venerdì, Aprile 26, 2024
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RISARCIMENTO DEL DANNO: Con la mafia di mezzo si perde tutto

Rescissione del contratto di appalto, mancato indennizzo e infiltrazioni nella mafia locale
(Cassazione, sez. Prima civile, sentenza 13.10.2014 n. 21595)


LA CORTE
SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE
PRIMA CIVILE

Composta
dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:Dott. SALVAGO Salvatore – Presidente
-Dott. DI AMATO Sergio – Consigliere -Dott. BENINI Stefano –
Consigliere -Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere -Dott. MERCOLINO
Guido – rel. Consigliere -ha pronunciato la seguente:
sentenzasul ricorso proposto da:TIANO VIAGGI E TURISMO S.N.C., in
persona del legale rappresentantep.t. T.F., elettivamente domiciliata in
Roma, alla viaTacito n. 90, presso l\’avv. VACCARO GIUSEPPE, dal quale
èrappresentata e difesa in virtù di procura speciale a margine
delricorso; – ricorrente – controENTE AUTONOMO FIERA DI
MESSINA; – intimato -avverso la sentenza della Corte di Appello di
Messina n. 343/07,pubblicata il 3 luglio 2007;Udita la relazione
della causa svolta nella pubblica udienza del 7maggio 2014 dal
Consigliere Dott. Guido Mercolino;udito l\’avv. Vaccaro per la
ricorrente;udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto
ProcuratoreGenerale Dott. ZENO Immacolata, la quale ha concluso per
ladichiarazione d\’inammissibilità ed in subordine per il rigetto
delricorso.

Fatto

1. – La xx convenne in giudizio l\’Ente Autonomo Fiera di
Messina,lamentando l\’ingiustificata rescissione del contratto di
affidamento del servizio di biglietteriastipulato con lo stesso il 22
luglio 1998, e chiedendo pertanto che fosse accertato l\’inadempimentodel
convenuto, con la condanna al risarcimento dei danni da essa subiti.

Si costituì in giudizio l\’Ente, chiedendo in via riconvenzionale la
dichiarazione di nullità delcontratto, in quanto stipulato con modalità
contra legem, ed in subordine il riconoscimento dellalegittimità del
recesso, consentito dal contratto con riferimento a fattispecie elencate in
manierameramente esemplificativa.

1.1. – Con sentenza del 29 settembre 2004, il Tribunale di Messina dichiarò la
legittimità delrecesso dell\’Ente e lo condannò al pagamento della somma
di Euro 61.974,82, oltre interessi erivalutazione, a titolo d\’indennizzo
dovuto ai sensi dell\’art. 1671 c.c., rigettando la domanda dirisarcimento
dal danno all\’immagine proposta dall\’attrice e la domanda riconvenzionale
propostadal convenuto.

2. – L\’impugnazione proposta dall\’Ente Autonomo è stata accolta con sentenza
del 3 luglio 2007,con cui la Corte d\’Appello di Messina ha dichiarato che
il recesso era avvenuto per giusta causa edha escluso l\’obbligo di
corrispondere qualsiasi somma per l\’esercizio della relativa
facoltà,rigettando il gravame incidentale proposto dall\’attrice.

A fondamento della decisione, la Corte, per quanto ancora rileva in questa
sede, ha ritenuto che ilrecesso dell\’Ente fosse giustificato dal
coinvolgimento nell\’affare di elementi di spicco della mafialocale,
risultante da indagini svolte in sede penale, che avevano riguardato anche la
societàappaltatrice, affermando che doveva conseguentemente essere
esclusa ogni pretesa di caratterepatrimoniale, avuto riguardo alla
derogabilità dell\’art. 1671 c.c..

Ha aggiunto che la dichiarazione di legittimità del recesso rendeva superfluo
l\’esame delladomanda di risoluzione per inadempimento, proposta in via
subordinata ed avente caratterealternativo rispetto al recesso, mentre ha
ritenuto infondata la domanda di accertamento dellanullità del contratto,
non risultando dagli atti che il coinvolgimento della malavita locale
nellagestione del servizio avesse inciso sulla formazione della volontà
contrattuale. Ha rigettato infinesia la domanda di risarcimento dei danni
proposta dall\’Ente, in quanto collegata a quella dirisoluzione e comunque
sfornita di prova, sia quella di risarcimento del danno
all\’immagineproposta dall\’appellata, in considerazione delle decisioni
adottate.

3. – Avverso la predetta sentenza la Tiano Viaggi e Turismo propone ricorso per
cassazione,articolato in tre motivi. L\’Ente Autonomo non ha svolto
attività difensiva.

