio ilgiudice di appello dovrà procedere ad una nuova
quantificazione del trattamento sanzionatorio.Venendo meno uno dei due
reati in continuazione, perderanno del tutto interesse le
questionirelative alla dedotta violazione dell\’articolo 81 del codice
penale, mentre con riferimento alleattenuanti generiche, prospettandosi
nuovamente la loro applicabilità anche in sede di rinvio eribadita la
libertà decisionale, sul punto, del giudice di merito (che potrà,
pertanto, concederle ovelo ritenga) è opportuno osservare, sotto un
profilo di diritto, che sebbene non sia applicabile ai fattiin
questione la disposizione dell\’art. 62 bis c.p., nella sua attuale
formulazione, ciò non toglie cheanche prima della modifica del 2008 le
attenuanti generiche non potessero essere riconosciuteesclusivamente
sulla base della mancanza di precedenti penali (v. Sez. 4, n. 31440 del
25/06/2008,Olavarria Cruz, Rv. 241898: Nell\’applicazione delle
circostanze attenuanti generiche il giudicenon può tenere conto
unicamente dell\’incensuratezza dell\’imputato, ma deve considerare anche
glialtri indici desumibili dall\’art. 133 c.p. (Principio affermato in
relazione al testo dell\’art. 62 bis c.p.,vigente prima delle modifiche
apportate dalla L. n. 125 del 2008).

16. In ogni caso, la differenza di
valutazione dell\’operato del pubblico ufficiale, rispetto al
privatocittadino, non è affatto ingiustificata, essendo comprensibile
che al primo sia richiesto maggiorrigore morale e maggiore attenzione
nel rispetto delle leggi, in virtù dei benefici che egli ricevedallo
Stato (nel caso di specie attraverso l\’abilitazione all\’esercizio di
attività notarile). Quanto allaasserita mancata idonea valutazione del
comportamento processuale dell\’imputato, trattasi divalutazione di
merito che non può essere rimessa in discussione in questa sede di
legittimità,avendo trovato compiuta motivazione, priva di evidenti vizi
logici, alle pagine 40 e 41 dellasentenza. La difesa afferma che il
comportamento processuale non può mai assumere valenzanegativa, a meno
che sia ambiguo e reticente. L\’affermazione non prova nulla; la
concessione delleattenuanti generiche non è un diritto automatico
dell\’imputato (che si può escludere in caso dielementi negativi di
valutazione), ma, al contrario, presuppone il riconoscimento, in
positivo, dielementi di valutazione tali da giustificare la diminuzione
della pena. Ne consegue che, anche anon ritenere sussistente un
comportamento processuale negativo del M., il mancato apprezzamentoin
positivo della sua condotta processuale costituisce valutazione di
merito che giustifica lamancata concessione delle predette attenuanti e
che non è sindacabile in questa sede di legittimità,essendo
adeguatamente motivato.

17. Le altre questioni relative alla
quantificazione della pena restano assorbite
dall\’intervenuto annullamento con rinvio per la rideterminazione del
trattamento sanzionatorio.

18. In conclusione, va annullata la
sentenza impugnata, ai soli effetti penali, in ordine al falsorelativo
alla procura generale del 25 settembre 2000, per essere il reato estinto
per prescrizione; neconsegue il rinvio ad altra sezione della Corte
d\’appello di Genova per la sola rideterminazione deltrattamento
sanzionatorio per il reato commesso il 24 ottobre 2001. Il ricorso va
rigettato nel resto,comportando ciò il passaggio in giudicato delle
statuizioni civili e della pronuncia di condannarelativa alla procura
speciale del 2001.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza
impugnata in ordine al falso relativo alla procura generale del
25settembre 2000 per essere il reato estinto per prescrizione.

Annulla la medesima sentenza con rinvio ad altra sezione della Corte d\’appello di Genova inordine al trattamento sanzionatorio.

Rigetta nel resto il ricorso.

Così deciso in Roma, il 4 dicembre 2013.
Depositato in Cancelleria il 29 gennaio 2014

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