giovedì, Maggio 2, 2024
spot_img

PUBBLICO IMPIEGO: Demansionamento del dirigente di Polizia Municipale e risarcimento del danno

D.L.P.G., dipendente del Comune di (OMISSIS) con la qualifica di Vice
Comandante della Polizia municipale, ha chiesto che venisse accertata
l\’illegittimità del provvedimento di revoca dell\’incarico dirigenziale con il
quale gli erano state assegnate le funzioni di Comandante di Polizia municipale
in ragione della temporanea assenza del titolare, funzioni che aveva svolto
ininterrottamente fino al 19.6.2003, quando l\’Amministrazione aveva ricoperto il
posto in questione tramite contratto di diritto privato a tempo determinato. Ha
chiesto altresì che venisse accertato il suo diritto ad essere reintegrato in
dette funzioni fino al rientro del titolare del posto con conseguente condanna
dell\’Amministrazione al pagamento delle relative differenze retributive, nonchè
al risarcimento di tutti i danni da lui subiti per effetto del demansionamento
al quale era stato costretto nel periodo successivo alla revoca dell\’incarico,
ivi compreso il danno morale e quello biologico, ed inoltre al pagamento delle
differenze retributive spettanti per le ferie maturate e godute ma pagate in
misura inferiore al dovuto.
Il Tribunale di Vasto ha parzialmente accolto la
domanda, condannando il Comune al pagamento in favore del ricorrente della somma
di Euro 61.647,90 a titolo di differenze retributive e di retribuzione per
ferie, con sentenza che è stata riformata dalla Corte d\’appello di L\’Aquila, che
ha rigettato la domanda ritenendo che, non avendo il ricorrente diritto ad
essere inquadrato nella qualifica superiore, non consentendolo il disposto del
D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52 questi non avesse neanche diritto di continuare
a percepire gli emolumenti connessi a tale qualifica, una volta che, revocato
l\’incarico, era cessato anche l\’espletamento delle mansioni superiori. Con la
stessa sentenza la Corte d\’appello ha rilevato l\’esistenza del giudicato interno
sulla statuizione con cui il Tribunale aveva ritenuto (implicitamente) la
legittimità del provvedimento di revoca ed ha poi respinto le domande
risarcitorie osservando che dalle risultanze istruttorie non era stata
confermata la sussistenza di comportamenti vessatori o discriminatori nei
confronti del lavoratore e che, comunque, ai fini della quantificazione
dell\’eventuale pregiudizio economico subito dall\’appellato, non poteva essere
preso in considerazione il trattamento economico da lui percepito
nell\’espletamento dell\’incarico dirigenziale….
 
SENTENZA INTEGRALE
 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Cassazione civile sez. lav., 17 maggio 2012, n. 7723

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE RENZIS Alessandro – Presidente –

Dott. DI CERBO Vincenzo – Consigliere –

Dott. MAISANO Giulio – Consigliere –

Dott. FILABOZZI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente: sentenza sul ricorso 6180/2010 proposto da:

D.L.G.P – ricorrente

contro

COMUNE DI XXXX – controricorrente –

avverso la sentenza n. 701/2009 della CORTE D\’APPELLO di L\’AQUILA,
depositata il 27/11/2009 r.g.n. 289/09;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
14/02/2012 dal Consigliere Dott. ANTONIO FILABOZZI;

udito l\’Avvocato PERSICO GIUSEPPE;

udito l\’Avvocato BESCA SABATINO per delega
ROBERTO CORDISCO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per l\’accoglimento del primo motivo,
rigetto degli altri motivi.

