venerdì, Marzo 29, 2024
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SEPARATI IN CASA: Si può tradire


Separazione e divorzio: niente addebito per il tradimento se la coppia già non
ha rapporti e vive da separati nella stessa casa.

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Se il tradimento è
sempre causa di addebito– ossia comporta la responsabilità del
coniuge per la fine del matrimonio, ciò non vale se la coppia vive già da
“separati in casa”. Se infatti marito e moglie hanno, di fatto, già smesso di
avere rapporti e la comunione tra i due è cessata da tempo per altre ragioni,
l’infedeltà non può essere oggetto di contestazioni. È quanto chiarito dal
tribunale di Treviso in una recente sentenza[1].

La separazione di fatto

La separazione può
essere di due tipi: legale e di fatto. La prima – la separazione
legale
– è quella che viene formalizzata in una sentenza
del tribunale 
o con un accordo firmato davanti ai
rispettivi avvocati (la cosiddetta negoziazione assistita)
oppure tramite un provvedimento del sindaco (quest’ultima procedura è possibile
solo per coppie senza figli e che non abbiano previsto il pagamento del
mantenimento). Alla separazione legale si può arrivare o con un accordo
spontaneo dei due coniugi (in tal caso si parla di separazione
consensuale
) o con una causa vera e propria (in tal caso si
parla di separazione giudiziale).

La coppia però può
decidere di separarsi anche senza necessità di un atto vero e proprio, il che
succede di norma quando i due coniugi vogliono solo “prendersi un po’ di tempo”
e riflettere. In tal caso, di norma, essi vanno a vivere separati. È quella che
si chiama separazione di fatto,
le cui conseguenze sono del tutto simili a quelle della separazione legale
(solo che, in tal caso, saranno gli interessati a dover dimostrare – senza
potersi valere di un documento scritto quale la sentenza – che la comunione tra
i due è cessata). La separazione di fatto dimostra che è in atto una crisi. E
pertanto è consentito sia l’abbandono
del tetto coniugale
, sia l’inizio di altre relazioni
sentimentali, essendo in tal caso il tradimento non la
causa della separazione, ma solo la conseguenza. Entrambi tali comportamenti,
dunque, non potranno comportare addebito per la eventuale successiva
separazione legale chiesta al giudice.

Tuttavia è ben possibile
che si possa avere, sul lato pratico, una separazione
di fatto anche sotto lo stesso tetto,
dove
cioè i coniugi non vanno a vivere separati, ma continuano ad abitare nello
stesso immobile. Ogni relazione tra i due è ormai cessata e, quindi, anche i
vincoli matrimoniali (obbligo di fedeltà, dovere di assistenza) sono stati
irrimediabilmente rotti. Dunque, anche in tale caso, il tradimento
è consentito
.

Infedeltà: sì al tradimento per le coppie
separate in casa

Alla luce di quanto appena
detto, è ben possibile che i due coniugi, che vivono da “separati in casa”,
possano iniziare nuove relazioni sentimentali, senza che l’uno possa contestare
alcunché all’altro.

Ovviamente, il giudice
deve priva valutare con molto rigore e attenzione il comportamento di entrambi
i soggetti, per verificare se vi siano prove effettive che la crisi coniugale
fosse già in atto e che la convivenza fosse meramente formale. Solo in tal
caso, l’infedeltà non può essere causa di addebito. Se,
invece, sebbene le incomprensioni e i reciproci screzi, la coppia risultava
ancora rispettare i vincoli del matrimonio, allora il tradimento è ancora fonte
di responsabilità e chi lo pone in essere non può poi rivendicare il diritto
all’assegno di mantenimento.

LA SENTENZA

Tribunale
di Treviso – Sezione I civile – Sentenza 26 maggio 2016 n. 1406

REPUBBLICA
ITALIANA

IN NOME DEL
POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE
DI TREVISO

SEZIONE
PRIMA CIVILE

riunito in
camera di consiglio nelle persone dei Sigg.ri Magistrati:

Dott.ssa
Daniela RONZANI Presidente

Dott.ssa
Laura CECCON Giudice rel.

