giovedì, Marzo 28, 2024
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Riciclaggio di denaro: Commento dottrinario!

Riciclaggio di denaro: Commento dottrinario!

 

Uno degli esempi più frequenti che faccio in occasione della formazione antiriciclaggio a beneficio dei soggetti obbligati – in primis banche e professionisti – riguarda quella coppia del Salento, arrestata qualche anno addietro per Riciclaggio di denaro sporco.

Cosa era successo?

Il marito, alto dirigente di un  Istituto di credito, con artifizi vari, era riuscito ad appropriarsi di una ingentissima provvista in danno dell’Istituto. Tale provvista, venne gestita dalla di lui moglie, casalinga e priva di redditi, attraverso una serie di investimenti di natura finanziaria ed immobiliare.

Con la scoperta dell’ammanco e l’intervento dell’Autorità giudiziaria, la moglie venne imputata di riciclaggio di denaro sporco – ex art.648bis, reclusione fino a 12 anni – mentre il coniuge, l’autore del reato principale dell’appropriazione – c.d. reato presupposto – reclusione fino a tre anni, con la perseguibilità d’ufficio, solo grazie all’aggravante del rapporto di lavoro nell’ambito della banca.

In pratica, la signora casalinga, con la sua condotta, aveva messo in pratica il contenuto dell’articolo 648bis del codice penale in quanto, fuori dai casi di concorso nel reato, aveva sostituito, trasferito l’ingente provvista proveniente da delitto non colposo (appropriazione indebita posta in essere dal coniuge).

Quanto appena detto poiché il delitto di riciclaggio, si compone di due fasi dove nella prima, c’è qualcuno che provvede a commettere il reato principale definito reato presupposto  (delitto non colposo, in quanto punito con reclusione e multa) e, a seguire,  nella seconda fase, interviene un soggetto terzo che, consapevole della provenienza illecita della provvista e benché estraneo  al suo approvvigionamento, provvede alla sua gestione cercando con la propria condotta, ad occultare la provenienza.

In pratica parliamo di due condotte illecite, penalmente rilevanti complementari e che sono indispensabili per la commissione del reato di riciclaggio: la prima, riferibile alla condotta dell’autore del reato presupposto e la seconda, determinata dalla presenza del “soggetto terzo” (familiare, socio in affari, persona di fiducia, prestanome o testa di legno etc.), interessato alla gestione del malloppo.

Commenti dottrinari

Con cadenza quasi quotidiana mi capita di leggere interventi dottrinari aventi a che fare con il “riciclaggio di denaro sporco” laddove, con qualche difficoltà, faccio fatica a capire il bandolo della matassa, a districarmi.

La mia è una riflessione a voce alta su un tema contingente, di perenne attualità, per tentare di riportare l’argomento nella giusta dimensione, non tanto e non solo dottrinaria, ma nel significato squisitamente giuridico che molto spesso viene trascurato.

Oggi, leggendo molti interventi sul tema, quando si parla di malaffare si finisce per parlare di riciclaggio di denaro sporco, il più delle volte a sproposito.

Il mio è certamente un tentativo destinato a morire sul nascere o addirittura prima, non potendomi arrogare il diritto di dirla giusta nel senso assoluto del termine: la discussione è aperta!

Per meglio chiarire il concetto, voglio fare qualche esempio:

  • Falso in bilancio

Amministratori di società che, falsificano le scritture contabili indicando all’esterno – verso il mercato e verso i soci – una situazione economico patrimoniale diversa dalla realtà. Pensiamo ai tanti scandali bancari del recente periodo quando si indicavano “crediti inesigibili” fra gli attivi, alterando in bonis il “conto economico”.

In questi casi, più correttamente, tali crediti andavano trasferiti fra le sofferenze con una svalutazione adeguata, aumentando gli accantonamenti a riserva per conservare la necessaria “solidità patrimoniale”.

Nella generalità dei casi, tali crediti, diventavano inesigibili per assenza di garanzie.

  • Appropriazione indebita

L’amministratore o il dipendente di una società che, approfittando del proprio ruolo o condizione lavorativa si impossessa di fondi, commette reato di appropriazione indebita.

  • Frode fiscale

L’imprenditore che annota fatture false (costi fittizi) nella propria contabilità al fine di ridurre l’imponibile ed abbattere il carico fiscale, risponde della sola frode fiscale[1].

Nei pochi esempi che ho fatto, il riciclaggio di denaro sporco subentra soltanto nel caso in cui, un soggetto terzo – fuori dai casi di concorso nel reato –  utilizza (sostituisce o trasferisce) la risorsa finanziaria ottenuta dal falso in bilancio, dall’appropriazione indebita o dalla frode fiscale immettendo tali provviste nella economia sana.

Pensiamo alla costituzione di un’attività imprenditoriale – settore edilizia, ristorazione, servizi etc. – utilizzando, per come accennato, i capitali procurati grazie alla originaria condotta criminosa.

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[1] Risponde anche del reato di “Riciclaggio diretto o auto riciclaggio” ex art.648ter1 se decidesse di impiegare la risorsa finanziaria così ottenuta non per finalità personali, bensì in  attività economiche (acquisto di un nuovo macchinario o capannone aziendale), finanziarie e imprenditoriali.

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