Fatto

D.L.P.G., dipendente del Comune di (OMISSIS) con la qualifica di Vice
Comandante della Polizia municipale, ha chiesto che venisse accertata
l\’illegittimità del provvedimento di revoca dell\’incarico dirigenziale con il
quale gli erano state assegnate le funzioni di Comandante di Polizia municipale
in ragione della temporanea assenza del titolare, funzioni che aveva svolto
ininterrottamente fino al 19.6.2003, quando l\’Amministrazione aveva ricoperto il
posto in questione tramite contratto di diritto privato a tempo determinato. Ha
chiesto altresì che venisse accertato il suo diritto ad essere reintegrato in
dette funzioni fino al rientro del titolare del posto con conseguente condanna
dell\’Amministrazione al pagamento delle relative differenze retributive, nonchè
al risarcimento di tutti i danni da lui subiti per effetto del demansionamento
al quale era stato costretto nel periodo successivo alla revoca dell\’incarico,
ivi compreso il danno morale e quello biologico, ed inoltre al pagamento delle
differenze retributive spettanti per le ferie maturate e godute ma pagate in
misura inferiore al dovuto.

Il Tribunale di Vasto ha parzialmente accolto la domanda, condannando il
Comune al pagamento in favore del ricorrente della somma di Euro 61.647,90 a
titolo di differenze retributive e di retribuzione per ferie, con sentenza che è
stata riformata dalla Corte d\’appello di L\’Aquila, che ha rigettato la domanda
ritenendo che, non avendo il ricorrente diritto ad essere inquadrato nella
qualifica superiore, non consentendolo il disposto del D.Lgs. n. 165 del 2001,
art. 52 questi non avesse neanche diritto di continuare a percepire gli
emolumenti connessi a tale qualifica, una volta che, revocato l\’incarico, era
cessato anche l\’espletamento delle mansioni superiori. Con la stessa sentenza la
Corte d\’appello ha rilevato l\’esistenza del giudicato interno sulla statuizione
con cui il Tribunale aveva ritenuto (implicitamente) la legittimità del
provvedimento di revoca ed ha poi respinto le domande risarcitorie osservando
che dalle risultanze istruttorie non era stata confermata la sussistenza di
comportamenti vessatori o discriminatori nei confronti del lavoratore e che,
comunque, ai fini della quantificazione dell\’eventuale pregiudizio economico
subito dall\’appellato, non poteva essere preso in considerazione il trattamento
economico da lui percepito nell\’espletamento dell\’incarico dirigenziale.

Avverso tale sentenza ricorre per cassazione D.L.G. P. affidandosi a quattro
motivi, ognuno articolato in diverse censure, cui resiste con controricorso il
Comune di Vasto.

Il ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell\’art. 378 c.p.c..

Diritto

1.- Con il primo motivo si deduce la nullità della sentenza impugnata per
omessa pronuncia sulla domanda relativa alle differenze di retribuzione per
ferie, nonchè omessa motivazione e violazione di norme di diritto sullo stesso
punto.

2 – Con il secondo motivo si deduce la nullità della sentenza per
ultrapetizione o extrapetizione relativamente al punto in cui la Corte
territoriale si è pronunciata sull\’esistenza di un diritto all\’inquadramento in
mansioni superiori, che non era mai stato rivendicato dal ricorrente, e si
denuncia violazione degli D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52 e D.Lgs. n. 267 del
2000, art. 109 sostenendo che la p.a. non può avere un potere di revoca ad
nutum, e ciò anche se l\’incarico dirigenziale è attribuito a tempo determinato
(come nella caso all\’esame, in cui l\’incarico era stato attribuito in ragione
della temporanea destinazione del dirigente ad altro incarico). Si denuncia
inoltre violazione degli artt. 324 e 329 c.p.c. in relazione alla statuizione
con cui la Corte di merito ha ritenuto essersi formato il giudicato (implicito)
sulla questione della legittimità del provvedimento di revoca.

3.- Con il terzo motivo si denuncia il vizio di omessa o insufficiente
motivazione sulla questione del danno biologico, morale e professionale,
elencando una serie di comportamenti dell\’Amministrazione dai quali dovrebbe
desumersi l\’esistenza del c.d. “mobbing”, e così la rimozione dall\’incarico
dirigenziale e l\’attribuzione di mansioni inferiori anche a quelle ricoperte
prima dell\’attribuzione di tale incarico, l\’assegnazione di una sede di lavoro
fatiscente e priva di qualsiasi attrezzatura, l\’attribuzione di incarichi privi
di reale consistenza e comunque non confacenti al suo curriculum
professionale.