Dott.
Alberto BARBAZZA Giudice

ha
pronunziato la seguente

SENTENZA

nella
controversia iscritta al numero 228/13 R.G., avente ad oggetto SEPARAZIONE
GIUDIZIALE, e vertente

tra

RO.AL., rappresentata
e difesa, in virtù di mandato a margine del ricorso introduttivo dall’avv.
Ma.To. ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Treviso – Via (…)

RICORRENTE

e

FA.RA.,
rappresentato e difeso, in virtù di mandato a margine della memoria di
costituzione e risposta, dagli avv.ti Mi.Be. e St.Mu. ed elettivamente
domiciliato presso il loro studio in Treviso – Viale (…)

RESISTENTE
nonché
PUBBLICO MINISTERO in sede
INTERVENTORE EX LEGE
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con ricorso depositato in data 14.01.13 Ro.Al. esponeva:
a) che in data 20.05.1995 aveva contratto matrimonio con Fa.Ra.;

b) che
dall’unione erano nati due figli: Mi. in data (…) e Ca.

il (…);

c) che i
rapporti tra i coniugi si erano deteriorati, per causa imputabile al marito,
che nel 2012, avendo intrapreso una relazione extraconiugale, aveva abbandonato
la casa coniugale per andare a vivere con la nuova compagna, peraltro senza
lasciare alcun recapito, ed aveva cessato di contribuire economicamente ai
bisogni della famiglia.

Chiedeva
pertanto pronunciarsi la separazione, con richiesta di addebito al marito,
l’affidamento condiviso dei figli minori, con residenza prevalente presso di sé
e previsione di visite padre – figli esclusivamente presso la casa coniugale,
l’assegnazione di tale abitazione con i relativi, arredi, l’imposizione a
carico del marito di un contributo al mantenimento dei figli nella misura di
Euro 600,00 mensili, oltre al 50% delle spese straordinarie, nonché del
pagamento della rate residue del mutuo contratto dai coniugi nel 2009.

Si
costituiva Fa.Ra., che aderiva alla richiesta di separazione, contestando
tuttavia la sussistenza dei presupposti per la pronuncia di addebito. Aderiva
altresì alla richiesta di assegnazione della casa coniugale alla moglie,
contestando invece che gli incontri con i figli dovessero avvenire presso tale
abitazione. Rappresentava infine che, dovendo sostenere spese mensili elevate,
per far fronte al rimborso di finanziamenti che erano stati contratti perfar
fronte ai bisogni della famigli e dovendo provvedere anche al mantenimento
della figlia nata dalla sua nuova relazione, il contributo massimo che era in
grado di versare per il mantenimento dei figli era pari ad Euro 100,00 per
ciascuna figlio.

I coniugi
comparivano dinanzi al Presidente che esperiva un infruttuoso tentativo di
conciliazione e, all’esito, poneva a carico del marito il versamento di un
contributo di mantenimento in favore dei figli di Euro 500,00 mensili. La causa
proseguiva quindi dinanzi al GI, senza compimento di alcuna ulteriore attività
processuale da parte del convenuto, avendo i suoi legali rinunciato al mandato
in data 17.09.13 e non avendo egli provveduto a nuova nomina.

La causa,
istruita in via documentale e attraverso l’assunzione di prove orali, veniva
quindi rimessa alla decisione del collegio sulle conclusioni in epigrafe
riportate.

La domanda
di separazione personale formulata dai coniugi merita accoglimento, considerato
che la stessa è stata avanzata concordemente e che la constatata loro
indisponibilità ad una riconciliazione dimostra che la prosecuzione della
convivenza coniugale è ormai diventata impossibile.