Diritto

1. – Con il primo motivo d\’impugnazione, la ricorrente denuncia la violazione e
la falsaapplicazione dell\’art. 1362 c.c., nonchè l\’omessa, insufficiente
e contraddittoria motivazione circaun fatto controverso e decisivo per il
giudizio, censurando la sentenza impugnata nella parte in cuiha ravvisato
nella rescissione un recesso ad nutum senza corresponsione d\’indennizzo,
previstodall\’art. 13, del contratto in deroga all\’art. 1671 c.c..
Sostiene infatti che nell\’interpretazione dellaclausola contrattuale la
Corte di merito ha conferito prevalente rilievo al criterio
logico,trascurando la lettera del contratto, che, nel disciplinare la rescissione,
indicava tassativamente leipotesi in cui era consentito l\’esercizio di
tale facoltà, senza fare alcun cenno ai motivi diopportunità addotti
dall\’Ente. Tali motivi sono stati erroneamente ricondotti all\’ipotesi
previstadall\’art. 13 cit., lett. e), che faceva invece riferimento a
gravi e reiterate infrazioni alle normerelative allo svolgimento del
servizio, e sono stati ritenuti sussistenti sulla base di
provvedimentipenali che, oltre a risultare inidonei al giudicato, in
quanto aventi carattere provvisorio, erano statipronunciati nei confronti
di terzi estranei alla società.

2. – Con il secondo motivo, la ricorrente deduce la violazione e la falsa
applicazione dell\’art. 1671c.c., ribadendo che, nel dichiarare legittimo
il recesso, con l\’esclusione di qualsiasi indennizzo, laCorte d\’Appello
non ha tenuto conto dell\’impossibilità di ricondurre i motivi di opportunità
addottidall\’Ente all\’art. 13 del contratto, e della conseguente
riconducibilità della fattispecie all\’art. 1671cit., che, nel consentire al
committente di recedere unilateralmente dal contratto senza fornirealcuna
spiegazione, riconosce all\’appaltatore il diritto all\’indennizzo.

3. – I predetti motivi, da esaminarsi congiuntamente in quanto aventi ad
oggetto questioniintimamente connesse, sono fondati.

Nell\’escludere il diritto della ricorrente all\’indennizzo previsto dall\’art.
1671 cod. civ., la Corte dimerito ha ricondotto la fattispecie all\’art.
13 del contratto di appalto stipulato tra le parti, il qualericonosceva
all\’Ente Autonomo la facoltà di rescindere il contratto senza preavviso in una
serie dicasi specificamente indicati, facendo salva la possibilità di
chiedere anche il risarcimento deidanni: in tale clausola la sentenza
impugnata ha ravvisato la previsione di un diritto di
recesso,accompagnata dall\’esclusione dell\’obbligo di corrispondere un
indennizzo all\’ap-paltatrice,riconoscendo la legittimità di tale esonero,
avuto riguardo alla derogabilità della disciplina dettatadall\’art. 1671
cit., e ritenendo d\’altronde giustificato l\’esercizio del predetto diritto, in
virtù delcoinvolgimento della malavita locale nella gestione del
servizio, accertato in sede penale.

Tali conclusioni si pongono peraltro in contrasto con il tenore letterale della
clausola interpretata edella comunicazione trasmessa dall\’Ente Autonomo
alla società ricorrente, il cui testo è statopuntualmente riportato nel
ricorso, nonchè con le disposizioni che disciplinano la rescissione
deicontratti conclusi con la Pubblica Amministrazione ed il recesso dal
contratto d\’appalto.

