venerdì, Aprile 26, 2024
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PHISHING: Come farsi restituire dalla banca i soldi

Prelievo
fraudolento: la banca deve restituire i soldi prelevati dall’hacker se
non ha predisposto gli strumenti tecnici necessari ad evitare il
pericolo di truffe.

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Vittime di truffe telematiche: chi subisce il phishing e, a causa di un virus, si vede prelevare dal proprio conto corrente
delle somme di denaro per mano di anonimi hackers, ha il diritto a farsi
restituire i soldi dalla banca. Questo perché, secondo
l’orientamento della giurisprudenza ormai consolidato, l’istituto di
credito è tenuto, nei confronti dei propri clienti, ad adottare tutte le
misure tecniche necessarie a impedire le frodi su internet.

Questo orientamento è ormai talmente consolidato che a condividerlo è anche l’ABF,
l’arbitro bancario e finanziario, ossia l’organismo di arbitrato
costituito dalle stesse banche cui si possono rivolgere i consumatori
che abbiano subito problemi con il proprio istituto di credito.

Prima di spiegare come farsi restituire dalla banca i soldi prelevati illegittimamente dal conto, spieghiamo perché e quando la banca è responsabile per le truffe telematiche e il phishing.

Secondo una recente sentenza del Giudice di Pace di Campobasso [1]
che richiama le ultime pronunce della Cassazione – la banca risponde
della sottrazione di fondi dal conto online del correntista se non
dimostra di aver adottato tutte le misure di sicurezza idonee a
prevenire le attività fraudolente. Tali misure possono consistere, ad
esempio, nella consegna di un token di sicurezza o nell’invio di Sms non appena avviene un bonifico online.

Nei casi di phishing, infatti, il codice della Privacy stabilisce [2] che,
chiunque causi un danno per effetto del trattamento dei dati personali
(tale è la banca che, tramite il servizio di home-banking, raccoglie i
dati personali, le user e le password dei proprio clienti) è tenuto al risarcimento dei danni [3] anche se non ha alcuna colpa o non è in malafede. Si parla, cioè, di
una “responsabilità oggettiva” che scatta per il solo fatto di svolgere
un’attività pericolosa quale quella della gestione del risparmio online.

La vicenda

Un correntista, che aveva stipulato con la propria banca un contratto con la possibilità di servirsi del sistema di internet banking,
si era accorto che, dal proprio conto corrente, era partito un bonifico
estero non autorizzato per 3.984 euro. L’uomo aveva subito denunciato
l’operazione alla polizia e alla propria banca che però si era rifiutata
di restituirgli la somma.

La banca rimborsa

Il “phishing” è una truffa attuata via
internet, che si sostanzia nell’invio di messaggi di posta elettronica
che imitano la grafica di siti bancari o postali, attraverso i quali si
cerca di ottenere dalle vittime la password di accesso al conto
corrente.

La giurisprudenza ha da sempre precisato che, nell’espletamento dei
servizi di pagamento tramite internet, la banca è tenuta ad adottare
tutte le misure tecniche idonee a garantire un adeguato standard di
sicurezza nell’effettuazione dei pagamenti, in modo da impedire
l’accesso di soggetti non abilitati al sistema ed evitare danni ai
clienti. Inoltre, il Codice privacy «impone che i dati personali oggetto
di trattamento siano custoditi e controllati, anche in relazione alle
conoscenze acquisite in base al progresso tecnico, alla natura dei dati e
alle specifiche caratteristiche del trattamento, in modo da ridurre al
minimo, mediante l’adozione di idonee e preventive misure di sicurezza, i
rischi di distruzione o perdita, anche accidentale, dei dati stessi, di
accesso non autorizzato o di trattamento non consentito o non conforme
alle finalità della raccolta».

Ecco perché – conclude la sentenza – la banca deve sempre adottare
tutte le misure di sicurezza, tecnicamente idonee e conosciute in base
al progresso tecnico, al fine di evitare prelievi fraudolenti (phishing).

Come farsi restituire i soldi dalla banca

Il correntista che si sia accorto della sottrazione della somma, può
attuare la procedura di rimborso facendo richiesta alla banca. Prima di
ciò però è opportuno sporgere denuncia alla polizia postale.
Copia della denuncia andrà prodotta al proprio istituto di credito e,
insieme ad essa, andrà consegnata una richiesta – in carta semplice – di
restituzione della somma (eventualmente spedita con raccomandata a.r. o
consegnata a mani, con copia controfirmata dal funzionario).

A questo punto è opportuno attendere che la banca effettui
l’istruttoria. Se non dovesse arrivare alcuna risposta o questa dovesse
essere negativa ci si può rivolgere al giudice. Chi non vuole fare causa
(il che è comprensibile per somme modeste) può rivolgersi all’ABF, un arbitrato che è sostanzialmente gratuito (salvo 20 euro per l’avvio della procedura) anche senza avvocato.
L’orientamento dell’ABF è, attualmente, a favore del correntista.


[1] GdP Campobasso sent. n. 227/16 del 19.05.2016.

[2] Art.15 del Dlgs n. 196/2003.

[3] Art. 2050 cod. civ.

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