Ciò posto,
la domanda di addebito della separazione formulata dalla ricorrente è fondata.

Come esposto
in premessa, Ro.Al. contesta al marito tanto la violazione del dovere
difedeltà, quanto l’essere egli venuto meno agli obblighi di assistenza morale
e materiale nei confronti della famiglia, violazioni alle quali ella ricollega
causalmente la disgregazione dell’unione coniugale.

Quanto al
primo aspetto, va osservato che “in tema di separazione tra coniugi,
l’inosservanza dell’obbligo di fedeltà coniugale rappresenta una violazione
particolarmente grave, la quale, determinando normalmente l’intollerabilità
della prosecuzione della convivenza, costituisce, di regola, circostanza
sufficiente a giustificare l’addebito della separazione al coniuge
responsabile, sempreché non si constati, attraverso un accertamento rigoroso ed
una valutazione complessiva del comportamento di entrambi i coniugi, la
mancanza di nesso causale tra infedeltà e crisi coniugale, tale che ne risulti
la preesistenza di una crisi già irrimediabilmente in atto, in un contesto
caratterizzato da una convivenza meramente formale” (Cass. 16859/15). Nel caso
in esame, la

circostanza
che nell’anno 2012 il marito abbia intrapreso una stabile relazione con
un’altra donna e che abbia per questo lasciato la casa coniugale non è
contestata.

Sostiene
tuttavia Fa.Ra. che il rapporto coniugale fosse già entrato in crisi molti anni
prima, tanto da essere da tempo venuta meno ogni forma di intimità trai
coniugi.

Quanto
dedotto dal resistente è rimasto però del tutto privo di riscontro, non essendo
stata offerta dal convenuto, che ne era invece onerato secondo il richiamo
giurisprudenziale sopra citato, alcuna prova sul punto (come si è evidenziato,
infatti, nessuna ulteriore attività processuale è stata svolta da quest’ultimo
dopo la comparizione in sede presidenziale).

Sussiste
quindi la dedotta violazione dell’obbligo di fedeltà che, per la sua intrinseca
gravità e in mancanza di riscontro della dedotta sussistenza di una pregressa
crisi matrimoniale, giustifica l’accoglimento della domanda di addebito,
rendendo superfluo l’esame dell’ulteriore motivo prospettato dalla ricorrente.
Vi è invece accordo tra le parti sull’assegnazione della casa coniugale alla
moglie, sull’affidamento condiviso della prole, affidamento che, essendo Mi.
divenuto maggiorenne in pendenza di giudizio, riguarda oramai solo la figlia
Ca., e sulla ripartizione al 50% delle spese straordinarie relative ai figli.

Come già
rilevato in sede presidenziale, non si ravvisano ragioni per disporre che gli
incontri con la figlia, oramai quattordicenne, avvengano in forma protetta
presso l’abitazione coniugale e pertanto vengono in questa sede integralmente
confermati i provvedimenti già adottati sul punto in viaprovvisoria.

Parimenti,
ritiene il collegio che debbano essere confermati i provvedimenti in quella
sede assunti quanto alla misura del contributo di mantenimento ordinario dei
figli (è stato prospettato infatti che Mi., pur maggiorenne, non è ancora
economicamente autosufficiente e tale affermazione non ha formato oggetto di
contestazione da parte del convenuto, che si è, di fatto, disinteressato delle
sorti del giudizio).

