La Corte di Strasburgo ha condannato il Governo italiano a risarcire oltre 870mila euro a 8 pensionati
Viola la Convenzione Europea dei diritti dell\’uomo la legge introdotta dallo Stato membro che ribalta in sistema di calcolo delle pensioni e viene applicata in via retroattiva: ciò, infatti, realizza sacrifici sproporzionati per i pensionati, pertanto lo Stato sarà tenuto a risarcire i ricorrenti per il danno patrimoniale subito.
Con una sentenza del primo giugno 2017, la Corte Europea dei diritti dell\’uomo è intervenuta condannando l\’Italia a risarcire a otto pensionati oltre 870mila euro, a titolo di risarcimento del danno patrimoniale a causa del taglio del 67% delle loro pensioni, più danni morali.
La condanna giunge a seguito dei ricorsi presentati sulle c.d.pensioni svizzere (ricorso 21838/10): la sentenza intervenuta il 15 aprile 2014 aveva accertato la violazione italiana, seguita da quest\’ultima riguardante la quantificazione dell\’indennizzo dovuto ai ricorrenti.
Una cifra di non poco conto che andrà a gravare sulle casse dello Stato, conseguenza di un provvedimento che inciderà anche su altri ricorsi simili pendenti nel nostro paese, quali hanno già ingenerato un rinvio alla Corte Costituzionale.
A ricorrere alla Corte EDU sono cittadini italiani, che avevano lavorato in Svizzera, qui versando i contributi per la pensione poi trasferiti in Italia. I ricorrenti avevano poi chiesto all\’INPS di calcolare l\’ammontare della propria pensione applicando la Convenzione italo-svizzera del 1962, ma l\’istituto di previdenza aveva utilizzato una retribuzione teorica e non quella effettiva.
Ciò aveva determinato una forte riduzione del trattamento pensionistico rispetto a quello atteso, posto che i contributi versati in Svizzera sono dell\’8% mentre in Italia superano il 30%. Da qui, una serie di ricorsi presso i giudizi nazionali che si sarebbero presumibilmente concluso con una vittoria se, nel mentre il Parlamento non avesse emanato la legge “finanziaria” n.296/2006 che ha introdotto il metodo del calcolo contributivo.
I cambiamenti introdotti dal provvedimento, con effetto retroattivo, sono stati ritenuti dai giudici di Strasburgo violativi del diritto all\’equo processo e al rispetto della proprietà privata degli 8 pensionati.
CEDU: doppia violazione dell\’Italia
È stato proprio a causa dei cambiamenti introdotti dalla legge 296/2006, che avevano effetto retroattivo, che i giudici di Strasburgo hanno inflitto una “doppia condanna” all\’Italia nel 2014: in primis, si è contestata una violazione dell\’art. 6 della CEDU sul diritto all\’equo processo e, dall\’altro, quella dell\’art. 1 del Protocollo n. 1 sul diritto di proprietà.
Per la Corte EDU, la legge italiana avrebbe favorito un organo dello Stato (l\’INPS) nelle controversie con i cittadini e privato arbitrariamente gli otto ricorrenti del diritto all\’ammontare della pensione su cui avevano fatto legittimo affidamento in base alla giurisprudenza maggioritaria sino a quel momento.
Inoltre, dall\’irragionevole e sproporzionata sforbiciata del 67% della pensione, gli otto avrebbero subito un sacrificio esorbitante. Senza dubbio, osserva la CEDU, vi è un nesso di causalità tra il pregiudizio subito e la violazione commessa dal nostro paese.
Tuttavia, se l\’Italia fosse intervenuta in maniera ragionevole, in considerazione di esigenze generali, la Convenzione non sarebbe stata violata: pertanto, nella quantificazione delle somme dovute, i giudici di Strasburgo non hanno attuato un calcolo automatico basato su quanto i ricorrenti avrebbero dovuto percepire prima dell\’entrata in vigore della legge e quanto hanno invece ottenuto, ma hanno considerato il55% dell\’importo che sarebbe stato ottenuto senza le modifiche legislative.
Fonte:Pensioni: vietato il ricalcolo, Italia condannata dalla Cedu
(www.StudioCataldi.it)