Fisco, maxifrode per 2 miliardi di falsi crediti: nel mirino GdF commercialisti e 39 società
Sfruttando le agevolazioni fiscali del decreto «Crescita Italia» alla fine a “crescere” è stata soltanto la montagna di crediti inesistenti. A far luce su una truffa milionaria è stata la Procura della Repubblica con il comando provinciale della Guardia di Finanza di Napoli procedendo al sequestro preventivo di 347 milioni di euro di finti crediti nei confronti di 39 società. Il Gip del tribunale di Napoli Nord ha messo nel mirino società con sede tra le province di Napoli e Caserta e dato esecuzione anche a numerose perquisizioni nei confronti di alcuni commercialisti tra Casoria e le province di Roma e Milano.
L’attività della Gdf di Frattamaggiore si muove comunque nel solco dei provvedimenti di sequestro disposti sempre dalla Procura partenopea ed eseguiti dal 2022 ad oggi e che complessivamente hanno consentito di interrompere la circolazione di crediti fiscali inesistenti per un ammontare superiore ai 2 miliardi di euro, scongiurando in questo modo un gravissimo danno per l’Erario.
Dalle indagini, condotte dai finanzieri del Gruppo provinciale, è emerso che alcune società, già raggiunte da provvedimenti di sequestro di crediti per investimenti nel Mezzogiorno mai sostenuti, avevano trasmesso numerose dichiarazioni all’agenzia delle Entrate, comunicando la disponibilità di ulteriori crediti derivanti dalla trasformazione di presunte attività da imposte anticipate in crediti fiscali. Il tutto, come accennato, sfruttando illecitamente le agevolazioni introdotte dal Governo col decreto 34 del 2019 e ribattezzato allora «Crescita Italia».
Troppi dati falsi indicati nelle dichiarazioni dei redditi hanno insospettito le Fiamme gialle che partendo dai requisiti previsti dal decreto, hanno ricostruito la falsità delle informazioni indicate nelle dichiarazioni inviate al Fisco. Dati da cui è emerso che le società non hanno mai accumulato, nel tempo, eccedenze di aiuti alla crescita economica o perdite fiscali per importi compatibili con i crediti, milionari, indicati nelle rispettive denunce dei redditi.
Con il decreto «Crescita Italia» era stata data la possibilità alle imprese di trasformare in credito di imposta le perdite fiscali accumulate nel tempo e non ancora portate in deduzione del reddito, ovvero le eccedenze Ace (Aiuto alla crescita economica) anche queste non utilizzate, nella misura del 20% di eventuali crediti deteriorati ceduti a terzi entro la data del 31 dicembre 2020, termine poi prorogato, mediante applicazione dell’aliquota Ires. L’importo che ne deriva, che rappresenta un credito da imposte differite (Dta: deferred tax assets) può essere utilizzato in compensazione delle imposte dovute, ceduto a terzi o richiesto a rimborso all’agenzia delle Entrate.
I finanzieri hanno dunque individuato ben 39 società che risultavano detenere, a vario titolo, crediti da imposte anticipate (Dta) per un ammontare complessivo di 328,5 milioni di euro e crediti per 18,5 milioni di euro maturati per presunti investimenti nel Mezzogiorno mai eseguiti. La Gdf, inoltre, ha proceduto al sequestro di queste somme anche nei confronti dei successivi cessionari che avevano indebitamente ricevuto parte delle risorse illecite.
Dalla ricostruzione dei flussi dei finti crediti sono emerse anche due società veicolo, una società di capitali e un fondo comune di investimento lussemburghese, ma con sede secondaria in Italia, che avevano ricevuto 129 milioni di euro di crediti da parte di alcune società coinvolte nella frode, negoziando parte di queste risorse con ulteriori soggetti per trarne un indebito profitto.
Riconoscere con troppa superficialità dei crediti fittizi, da parte di aziende edili senza know how, organizzazione logistica per mezzi e personale, è pericoloso e può costare caro.