Come già
rilevato in sede presidenziale, il convenuto, il cui reddito mensile, anche
all’attualità (come risulta dalle più recenti dichiarazioni dei redditi
acquisite ex art. 213 c.p.c.) ammonta a circa 2.000,00 Euro, ha dedotto, ma a
fronte della contestazione avversaria non ha provato, che i debiti gravanti
sulla busta paga in forma di trattenute fossero stati contratti per far fronte
ai bisogni della famiglia. Si rileva peraltro che uno di tali debiti è nel frattempo
venuto a scadenza e pertanto, anche tenendo conto delle spese per affitto e di
mantenimento della figlia nata dalla nuova relazione, considerato il contributo
economico che egli verosimilmente riceve dalla convivenza con la nuova
compagna, risulta congruo confermare la misura del contributo al mantenimento
in Euro 250,00 mensili per ciascuno dei figli, da maggiorarsi della
rivalutazione monetaria secondo gli indici Istat a decorrere dall’anno
successivoall’adozione dei provvedimenti provvisori (e quindi dal giugno 2014).

Del tutto
inammissibile invece, come già rilevato in sede presidenziale, la richiesta
formulata dalla ricorrente di imposizione a carico del marito del pagamento
integrale della rata del mutuo contratto congiuntamente dai coniugi. La condanna
alla rifusione delle spese di lite segue la soccombenza. Liquidazione come da
dispositivo, ai sensi del D.M. 55/2014, atteso che l’attività difensiva si è
esaurita in data successiva alla sua entrata in vigore.

P .Q.M.

definitivamente
pronunciando sulla causa di cui in epigrafe, ogni contraria domanda, eccezione
e deduzione respinta, così provvede:

– dichiara
la separazione personale tra i coniugi Ro.Al. e Fa.Ra., coniugati in san Biagio
di Callalta il 20.05.1995, matrimonio trascritto al Registro degli Atti di
Matrimonio del predetto Comune al n. 17, parte II, Serie A, anno 1995,
ordinando all’Ufficiale dello Stato Civile ove è stato registrato l’atto di
procedere alle prescritte annotazioni;

– addebita
la separazione a Fa.Ra.;

– affida la
figlia minore Ca. in via condivisa ad entrambi i genitori, disponendo che la
stessa abbia collocazione prevalente presso la madre;

– il padre
potrà vedere e tenere con sé la figlia a fine settimana alternati, dal sabato
alleore 14.00 alla domenica alle ore 20.00, nonché il mercoledì dalle 18.00
alle 20.00 nella settimana in cui la terrà con sé nel fine settimana; martedì e
giovedì dalla 18.00 alle 20.00 nella settimana in cui non la terrà con sé nel
fine settimana; per 15 giorni anche non consecutivi durante le vacanze estive,
sette giorni durante le vacanze natalizie, alternando i periodi dal 23 al 30
dicembre e quello dal 31 dicembre al 7 gennaio; per tre giorni durante le
vacanze pasquali, alternando i periodi da venerdì a domenica e da lunedì a
mercoledì;

– assegna la
casa coniugale, con i relativi arredi, alla moglie, affinché vi abiti con i
figli;

– pone a
carico di Fa.Ra. il pagamento in favore della moglie della somma mensile di
Euro 500,00 (250,00 Euro per ciascun figlio), da rivalutarsi annualmente
secondo gli indici Istat con decorrenza dal giugno 2014, a titolo di contributo
al mantenimento dei figli Mi. e Ca.;

– pone a
carico dei coniugi nella misura del 50% le spese straordinarie, mediche non
coperte dal SSN, scolastiche (tasse di iscrizione, rette, libri di testo, gite
scolastiche di istruzione) e sportive (costi per l’iscrizione all’attività
sportiva e relativa attrezzatura), da concordarsi previamente, salvi i casi di
urgenza;

– dichiara
inammissibile la domanda relativa al pagamento delle rate residuedel mutuo
contratto dai coniugi;

– condanna
Fa.Ra. alla rifusione delle spese di lite in favore di Ro.Al., che liquida in
Euro 100,00 per spese ed Euro 4.000,00 per compenso di avvocato, oltre a
rimborso spese generali al 15%, IVA e CPA.

Così deciso
in Treviso il 24 maggio 2016. Depositata in Cancelleria il 26 maggio 2016.

[1]Trib. Taranto, sent. n. 1406/2016.

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