giovedì, Marzo 28, 2024
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PROPRIETA’ INTELLETTUALE E CONCORRENZA: La tutela si fa valere se c’è rischio di confusione

Se
una ditta copia il nome della mia, o adotta comunque una denominazione molto
simile alla mia, come posso muovermi per fare cambiare l’intestazione o
chiedere eventuali risarcimenti, alla luce del fatto che, negli anni precedenti,
a causa di questa omonimia ho subìto
danni di immagine e anche la perdita di una quota di lavoro?

G. V.
TREVISO

R I S P O S T A

Con il termine
“ditta” si intende il nome sotto il quale l’imprenditore esercita la propria
attività, che quindi è contraddistinta da questo segno. La ditta ha la funzione
di identificare l’impresa nel mercato e
di individuare l’imprenditore, per cui è chiara la diversità rispetto al
marchio, la cui funzione è quella di identificare un prodotto/servizio o una
pluralità di beni/servizi, mettendoli in relazione con una ben precisa fonte di
origine.

Anche
la ditta, quale segno distintivo dell’impresa, deve rispettare alcuni
requisiti, tra i quali novità e
istintività. Per essere tutelabile, la denominazione sin questione dev’essere
nuova, cioè diversa rispetto a quella di ditte anteriori altrui, adottate in un
medesimo ambito territoriale e merceologico. Inoltre, dovrà essere nuova anche
rispetto a marchi anteriori altrui, registrati per prodotti rientranti nello
stesso ambito merceologico e valevoli nello stesso territorio.

Per
quanto attiene alla istintività, essa sussiste, ad esempio, quando si tratta di
un patrimonio, mentre manca quando il nome della ditta è costituito unicamente
da un termine generico o descrittivo.

Iil
diritto alla ditta si acquisisce per due vie, ossia con l’adozione e l’uso da
una parte, e con la registrazione dall’altro. In realtà, l’adozione e l’uso,
anche se dal 1993 devono essere accompagnanti dall’iscrizione nel registro
delle imprese, tenuto dalle Camere di commercio, costituiscono fattori
determinanti per l’acquisizione del diritto, che consiste nella facoltà di
sfruttamento del segno esclusivo.

Questo
diritto interviene e può essere fatto valere ogniqualvolta una ditta uguale o
simile, evidentemente posteriore, crea un “rischio di confusione”, che diventa
la condizione determinante per esercitare la tutela. La confusione, a sua
volta, può insorgere sotto il profili merceologico, se la ditta posteriore
opera in ambito merceologico identico o affine, e/o sotto il profilo
territoriale.

Infine,
il rischio di confusione sussiste anche quando, nella ditta creata
successivamente, è sostanzialmente identico il cosiddetto cuore della ditta.

In
conclusione, il diritto può essere fatto valere soltanto in presenza del
rischio di confusione. Nel caso descritto dal quesito, se questa è la
condizione del lettore, egli può chiedere alla ditta più recente di cessare
tale uso. Diversa è la questione di un possibile risarcimento, perché in tal
caso l’esistenza di un danno risarcibile dev’essere comprovata e documentata,
come in tutte le circostanze in cui si lamenta una concorrenza sleale.

DAL”IL SOLE 24 ORE” DELL’11
APRILE 2016

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