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PREVIDENZA & REVERSIBILITA’: Pensione di reversibilità separati e divorziati, quando spetta?

Pensione di reversibilità separati e divorziati, quando spetta?

Inps, pensione ai superstiti in caso di separazione e divorzio: in quali casi l’ex coniuge ha diritto alla pensione?
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La pensione di reversibilità, o pensione ai superstiti, è una prestazione che l’Inps liquida ai congiunti dell’assicurato deceduto, sia nel caso in cui al momento della morte fosse già pensionato, sia che stesse ancora lavorando (in questo caso, però, deve risultare accreditato un minimo di contributi previdenziali).

Il trattamento spetta al coniuge, fino a un determinato limite di reddito, ai figli, sino a 26 anni se studenti universitari, o senza limiti se inabili, e in mancanza, ai genitori over 65 senza pensione o ai fratelli ed alle sorelle inabili.

Reversibilità e separazione

Secondo un primo orientamento della giurisprudenza [1], non in tutti i casi l’ex coniuge ha diritto all’assegno, ma solo quando risulta separato senza addebito e titolare di un assegno di mantenimento a carico del coniuge deceduto, sempre che quest’ultimo risulti assicurato all’Inps prima della sentenza di separazione.

Quest’orientamento, però, è stato ribaltato da una nota sentenza della Cassazione del 2009 [2], secondo la quale il coniuge separato per colpa o per addebito è equiparato in tutto e per tutto al coniuge superstite (separato o non) ai fini della pensione di reversibilità, in quanto è stata dichiarata incostituzionale[3]la norma che negava tale prestazione al coniuge a cui era stata addebitata la separazione. L’addebito della separazione non può dunque essere considerato un elemento discriminante ai fini dell’erogazione della pensione di reversibilità al coniuge separato per colpa con sentenza passata in giudicato.

Inoltre, secondo la citata sentenza della Cassazione, la reversibilità spetta non solo a prescindere dal titolo della separazione, ma anche a prescindere dalla spettanza dell’assegno di mantenimento.

La pensione di reversibilità, difatti, è una forma di tutela previdenziale in cui l’evento assicurato è la morte, dato che a seguito del decesso si crea una situazione di bisogno per i familiari viventi a carico del pensionato defunto (i soggetti protetti): sarebbe dunque ingiusto negare una tutela che assicuri la continuità dei mezzi di sostentamento che il defunto coniuge sarebbe tenuto a fornire, sia nel caso in cui il coniuge superstite risulti separato con addebito, sia nel caso in cui, pur senza addebito, non risulti titolare di assegni.

Reversibilità e secondo matrimonio

In caso di più matrimoni del dante causa, la pensione ai superstiti deve essere ripartita tra più coniugi: la ripartizione, pronunciata dal giudice su richiesta delle parti, fondamentalmente si basa sulla durata dei matrimoni [4], ma possono rilevare anche altri elementi, come lo stato di bisogno.

Inoltre, la nozione di durata del matrimonio non è univoca, ma si presta a molteplici interpretazioni: secondo un primo orientamento giurisprudenziale, si deve far unicamente riferimento alla durata legale del matrimonio. La giurisprudenza più recente, tuttavia, considera e valuta altri elementi, purché collegati ai fini solidaristici della pensione di reversibilità, come la convivenza prematrimoniale e l’ammontare dell’assegno divorzile: è importante, difatti, che il giudice offra una particolare tutela alla posizione del soggetto economicamente più debole.

Reversibilità e divorzio

Il coniuge divorziato, invece, ha diritto alla pensione ai superstiti solo se titolare di assegno di divorzio, purchè l’ex coniuge deceduto risulti iscritto all’Inps prima della sentenza di divorzio. Inoltre, l’ex coniuge non deve aver contratto nuovo matrimonio: in questo caso, si perde il diritto alla pensione di reversibilità, ma viene liquidata, una tantum, una somma pari al trattamento percepito moltiplicato per 26 [5].

