lunedì, Maggio 6, 2024
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CASO “FIORITO”: La politica del malaffare

 

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Come tutti, come sempre. Lo scandalo recente, solo in ordine di tempo e senza offendere i tanti che lo hanno preceduto[1], potrebbe meglio descrivere le modalità di gestione della cosa pubblica da parte della nostra classe politica fatta di soprusi, di falsi e abusi di ogni genere inibito da sempre a qualunque comune cittadino.

A questo proposito, appare emblematica una vecchia dichiarazione fatta da Franco Fiorito, un omaccione di 109 kg, dall’aria bonaria, casareccia, una stazza che non passa inosservato, ex tesoriere del Popolo della Libertà della Regione Lazio, durante una intervista a Radio Radicale che, con una spavalderia senza pari osava ripetere: «M’emporta poco dei regolamenti e della costituzione, a me me piace la politica, qui famo amministrazione».

Nel nostro caso, il Fiorito, nella veste di Capogruppo del Pdl alla Regione Lazio, dispose oltre cento bonifici dal conto del Partito di cui era amministratore per oltre un milione di euro a beneficio altro conto allo stesso intestato (persona fisica), allocato in terra di Spagna.

L’incoerenza della operatività era di tutta evidenza, trattandosi di distrazioni di risorse pubbliche per finalità estranee al Partito di cui lo stesso era rappresentante sul territorio.

Ora, solo ora, l’indignazione sembra generale. Dico sembra, perché alla fine tutto tornerà come prima, o addirittura peggio.

Qualcuno chiede scusa e, pur avendo un ruolo di responsabilità nella vicenda, non si dimette ma rimane attaccata alla poltrona, nel mentre l’azione giudiziaria continua il suo corso, con i suoi tempi si intende.

Dicevamo, la gestione dei soldi pubblici.

A mio avviso la sorpresa non sta nel fatto che un tale Signor Fiorito rubi milioni di euro al partito, ma al contrario sulle ragioni che hanno determinato quell’incarico, quella designazione.

Trattandosi di soggetto già condannato dalla Corte dei conti (anno 2007) per aver utilizzato fondi pubblici nella campagna elettorale dell’anno 2003, quand’era Sindaco di Anagni (FR), avrebbe dovuto essere considerato un soggetto quantomeno a rischio.

Invece niente! E’ come dare un gelato ad un bambino di cinque anni e dirgli di non mangiarlo, ammesso che qualcuno gli abbia detto che rubare è reato e si va in galera.

Il sistema dei controlli – interni ed esterni – la stesura dei bilanci, la verifica delle spese.

Niente, trattandosi di soldi pubblici, di “pantalone”, fanno gola a tanti, forse a tutti e allora, spartiamoci la torta, dicono i nostri amati politici.

Stiamo assistendo alle nefandezze più indigeste, almeno per le modalità con le quali queste ruberie avvengono.
Mi auguro solo di riuscire a non abituarmi mai e trovare la forza e la dignità come italiano di riuscire ad indignarmi sempre, come adesso!

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