giovedì, Marzo 28, 2024
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PREVIDENZA: In pensione entro i 70 anni per raggiungere i requisiti

La suocera di
mio figlio, nata il 9 novembre 1947, appartenente al personale Ata
(amministrativo, tecnico e ausiliario) dal 1996, è stata “costretta” dalla
segretaria della scuola a mettersi in quiescenza, per effetto del Dl 90/2014,
il 31 agosto 2014 con 17 anni e cinque mesi di servizio. In base al comma 3
dell’articolo 509 del Dlgs 297/1994, la mia consuocera poteva restare in
servizio, per raggiungere l’anzianità minima, non avendo ancora compiuto 70
anni di età? Inoltre, attualmente questa signora non ha ancora ricevuto la
pensione. Come deve comportarsi?

G. D. – SCISCIANO

R I S P O S T A

Da quanto riportato nel quesito, si
ritiene che la disposizione contenuta nell’articolo 1, comma 1, del Dl 90/14,
con la quale è stato abrogato l’istituto del trattenimento in servizio, di cui
all’articolo 16 del Dlgs 503/1992, di cui godeva l’interessata, doveva essere
coordinata con la norma che permette di permanere in servizio nel caso in cui
il dipendente non matura alcun diritto a pensione, al fine di raggiungere i
requisiti minimi e, comunque, non oltre i 70 anni di età anagrafica.

In questo caso
tale prosecuzione dell’attività lavorativa non costituisce un trattenimento
vietato dalla legge citata.

Pertanto, la
consuocera del lettore, non avendo raggiunto la contribuzione minima per la
pensione di vecchiaia, sarebbe potuta rimanere in servizio fino al
raggiungimento del requisito minimo pensionabile e, comunque, non oltre il
compimento dei 70 anni di età, previa presentazione di specifica richiesta
scritta. Infatti, il dipartimento della Funzione pubblica, con la circolare 2
del 18 marzo 2012, ha
stabilito che nel settore pubblico non opera il principio di incentivazione
alla permanenza in servizio fino a 70 anni, enunciato dal comma 4 dell’articolo
24 del Dl 201/2011, convertito in legge 214/2011, salvo che il dipendente
presenti domanda per maturare l’anzianità minima contributiva. In questo caso,
“l’amministrazione è tenuta a disporre il trattenimento in servizio fino al
raggiungimento del contributo minimo per la maturazione del diritto a
pensione”.

Tale assunto è
stato confermato dallo stesso dipartimento della Funzione pubblica con la
circolare 2 del 19 febbraio 2015, nella quale si è ribadito che
l’amministrazione, previa verifica con l’ente previdenziale, “dovrà valutare se
la prosecuzione del rapporto di lavoro fino al compimento dei 70 anni di età
(oltre all’adeguamento della speranza di vita) consentirebbe il conseguimento
del requisito contributivo. In caso affermativo, l’amministrazione dovrà
proseguire il rapporto di lavoro…”.

Dal quesito si
evince se l’interessata abbia prodotto domanda di prosecuzione del rapporto di
lavoro o, comunque, se l’amministrazione abbia provveduto a informarla al
riguardo (per esempio, per presa visione della circolare 2/12).

Quindi, si
ritiene necessario verificare la legittimità del prevedimento di cessazione dal
servizio emanato dall’amministrazione di appartenenza, con l’ausilio di tutta
la documentazione in possesso dell’interessata. Inoltre, in considerazione
della complessità e della peculiarità della materia trattata, appare utile, per
la risoluzione della problematica in essere, farsi assistere da un professionista
(esperto previdenziale) o da un ente di patronato, eventualmente coinvolgendo
al riguardo il dipartimento della Funzione pubblica. Infine, si fa presente
che, allo stato attuale, l’interessata, non avendo maturato all’atto della
cessazione dal servizio l’anzianità minima prevista per la pensione di
vecchiaia, percepirà la pensione all’età di 70 anni, come disposto
dall’articolo 24, comma 7, ultimo periodo, del Dl 201/2011, convertito in legge
214/2011, da adeguare agli incrementi della speranza di vita, ex articolo 12
del Dl 31 maggio 2010, n.78, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio
2010 n.122 (per l’anno 2016: 70 anni e sette mesi).

DAL
“IL SOLE 24 ORE” DEL 9 MARZO 2015

 

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