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LA GIUSTIZIA CHE NON VOGLIAMO

“Il codice penale è concepito per i delinquenti, il processo penale è riservato ai galantuomini” (Francesco Carnelutti).

E\’ con questa bellissima frase dell’esimio e indimenticabile giurista che voglio introdurre la riflessione odierna che, ancora una volta e certamente più che in passato, ci fa sentire coinvolti nel pianeta “giustizia”, forse anche a causa del profondo processo di cambiamento in atto.

All\’annunciata Riforma della giustizia appena calendarizzata dalle Aule Parlamentari, imposta dalla maggioranza di governo e osteggiata da tutti gli altri, voglio fare i miei personali auguri, non solo di lunga vita, a quella ci è già fin troppo abituata, ma di una ritrovata e dignitosa efficienza secondo il dettato costituzionale.

E\’ una Costituzione, la nostra, tanto bella quanto disattesa, al punto di apparire, in qualche caso, addirittura utopistica. Mi riferisco, per esempio, all’articolo 111 dove, c’è voluto solo mezzo secolo per realizzare il c.d. giusto processo, iniziando a stabilire che le “dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari devono essere confermate in dibattimento per consentire il libero contraddittorio fra le parti – accusa e difesa – ed assurgere a fonti di prova” (1). Adesso, con la intervenuta riforma, si vuole tentare di mettere sullo stesso piano l’accusa e la difesa davanti ad un giudice terzo e imparziale. Sono principi tanto ovvi quanto, per come sembra, paradossalmente difficili da realizzarsi.

Posto che, ogni tentativo volto ad attuare in concreto un principio costituzionale è il benvenuto, come comune cittadino, osservatore sia pure interessato di un processo di cambiamento appena avviato, di cui appare difficile prevederne gli esiti, posso limitarmi ad esprimere solo degli auspici.

Sono auspici di un comune sentire che traggono spunto unicamente da vicende vissute, di malagiustizia, cioè di episodi anche clamorosi che non vorremo rivivere (2).

In altri termini, posso parlare della “giustizia che non vogliamo”.

Non vogliamo più:

• assistere ad una perenne ed infinita elencazione di disfunzioni, inefficienze, carenze strutturali, organiche etc., con un aumento vertiginoso del contenzioso penale e civile;

• ricevere richiami e spesso sanzioni dalla Corte europea di Strasburgo per la lungaggine dei processi;

• vedere grandi uomini politici che hanno fatto la storia d’Italia, traghettandola dalla miseria al benessere, dalla dittatura alla democrazia, imputati di gravissime ipotesi di reato (concorso esterno in associazione mafiosa) in estenuanti processi basati sul nulla o, ancora peggio, su presunte effusioni che ci hanno ridicolizzato su scala planetaria;

• leggere “La vera storia d’Italia”, in versione grafica, scritta nelle aule di qualche Tribunale, magari dettata dal pentito pluriomicida intervenuto alla bisogna e, per fortuna, smentito dai giudici, anche in considerazione che, la storia d’Italia, la nostra storia, la conosciamo bene, se non altro perché molti di noi l’hanno vissuta direttamente;

• apprendere dell’esistenza di una “Informazione di garanzia”, nei confronti del “Ciccillo Cacace” qualunque davanti al chiosco del giornalaio, addirittura prima dello stesso indagato;

• ricordare, per tristi eventi che ahimé ancora oggi si ripetono, come sicuramente la ricorderanno in tanti di noi, la “lettera testamento” del compianto Sergio Moroni che, prima dell’estremo gesto del sacrificio della propria vita, fra l’altro, ci scrisse testualmente: “”Ma quando la parola è flessibile, non resta che il gesto. Mi auguro che questo possa contribuire a una riflessione più seria e più giusta, a scelte e decisioni di una democrazia matura che deve tutelarsi. Mi auguro soprattutto che possa servire ad evitare che altri nelle mie stesse condizioni abbiano a patire le sofferenze morali che ho vissuto in queste settimane, ad evitare processi sommari (in piazza o in televisione) che trasformano un’informazione di garanzia in una preventiva sentenza di condanna. Con stima Sergio Moroni.”” ;

• utilizzare l’istituto della “carcerazione preventiva” per obiettivi e finalità diverse, sulla di  esigenze cautelari effettive e previste dalla legge.

Il processo penale deve essere riservato ai galantuomini che in quella sede potranno liberamente esporre le proprie ragioni, in condizioni di completa parità con l’accusa, davanti al Signor Giudice che, non sia solo terzo, ma che abbia anche una cultura, una provenienza e una forma mentis diversa dalle parti, scevro da teoremi precostituiti e soggetto solo alla legge.

In altre parole che sia un Giudice.

Buon lavoro Signora Giustizia, le scriverò fra qualche anno, quando, sempre come osservatore interessato, ci conosceremo meglio.

Bari, 05 dicembre 2004

(1) D.L. 7 gennaio 2000, nr.2 convertito con modificazioni, in Legge 25 febbraio 2000, nr.35 “Disposizioni urgenti per l’attuazione dell’articolo 2 della legge costituzionale 23 novembre 1999, nr.2 in materia di giusto processo.

(2) RIFORMA DELLA GIUSTIZIA
“L’autonomia della Legge e l’efficienza della Magistratura”

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