Ieri, nel ricordare l’anniversario della morte del Parroco don Peppino Diana, quando venne ucciso dalla criminalità organizzata nella sacrestia della chiesa di San Nicola di Bari, il Presidente della Repubblica – Sergio Mattarella è intervenuto a Casal di Principe nella giornata dedicata alle vittime di mafia dicendo: “La mafia si può battere, basta indifferenza”.
Ognuno deve fare la sua parte, dobbiamo fare la nostra parte, ognuno ha un ruolo, una parte in questa commedia dell’orrore che tarda a morire.
L’occasione di questo triste ricordo, mi ha fatto tornare alla mente il grido di allarme, una invocazione che raccolsi qualche anno addietro quando, intervenni in una caserma di Polizia a Napoli, per fare una mezza giornata di formazione antiriciclaggio al cospetto di una quarantina di persone, tutti appartenenti alla Direzione Investigativa Antimafia (Dia), Reparto Operativo Speciale dei Carabinieri (Ros), Gruppo investigativo Criminalità Organizzata della Guardia di finanza (Gico) e Criminalpol della Polizia di Stato.
In pratica, stiamo parlando della Istituzione sul territorio per il contrasto alla camorra.
L’incontro era stato pianificato nel quadro di un progetto formativo organizzato dal Ministero degli interni a beneficio delle Forze dell’ordine operanti nel Mezzogiorno ed avente ad oggetto: “Beni confiscati alla criminalità organizzata”.
Appena giunto in aula per cominciare a parlare delle Tecniche di contrasto al riciclaggio di denaro sporco cui ero deputato, un discente, sulla mezza età e con una grande esperienza, mi pose una domanda che io non esagero a definire “la domanda del terzo millennio”.
“Egregio dr. Falcone, come mai, quando arriviamo in banca per sequestrare le risorse finanziarie ai camorristi – al termine di lunghe e defatiganti indagini ed approfondimenti investigativi – troviamo i conti in rosso o addirittura estinti?”
In pratica, mi veniva chiarito che, mentre per i beni immobili – albergo, struttura immobiliare etc. – una volta provato il collegamento con il soggetto indiziato di appartenenza ad una organizzazione camorristica, l’albergo è lì, non scappa. Per i soldi invece, diventa tutto più difficile e, come investigatori, siamo tutti molto amareggiati.
Che consiglio ci può dare?
Sospensione dell’operazione
Dopo aver ricordato l’importanza della “sospensione dell’operazione” che deve essere attivata dall’intermediario (banca), di fronte ad una richiesta di prelievo di denaro contante o estinzione rapporto pervenuta da un soggetto indagato dall’Autorità giudiziaria, ovvero suoi conviventi, per reati di mafia o contro il patrimonio.
In pratica, in situazioni di questo genere, di cui la banca è venuta a conoscenza o secondo la usuale procedura della notifica di “accertamenti bancari” presso la propria Direzione generale, articoli di stampa ovvero in qualunque altro modo, bisogna attivarsi per inoltrare , ad horas, una Segnalazione di operazione sospetta all’Organismo centrale di vigilanza della Banca d’Italia, corrispondente all’Unità d’Informazione Finanziaria.
Perché il conto viene prosciugato od estinto dal soggetto indagato?
Perché, a conoscenza della indagine che lo riguarda, temendo che la magistratura, una volta venuta a conoscenza della giacenza di disponibilità liquide presso una determinata banca, procederà alla confisca di tali risorse.
Per evitare questo, prelevo e faccio scomparire il malloppo!
E’ esattamente quello che bisogna evitare.
Morale della questione!
Quando al termine di una indagine trovo estinto o prosciugato il conto appartenente ad un camorrista, ovvero ad un suo convivente comunque interessato all’attività investigativa, devo verificare la data contabile della operazione di svuotamento del rapporto e quindi la data in cui la Direzione generale della banca sia stata informata dell’avvio dell’azione investigativa.
Se vedo che l’operazione di “svuotamento” è avvenuta un minuto dopo, potrò inquisire anche la banca per favoreggiamento o concorso in riciclaggio.
Ognuno deve assumersi le sue responsabilità perché chi va per mare questi pesci piglia!”