Reversibilità al convivente

Pur avendo fatto la giurisprudenza dei passi avanti nella tutela delle situazioni di fatto, avendo riguardo anche al periodo di convivenza prematrimoniale, nessuna tutela è invece prevista per le convivenze che non si trasformano in matrimonio. Difatti, il convivente superstite non ha alcun titolo alla pensione.

Il componente dell’unione civile, invece, è equiparato in tutto e per tutto al coniuge.

note

[1]Cass. sent. n. 11428 del 18.06.2004.

[2]Cass. sent. n. 4555 del 25.02.2009.

[3]C. Cost., sent. n. 286/1987.

[4]Art. 5, L. 898/1970.

[5]Inps Circ.84/2012.

 

Cassazione civile, sez. lav., 25/02/2009, (ud. 22/01/2009, dep.25/02/2009), n. 4555
Fatto
  • SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

    Con ricorso, depositato il 10.06.2002, T.L. esponeva:
    – di avere contratto matrimonio in data (OMISSIS) con Sc.Ma.;
    – che dal matrimonio erano nati i figli D. e V. attualmente maggiorenni;
    – checon sentenza n.145 del 1989il Tribunale di Terni aveva dichiarato la separazione personale con addebito ad entrambi i coniugi senza diritto ad assegno di mantenimento;
    – che lo Sc. aveva versato ad essa ricorrente, stante il suo stato di necessità, una somma mensile di L. 300.000 e poi di L. 500.000;
    – che lo Sc. era deceduto nel (OMISSIS);
    – che invano essa ricorrente aveva chiesto all’INPS l’erogazione della pensione di reversibilità.
    Nel costituirsi l’INPS contestava le avverse deduzioni e chiedeva il rigetto del ricorso.
    All’esito, espletata prova per testi, il Tribunale di Terni con sentenza n. 764 del 2003 accoglieva il ricorso e per l’effetto riconosceva a favore della ricorrente il diritto alla pensione di reversibilità.
    Tale decisione, impugnata dall’INPS, è stata confermata dalla Corte di Appello di Perugia con sentenza n. 68 del 2005. La Corte ha osservato che la Corte Costituzionale con sentenza n. 286 del 1987 ha dichiarato l’illegittimità dellaL. n. 153 del 1969, art. 24, nella parte in cui esclude dall’erogazione della pensione di reversibilità il coniuge separato per colpa con sentenza passata in giudicato.
    Ciò posto, il giudice di appello ha ritenuto che la sentenza del giudice delle leggi, nel dichiarare l’illegittimità dell’anzidetta norma, non abbia previsto alcuna condizione limitativa, sicchè nel caso di specie la pensione di reversibilità spettava alla ricorrente indipendentemente dall’addebito di colpa in sede di separazione.
    L’INPS ricorre con un solo motivo.
    La T. si è costituita e on procura partecipando con il suo difensore alla udienza di discussione.
  • Diritto