Nell\’attribuire all\’Ente la facoltà di risolvere unilateralmente il contratto,
l\’art. 13 cit., neconsentiva infatti l\’esercizio, oltre che in caso di
scioglimento o fallimento dell\’appaltatrice, inpresenza di gravi
inosservanze degli obblighi posti a carico della stessa o di gravi e
reiterateinfrazioni alle norme riguardanti lo svolgimento del servizio,
postulando pertanto uninadempimento della predetta società. La rubrica ed
il testo della clausola non menzionavanod\’altronde in alcun modo un
diritto di recesso, ma prevedevano esclusivamente la facoltà direscindere
il contratto, in tal modo evocando il disposto della L. 20 marzo 1865, n. 2248,
art. 340,all. F, che, in tema di appalti pubblici, consente all\’Amministrazione
di procedere alla rescissionedel contratto, facendo anch\’esso salvo il
diritto al risarcimento, ogni qualvolta l\’appaltatore si rendacolpevole
di frode o grave negligenza, o contravvenga agli obblighi e alle condizioni
stipulate.Tale provvedimento, com\’è noto, si configura come una
risoluzione per inadempimento disposta invia autoritativa
dall\’Amministrazione nell\’esercizio dei suoi poteri di autotutela, e si
differenziapertanto dal recesso, contemplato dalla L. n. 2248 cit., art.
345, che, pur comportando anch\’esso loscioglimento del rapporto per
volontà unilaterale dell\’Amministrazione, costituisce espressione diun
diritto potestativo il cui esercizio non postula la sussistenza di particolari
condizioni, ma puòaver luogo in qualsiasi momento, senza che assumano
rilievo i motivi che lo hanno determinato,richiedendosi soltanto, a tal
fine, la corresponsione di un indennizzo in favore dell\’appaltatore
(cfr.Cass., Sez. 1^, 7 agosto 1993, n. 8565; Cass., Sez. Un., 9 maggio
1972, n. 1402). Nondiversamente, peraltro, nell\’ambito della disciplina
privatistica dell\’appalto, mentre è preclusa alcommittente la facoltà di
risolvere unilateralmente il contratto per inadempimento
dell\’appaltatore,non essendo egli titolare di poteri di autotutela, l\’esercizio
del diritto di recesso non è subordinato aparticolari presupposti, ma può
aver luogo per qualsiasi causa, il cui accertamento non è
neppurerichiesto ai fini della legittimità del recesso, non essendo
configurabile un diritto dell\’appaltatorealla realizzazione dell\’opera o
allo svolgimento del servizio, la cui prosecuzione rispondeesclusivamente
all\’interesse del committente (cfr. Cass., Sez. 2^, 2 maggio 2011, n. 9645; 24
aprile2008, n. 10742; 29 luglio 2003, n. 11642).

Per poter ravvisare un diritto di recesso nella facoltà attribuita all\’Ente
Autonomo, in contrasto conla lettera dell\’art. 13 cit., la Corte di
merito avrebbe pertanto dovuto spiegare le ragioni per cui leparti
avrebbero inteso circoscriverne l\’esercizio ad ipotesi in cui, ricorrendo un inadempimentodell\’appaltatrice,
avrebbe potuto essere legittimamente disposta la rescissione del contratto, con
laconseguente esclusione dell\’obbligo di corrispondere l\’indennizzo,
anche in mancanza diun\’espressa previsione contrattuale. E\’ noto d\’altronde
che, nell\’interpretazione del contratto, deveattribuirsi valore
prioritario al criterio che impone di fare riferimento al significato letterale
delleespressioni usate e d\’interpretare le clausole nel loro reciproco
collegamento, la cui sufficienza, aifini della ricostruzione della comune
intenzione delle parti, esclude l\’utilizzazione degli altri
criteriermeneutici, i quali rivestono una portata meramente sussidiaria e
complementare, per l\’ipotesi incui in cui una clausola si presti ad
interpretazioni diverse e contrastanti (cfr. ex plurimis, Cass.,Sez. 3^,
11 marzo 2014, n. 5595; Cass., Sez. V, 23 aprile 2010, n. 9786; Cass., Sez. 2^,
16febbraio 2007, n. 3644).

In ogni caso, anche a voler ritenere che la clausola contrattuale prevedesse,
in riferimento alleipotesi espressamente indicate, un diritto di recesso
svincolato dall\’obbligo di corrisponderel\’indennizzo, la sentenza
impugnata avrebbe dovuto precisare a quale delle predette ipotesi
erariconducibile la determinazione della Amministrazione e le relative
ragioni: come si evince dallacomunicazione inviata all\’appaltatrice, la
risoluzione del contratto fu infatti disposta per motivi diopportunità,
collegati alle circostanze emerse nel corso di un\’indagine penale, che non
trovanoapparentemente riscontro in alcuna delle fattispecie elencate
dall\’art. 13 del contratto.

4. – La sentenza impugnata va pertanto cassata, restando assorbito il terzo
motivo, con cui laricorrente ha lamentato l\’immotivato rigetto della
domanda di risarcimento dei danni.

5. – La causa va conseguentemente rinviata alla Corte d\’Appello di Messina, che
provvederà, indiversa composizione, anche al regolamento delle spese del
giudizio di legittimità.

                                                        
P.Q.M.


La Corte accoglie i primi due motivi di ricorso, dichiara assorbito il terzo,
cassa la sentenzaimpugnata, e rinvia alla Corte d\’Appello di Messina,
anche per la liquidazione delle speseprocessuali.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Prima Civile, il 7
maggio 2014.


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