4.- Con il quarto motivo si denuncia il vizio di insufficiente e
contraddittoria motivazione, nonchè la violazione dell\’art. 2103 c.c., D.Lgs. n.
165 del 2001, artt. 1 e 52 riguardo alla questione del demansionamento ad un
livello addirittura inferiore rispetto a quello ricoperto prima dell\’affidamento
dell\’incarico dirigenziale.

5.- Il primo motivo è fondato. Come risulta chiaramente dalla motivazione
della sentenza impugnata, la Corte territoriale ha effettivamente omesso di
pronunciarsi sulla questione relativa alla differenze di retribuzione per ferie,
questione che era stata oggetto di un capo della domanda autonomamente
apprezzabile e sulla quale, pure, si era pronunciato il primo giudice. Anche il
Comune, del resto, finisce per riconoscere che il giudice d\’appello non si è
pronunciato “esplicitamente” sulla questione, pur ritenendo che lo stesso
giudice abbia implicitamente ritenuto fondate le considerazioni espresse sullo
specifico punto dall\’ente appellante.

Nè la questione poteva ritenersi assorbita dal rigetto della domanda di
condanna alla corresponsione delle differenze retributive richieste per il
periodo successivo alla revoca dell\’incarico dirigenziale, trattandosi
evidentemente di domande fondate su presupposti diversi e relative a distinti
periodi di lavoro (rispettivamente, quello di svolgimento dell\’incarico
dirigenziale e quello successivo alla revoca dello stesso incarico).

6.- Il secondo motivo deve ritenersi inammissibile per violazione del
principio di autosufficienza del ricorso per cassazione. Il ricorrente denuncia,
infatti, l\’esistenza di alcune ipotesi di error in procedendo e di violazione di
legge relative tutte alla delibazione operata dalla Corte d\’appello in ordine
alla questione della legittimità della revoca dell\’incarico dirigenziale. Al
riguardo, è assorbente il rilievo che nel ricorso non è stato riportato il
contenuto integrale del provvedimento con cui a suo tempo venne conferito “fino
a revoca” l\’incarico dirigenziale, nè quello del provvedimento di revoca
dell\’incarico, e neppure è stato adeguatamente specificato il contenuto del
ricorso introduttivo (salvo il richiamo assai limitato di alcuni passi di tale
atto), non potendo così ritenersi consentita a questa Corte l\’esatta
individuazione della situazione di fatto della quale si è chiesta una
determinata valutazione giuridica, diversa da quella compiuta dal giudice a quo
asseritamente erronea, e, in definitiva, la precisa individuazione dell\’oggetto
del devolutum. Dovendo rimarcarsi, quanto alla denuncia dell\’errar in procedendo
(quale indubbiamente è il vizio di ultra o extrapetizione), che, pur essendo in
questa ipotesi il giudice di legittimità anche giudice del fatto, perchè sorga
il potere-dovere di esaminare direttamente gli atti di causa è necessario che la
parte ricorrente indichi gli elementi individuanti e caratterizzanti il “fatto
processuale” di cui richiede il riesame e, quindi, che il corrispondente motivo
sia ammissibile e contenga, per il principio di autosufficienza del ricorso,
tutte le precisazioni e i riferimenti necessari a individuare la dedotta
violazione processuale, dovendo tale potere-dovere essere utilizzato solo per
accertare la fondatezza dei motivi e non per integrare motivi inammissibili
perchè privi di rituale compiutezza (cfr. ex plurimis Cass. n. 16245/2005, Cass.
n. 8575/2005, Cass. n. 1170/2004, Cass. n. 6055/2003).