    MOTIVI DELLA DECISIONE

    1. Con l’unico motivo del ricorso l’INPS denuncia:
    – violazione e falsa applicazione delR.D.L. n. 636 del 1939, art. 13, convertito nellaL. n. 1272 del 1939, come sostituito dallaL. n. 218 del 1952, art. 2, e dallaL. n. 903 del 1965, art. 22;
    – violazione dellaL. n. 153 del 1969, art. 24, come vagliato dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 286 del 1987;
    – vizio di motivazione.
    Il tutto in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.
    In particolare il ricorrente si richiama a un precedente di questa Corte (sentenza n. 11428 del 2004), sostenendo che nell’ipotesi in cui il coniuge defunto non sia tenuto al pagamento dell’assegno di mantenimento ne di assegno alimentare in considerazione dello stato di bisogno dell’altro coniuge, in mancanza del presupposto della “vivenza a carico”, non sussistendo una precedente funzione di sostentamento da proseguire, deve escludersi il diritto del superstite alla pensione di reversibilità.
    2. Il motivo è infondato.
    La Corte Costituzionale, come ricordato dalla sentenza impugnata, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dellaL. n. 153 del 1969, art. 24, nella parte in cui tale disposizione esclude “dalla erogazione della pensione di reversibilità il coniuge separato per colpa con sentenza passata in giudicato”.
    Il nucleo essenziale della motivazione della decisione del giudice delle leggi è che non è più giustificabile, dopo la riforma dell’istituto della separazione personale, introdotto dal novellatoart. 151 c.c., il diniego al coniuge, cui sia stata addebitata la separazione, di una tutela che assicuri la continuità dei mezzi di sostentamento che il defunto coniuge sarebbe tenuto a fornirgli ed inoltre che sussiste disparità di trattamento rispetto al coniuge divorziato al quale la pensione di reversibilità è corrisposta quando sia titolare dell’assegno di divorzio, oltre che rispetto al regime della reversibilità operante per il coniuge del dipendente statale separato per colpa.
    La motivazione del giudice delle leggi, se conduce ad equiparare con sicurezza la separazione per colpa a quella con addebito, non autorizza l’interprete a ritenere che sia residuata una differenza di trattamento per il coniuge superstite separato in ragione del titolo della separazione. Se è possibile individuare contenuti precettivi ulteriori, essi riguardano esclusivamente il legislatore, autorizzato senza dubbio a disporre che il coniuge separato per colpa o con addebito abbia diritto alla reversibilità ovvero ad una quota, solo nella sussistenza di specifiche condizioni. D’altro canto l’attuale assetto normativo, come determinato dall’intervento della Corte Costituzionale, non può essere sospettato di contrasto con l’art. 3 Cost., in quanto la posizione del coniuge separato non è comparabile con quella del divorziato, mentre il diverso trattamento riservato ai dipendenti statali potrebbe indurre e a dubitare della legittimità di questo e non certo del trattamento più favorevole del settore privato (in questo sensoCass. n. 15516 del 2003).
    Su tali presupposti questo Collegio ritiene corretta la decisione di appello impugnata, atteso che, venuta meno l’esclusione disposta dalle norme dichiarate incostituzionali, il coniuge separato per colpa o per addebito è equiparato in tutto o per tutto al coniuge superstite (separato o non) ai fini della pensione di reversibilità, a lui spettante a norma delR.D.L. n. 636 del 1939, art. 13, nel testo sostituito dallaL. n. 903 del 1965, art. 22.
    Nè questo Collegio ritiene convincente l’orientamento (cfr.Cass. n. 11428 del 2004), fatto proprio dall’INPS, pur esso intervenuto dopo l’intervento del giudice delle leggi, secondo cui nell’ipotesi in cui il coniuge defunto non era tenuto al mantenimento o all’assegno alimentare in considerazione dello stato di bisogno dell’altro coniuge, in mancanza del presupposto della “vivenza a carico” e della funzione di sostentamento da proseguire, dovrebbe escludersi il diritto alla pensione di reversibilità, in quanto a seguito della sentenza costituzionale n. 286/1987, anche per il coniuge separato per colpa o con addebito della se-parazione, ai fini del diritto alla pensione di reversibilità, opera la presunzione legale di “vivenza a carico” del lavoratore assicurato al momento della morte (in questo sensoCass. n. 15516 del 2003citata).
    A conferma della impugnata decisione può da ultimo osservarsi che l’INPS non ha espressamente contestato la sentenza impugnata laddove, nella narrativa dello svolgimento del processo, espone che lo Sc. aveva comunque versato alla moglie T., stante il suo stato di necessità, una somma mensile di L. 300.000 e poi di L. 500.000.
    3. In conclusione il ricorso dell’INPS è destituito di fondamento e va rigettato.
    Ricorrono giusti motivi, tenuto conto del riferito contrasto giurisprudenziale sulla questione, per compensare tra le parti le spese del giudizio di cassazione.
  • PQM

    P.Q.M.

    La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.
    Così deciso in Roma, il 22 gennaio 2009.
    Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2009

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