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PC AZIENDALE: Giocare in azienda si rischia il licenziamento

        

CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 07 novembre 2013, n.
25069

Lavoro – Licenziamento per giustificato motivo soggettivo – Uso
del pc aziendale per motivi di gioco durante l’orario di servizio – Mancata
contestazione del numero di partite disputate – Genericità dell’addebito

 

Svolgimento del processo

 

Con sentenza pubblicata il 9 agosto 2010 la Corte
d’appello di Roma, in riforma della sentenza del Tribunale di Roma del 21 aprile
2009, ha dichiarato la nullità del licenziamento intimato a C. F. dalla K24 P.
s.r.l. in data 6 dicembre 2007, ha condannato tale società a riassumere il C.
entro tre giorni o, in mancanza, al risarcimento del danno in misura pari a sei
mensilità dell’ultima retribuzione di fatto rigettando ogni altra domanda. Il
licenziamento in questione era stato intimato a seguito di lettera di
contestazione del 23 novembre 2007, con la quale era stato addebitato al
lavoratore di avere utilizzato, durante l’orario di lavoro, il computer
dell’ufficio per giochi, con un impiego calcolato nel periodo di oltre un anno,
di 260 – 300 ore provocando, in tal modo, un danno economico e di immagine
all’azienda. La Corte territoriale è pervenuta alla decisione di nullità del
licenziamento considerando non tardiva la contestazione in quanto la tardività
va rapportata al momento in cui il datore viene a conoscenza del fatto
addebitato indipendentemente dalla possibilità di conoscerlo prima; ha poi
ritenuto che il controllo del computer dell’azienda da cui è emerso il suo
indebito utilizzo, non configurerebbe controllo a distanza vietato dall’art. 4
della legge 300 del 1970, in quanto il lavoratore aveva probabilmente consentito
tale controllo; ha tuttavia ritenuto generica la contestazione che fa
riferimento ad un solo concreto episodio rimanendo per il resto generica e tale
da non consentire al lavoratore una puntuale difesa; sulle conseguenze della
nullità del licenziamento ha ritenuto tardive le deduzioni del lavoratore in
merito al requisito dimensionale del datore di lavoro ai fini della tutela
reale, avendo questi prospettato circostanze nuove relative a collegamenti
societari in modo inammissibile, al fine di contrastare la prova fornita dal
datore di lavoro riguardo al numero dei dipendenti.

Il C. propone ricorso per cassazione avverso tale
sentenza affidato ad un unico articolato motivo.

La K24 P. s.r.l. resiste con controricorso e svolge
ricorso incidentale affidato a tre motivi.

 Il C. resiste con controricorso al ricorso
incidentale avversario.

La K24 P. s.r.l. ha presentato memoria.

 

Motivi della decisione

 

Con l’unico motivo del ricorso principale si lamenta
violazione e falsa applicazione degli artt. 112 cod. proc. civ., 2697 cod. civ.
in relazione all’art. 5 della legge n. 604 del 1966, 18 della legge n. 300 del
1970, 420 e 437 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, n. 3 cod. proc. civ.,
omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su di un punto decisivo
della causa ai sensi dell’art. 360, n. 5 cod. proc. civ. In particolare si
assume che il ricorrente non avrebbe modificato gli elementi di fatto dedotti in
quanto i fatti allegati a sostegno della esistenza del requisito dimensionale
erano stati acquisiti in giudizio e, comunque, il ricorrente non ha svolto
alcuna domanda nuova non avendo in alcun modo modificato il bene della vita
richiesto con il petitum iniziale. Anche gli elementi di diritto non sono
cambiati avendo il ricorrente richiesto la reintegrazione nel posto di lavoro
quale conseguenza della dichiarazione di nullità del licenziamento, e le
deduzioni riguardo al requisito dimensionale costituiscono conseguenza
dell’eccezione proposta dalla controparte.

Con il primo motivo del ricorso incidentale si
lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 113, 115, 116, 414 e
437 cod. proc. civ. anche in relazione agli artt. 1 e 3 della legge n. 604 del
1966 e 18 della legge n. 300 del 1970, e 2697 cod. civ. ex art. 360, n. 3 cod.
proc. civ., nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione ex art.
360, n. 5 cod. proc. civ. In particolare si deduce che il giudice dell’appello,
nell’ordinare la riassunzione del lavoratore entro tre giorni, avrebbe accolto
una domanda non formulata dal lavoratore che aveva chiesto la reintegra nel
posto di lavoro senza considerare la mancanza del requisito dimensionale che
consente tale tutela reale.

Con il secondo motivo del ricorso incidentale
condizionato si assume violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 3 della
legge n. 604 del 1966 e successive modifiche ed integrazioni, degli artt. 1218 e
seguenti cod. civ., degli artt. 113, 115 e 116 cod. proc. civ., e dell’art. 2697
cod. civ. ex art. 360, n. 3 cod. proc. civ., degli artt. 46 e 48, commi 6, 50 e
52 CCNL dei dipendenti dell’industria chimica farmaceutica, anche in relazione
agli artt. 1362 e seguenti cod. civ., nonché omessa e contraddittoria
motivazione su un punto decisivo. In particolare si deduce che la lettera di
contestazione, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice dell’appello,
conterrebbe precisi elementi dell’addebito contestato documentato anche da un
accertamento tecnico da cui risulta anche l’indicazione del numero delle partite
giocate dal dipendente con il computer dell’azienda, che giustificherebbe
ampiamente l’esistenza del giustificato motivo soggettivo della risoluzione del
rapporto.

Con il terzo motivo condizionato si lamenta
violazione e falsa applicazione degli artt. 18 della legge n. 300 del 1970 e
successive modificazioni ed integrazioni, degli artt. 1223, 1224, 1225, 116,
1227 cod. civ., nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione. Si
assume che, in caso di accoglimento del ricorso avversario, comunque nulla gli
spetterebbe a titolo di risarcimento del danno avendo il lavoratore trovato
immediata ricollocazione lavorativa presso altra azienda, come dichiarato in
udienza dal medesimo C..

Per motivi di ordine logico si esamina
preliminarmente il secondo motivo de ricorso incidentale che è fondato.
L’addebito mosso al lavoratore di utilizzare il computer in dotazione a fini di
gioco non può essere ritenuto logicamente generico per la sola circostanza della
mancata indicazione delle singole pentite giocate abusivamente dal lavoratore.
Appare dunque illogica la motivazione della sentenza impugnata che lamenta
indicazione specifica delle singole partite giocate, essendo il lavoratore posto
in grado V, di approntare le proprie difese anche con la generica contestazione
di utilizzare in continuazione, e non in episodi specifici isolati, il computer
aziendale.

La sentenza impugnata deve dunque essere cassata con
rinvio alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione che provvederà ad
una diversa decisione non considerando generica la lettera di contestazione da
cui è poi conseguito il licenziamento per cui è causa, e provvederà anche alle
spese di giudizio.

Il ricorso principale e gli altri motivi del ricorso
incidentale restano assorbiti. 

P.Q.M. 

Accoglie il secondo motivo del ricorso
incidentale;

Dichiara assorbiti gli altri motivi del ricorso
incidentale ed il ricorso principale;

Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le
spese, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.

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