È connotato dall’aggravante del razzismo – prevista dalle cosiddetta “legge Mancino” che nel 1993 ha introdotto misure urgenti in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa – il comportamento di chi apostrofa un immigrato africano a ritornare nel suo Paese d’origine a mangiare banane, dicendogli anche scimmia. Lo sottolinea la Cassazione con una sentenza emessa il 26 aprile 2011 dalla quinta sezione penale – che ha disposto la riapertura di un procedimento nei confronti di un imputato, prosciolto per remissione di querela, che si era rivolto al cittadino straniero dicendogli «africano, torna in Africa a mangiare banane! Scimmia!». Il giudice di pace di Pordenone aveva archiviato dal momento che l’immigrato aveva ritirato la querela. Ma il Procuratore generale della Corte d’appello di Trieste ha fatto ricorso in Cassazione contro il proscioglimento sostenendo che in quelle parole è presente l’aggravante dell’insulto razziale, pertanto, vista la gravità del reato, si deve procedere d’ufficio anche in mancanza di querela. E la competenza non è del giudice di pace, ma del tribunale in composizione collegiale. La Suprema Corte ha, così, giudicato fondato il ricorso del Procuratore generale e ha annullato il proscioglimento disponendo la trasmissione degli atti al procuratore della Repubblica di Pordenone «per l’ulteriore corso». La frase razzista era stata pronunciata il 28 settembre 2007. Ad avviso dei supremi giudici, la giurisprudenza di legittimità citata nel ricorso del Pg consente «astrattamente» di configurare l’aggravante di cui all’art. 3 d.l.26.4.93 n. 122 – l. 25.5.93 n. 205.