Il Consiglio dell’ordine può decidere di non sospendere subito l’avvocato sottoposto a procedimento penale e di rimandare la misura cautelare (sospensione cautelare) dopo la sentenza di condanna. Non per questo perde il potere di adottare tale provvedimento.
Lo hanno stabilito le Sezioni unite della Cassazione che, con la sentenza n. 24760 del 25 novembre 2009, hanno respinto il ricorso di un avvocato accusato e poi condannato per falsità ideologica in certificati.
In particolare, si legge in sentenza, “la sospensione cautelare – a differenza della sospensione (o pena disciplinare) – trova le sue ragioni nella esigenza di elidere lo strepitus fori normalmente conseguente alla contestazione di un reato a carico di un professionista ed assegna al Consiglio dell’ordine locale il potere di valutare l’opportunità, in un’ottica di bilanciamento tra la tutela dell’immagine di integrità morale della categoria e le ragioni del professionista indagato o imputato”. In altre parole, se il Consiglio dell’ordine “ha ritenuto inopportuno adottare la sospensione cautelare all’atto del rinvio a giudizio del professionista – motiva ancora il Collegio esteso – ed opportuno attendere che sulla imputazione si pronunziasse il giudice penale, non per questo ha consumato il potere di sospensione cautelare avendolo esercitato soltanto – ragionevolmente e a maggiore garanzia del professionista stesso – una volta che su quella imputazione si venne a formare il giudicato di condanna, e ritenendo che, in vista dell’esercizio del suo potere di procedere disciplinarmente e delle indagini che nella propria sede avrebbe dovuto e potuto condurre nella prospettiva temporale della prescrizione, fosse sommamente opportuno evitare lo strupitus fori cagionato dalla permanenza nell’esercizio della sua professione di avvocato a carico del quale fosse stato irrevocabilmente accertato un fatto grave commesso nell’esercizio della professione stessa”.