venerdì, Marzo 29, 2024
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PROCEDURA ESECUTIVA: Credito della banca nel decreto ingiuntivo


Credito della banca nel decreto ingiuntivo

L’opposizione a decreto ingiuntivo e l’onere della prova per l’istituto di credito: l’estratto di saldaconto.

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Valore probatorio dell’estratto di saldaconto

Per quel che attiene al valore attribuibile al c.d.estratto di saldaconto «l’art. 102, Legge n. 141 del 1938 (legge bancaria), limita il valore probatorio dell’estratto di saldaconto (costituente documento diverso dagli estratti conto veri e propri) al procedimento monitorio, mentre nel successivo procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo siffatto documento può assumere rilievo solo come elemento indiziario, la cui portata è liberamente apprezzata dal giudice nel contesto di altri elementi egualmente significativi» [1].

Differenza tra estratto di saldaconto e ordinario estratto conto

Si rileva, infatti, che, in tema di prova del credito fornita da un istituto bancario, debba distinguersi fra l’estratto di saldaconto (che consiste in una dichiarazione unilaterale di un funzionario della banca creditrice accompagnata dalla certificazione della sua conformità alle scritture contabili e da un’attestazione di verità e liquidità del credito), e l’ordinario estratto conto, funzionale a certificare le movimentazioni debitorie e creditorie intervenute dall’ultimo saldo, con le condizioni attive e passive praticate dalla banca.

Mentre, infatti, il saldaconto riveste efficacia probatoria nel solo procedimento per decreto ingiuntivo eventualmente instaurato dall’istituto, l’estratto conto, trascorso il debito periodo di tempo dalla sua comunicazione al correntista, assume carattere di incontestabilità ed è, conseguentemente, idoneo a fungere da prova anche nel successivo giudizio contenzioso instaurato dal cliente[2].

Peraltro, sotto tale profilo, si osserva come le accuse di anatocismo più volte avanzate nei confronti degli istituti di credito, che hanno poi portato anche alle modifiche normative sul punto, hanno spinto, sempre più spesso, sia gli istituti di credito, sia gli stessi giudici del monitorio, a richiedere, an- che al fine di evitare la instaurazione di opposizioni meramente dilatorie, alla produzione, fin da subito, degli estratti conto, al fine di provare la corretta applicazione dei saggi di interesse.

Clausole di capitalizzazione nulle: rilevabilità d’ufficio

Sempre a tal proposito, si osserva, infatti, che la Corte è costante nel ritenere la rilevabilità, anche d’ufficio, di clausole di capitalizzazione nulle.

La Cassazione in tal senso ha ritenuto che: «Nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto da una banca nei confronti di un correntista, la nullità delle clausole che prevedono un tasso d’interesse usurario e la capitalizzazione trimestrale degli interessi a debito, in quanto correlata alla violazione di norme imperative, può essere rilevata in ogni stato e grado del giudizio, e quindi anche in appello, senza che ciò si traduca in una violazione dei principi della domanda e del contraddittorio, i quali escludono che, qualora la parte abbia chiesto l’accertamento dell’invalidità di un atto a sé pregiudizievole, la pronuncia del giudice possa fondarsi su ragioni d’invalidità diverse da quelle enunciate dall’interessato o tardivamente indicate, ed esigono che entrambe le parti abbiano avuto la possibilità di trattare la questione, secondo i principi del «giusto processo». In tale giudizio, infatti, assumendo l’opponente la posizione sostanziale di convenuto, la deduzione della predetta nullità, rilevabile anche d’ufficio, non integra gli estremi di un’eccezione in senso stretto, ma costituisce una mera difesa, inidonea a condizionare i poteri decisori del giudice, che può essere avanzata anche in appello, nonché formulata in comparsa conclusionale, qualora sia fondata su elementi già acquisiti al giudizio, potendo essere contrastata dalla controparte con la memoria di replica»[3].

note

[1]Cass. civ., 19-3-2009, n. 6705.

[2]Cass. civ., 25-9-2009, n. 14234.

[3]Cass. civ., sez. I, 28-10-2005, n. 21080; cfr. più di recente, in senso analogo, Cass. civ., sez. III, 22-3- 2011, n. 6518.

Fonte: LLpT

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