7.- Alla luce dei principi richiamati sub 6), deve ritenersi inammissibile
anche il terzo motivo. Anche in questo caso, infatti, il ricorrente, pur
denunciando l\’esistenza di vizi di motivazione relativi alla valutazione degli
elementi che sarebbero emersi dalle prove documentali e da quelle testimoniali a
dimostrazione dell\’insorgenza, nel caso concreto, di una serie di condotte
vessatorie e persecutorie poste in essere dall\’ente nei confronti del
lavoratore, ha riportato solo parzialmente il contenuto di tali documenti e
delle deposizioni testimoniali che sarebbero state trascurate o
insufficientemente valutate dal giudice d\’appello e dalle quali dovrebbe
ricavarsi la prova di tali comportamenti, conseguendone anche in questo caso
l\’inidoneità delle censure espresse a radicare un deducibile vizio di
legittimità della valutazione operata dalla Corte d\’appello.

8.- Il quarto motivo è fondato. Con riguardo alla questione relativa
all\’asserito demansionamento ad un livello inferiore rispetto a quello ricoperto
prima dell\’affidamento dell\’incarico dirigenziale, la Corte territoriale ha
motivato la statuizione di rigetto sul rilievo che “anche con riferimento
all\’asserito “duplice demansionamento” rispetto al livello D1 – originariamente
ricoperto dal D.L. prima del conferimento temporaneo nell\’incarico di Comandante
del Nucleo di Polizia Municipale – disposto dal Comune con l\’assegnazione ai
nuovi incarichi mediante i provvedimenti di assegnazione del 21.9.2003 e
26.10.2004, il D.L. quantifica il pregiudizio economico subito prendendo sempre
in considerazione lo stipendio percepito nell\’espletamento del suddetto incarico
dirigenziale, che, invece, era solo temporaneo e successivamente è stato
legittimamente revocato”.

La motivazione sul punto presenta una obiettiva inadeguatezza ed un evidente
vizio logico, perchè, come rilevato dal ricorrente, una errata quantificazione
del pregiudizio asseritamente subito per effetto di una dequalificazione
professionale non ne esclude l\’esistenza, così come non esclude l\’esistenza
della dequalificazione da cui deriva tal pregiudizio, nè può essere addotta come
unico motivo per il rigetto della domanda risarcitoria, ben potendo il giudice,
una volta che abbia ritenuto provata l\’esistenza del pregiudizio correlato a
tale demansionamento e alla dequalificazione del lavoratore, determinarne
l\’entità anche in via equitativa – come, del resto, è stato richiesto anche dal
ricorrente con l\’atto introduttivo – sulla base degli elementi di fatto relativi
alla qualità e quantità della esperienza lavorativa pregressa, al tipo di
professionalità colpita, alla durata del demansionamento, all\’esito finale della
dequalificazione e alle altre circostanze del caso concreto (cfr. Cass. n.
29832/2008, Cass. n. 14729/2006, Cass. n. 26666/2005).

9.- In conclusione, devono essere accolti il primo e il quarto motivo e
rigettati gli altri in quanto inammissibili.

10.- La sentenza impugnata deve essere cassata in relazione ai motivi accolti
con rinvio ad altra Corte di merito, che si designa in quella di Roma, che
procederà ad un nuovo esame delle questioni controverse alla stregua delle
considerazioni sopra svolte sub 5) e 8) e provvederà anche sulle spese del
giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo e il quarto motivo, rigettati gli altri, cassa la
sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte
d\’appello di Roma anche per le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 febbraio 2012.

Depositato in Cancelleria il 17 maggio 2012

Ti potrebbero interessare anche

ULTIMI ARTICOLI

Non sei ancora iscritto?

Prova la nostra demo

CATEGORIE

ATTUALITA'

Russia: Dominare il mondo

Non solo Ucraina, ecco come la Russia trama per sovvertire l’ordine globale

Non solo Ucraina, ecco come la Russia trama per sovvertire l’ordine globale Secondo un documento riservato, la Russia sta elaborando piani per sfruttare la guerra in Ucraina così da creare un ordine globale libero da...
Corruzione: Arresti a Monza

Tangenti su una variante urbanistica a Monza: 9 arresti per corruzione in Brianza, sequestrato...

Tangenti su una variante urbanistica a Monza: 9 arresti per corruzione in Brianza, sequestrato un milione di euro Otto imprenditori e un funzionario comunale sono stati arrestati dalla Guardia di Finanza, coordinata dalla Procura di...